Due anni di riflessione, di fermo, di vacatio, di pienezza unicamente religiosa. Ancora per quest’anno le celebrazioni e la festa per il Santo Protettore sarà vissuta attraverso immagini vive nel sentire di tutti noi
Di Olga Chieffi
Il ricordare ci permette di tornare quando ne sentiamo il bisogno a luoghi realmente vissuti, a persone concretamente amate, a eventi o fatti che ci hanno coinvolto; senza per questo rimanere intrappolati nel passato. E’ questa la funzione del ricordo, poterci tornare, per superare momenti critici, di passaggio, che fanno parte della temperie della vita. Non è una dimensione fantastica, né di sogno, ma ha la proprietà di essere distante nel tempo, quindi non ha i contorni di durezza del nostro presente, ma ha una velatura e una sfumatura che solo il ricordo con la sua lontananza temporale può offrirci. In questo secondo anno di celebrazioni di San Matteo senza processione e senza festa, abbiamo chiesto ai nostri lettori di partecipare nella redazione di queste pagine, attraverso lo sguardo del cuore che si vela di nostalgia. La Festa di San Matteo è stata per me sempre una “folle journée”, per rubare il titolo alle nozze mozartiane. In famiglia siamo abituati sempre a far tutto all’ultimissimo momento, ma con un po’ di fortuna, atleticità e soprattutto gioco e divertimento si riesce. Una giornata quella di San Matteo che iniziava inseguendo le varie bande che sfilavano la mattina per le vie del centro, offrendo a volte anche dei brevi matinée, nel mentre si doveva correre da una parte all’altra della città per prendere la frittura di paranza, tonnetti e le immancabili triglie, in omaggio al Santo e alla sua tavola, sfogliatelle santarosa da Pantaleone e preparazione dei balconi per seguire la processione, con ospiti in casa. Da qualche tempo, poi, il maestro Antonio Florio, ha preso l’abitudine di comporre una marcia inedita, rinverdendo la tradizione che era dell’Istituto Umberto I, tenuta segretissima, sino al 21, che viene affidata qualche giorno prima al Gran Concerto Bandistico “Città di Salerno”, quindi alle 16, appena dopo pranzo, si va a dare lo “spolvero” in piazza Amendola, prima di addentrarsi tra le vie del centro storico, suonando, per raggiungere l’amalgama, al seguito della formazione, ultima a sfilare e a giungere dinanzi al duomo, ove esegue un florilegio di marcie, presentando al pubblico prima della processione l’ultima creazione. Di corsa a casa, via Roma, per ricalarsi in quel caos calmo in cui ognuno di noi cerca di intuire una voce, un suono: chi attende la campana, chi un canto, un altro le quattro note del pulicinelluzzo, o il rombo delle motociclette storiche della polizia municipale, chi il rullo di un tamburo o gli squilli della tromba. E a proposito del pulicinelluzzo, ecco l’aneddoto. Al suono del pulcinella io mi precipito da oramai quarant’anni da casa per comprarlo e donarlo a quanti saranno ospiti a casa mia, talismano per la stagione a venire, essendo San Matteo il nostro Capodanno. La zia Laura che mal sopporta la festa in sé “ Olga sei grande oramai, ne hai a bizzeffe e basta con sti pulicinelluzzi, hai riempito casa tua e anche la mia, che ne devi fare! Un secondo dopo, affannata e di corsa:”Olgaaa, vai, corri, scendi subito, scavalca le transenne, il venditore dei pulcinella sta di fronte al portone!”. Passata la processione, con chiacchiere condite da qualche commento piccante e storico sulla processione e, naturalmente, l’ esecuzione della marcia inedita sotto i miei balconi, con tanto di attacco calcolato, via telefono e lancio di petali di rose, si corre dinanzi al Caffè dei Mercanti per il saluto vis a vis alle statue e ai musicisti. Se da piccolissimi si andava poi a Piazza Amendola per ascoltare la grande banda militare, in genere quella della Guardia di Finanza, per scappare alla prima salve di fuoco e raggiungere casa per guardare lo spettacolo pirotecnico, ed inebriarsi dello spostamento d’aria, la potenza dei botti, proveniente dalla chiatta piazzata dinanzi a Palazzo Meglio, ora che non c’è più spettacolo di qualsivoglia genere, ci si ritira per inviare immediatamente immagini e articolo sulla processione. Quindi, in attesa dei fuochi, dinanzi a spumante e cocktail, si continua con aneddoti, detti, emozioni che su quegli stessi balconi di casa, avevano divertito intellettuali del calibro di Don Luigi Guercio, Don “Ciccio” Cantarella”, del figlio Lello, i Presidi Antonio Marzullo e Alfonso Pinto e tanti altri che hanno scritto la storia “buona” della nostra città, fino al terzo colpo oscuro che chiudevano i fuochi e la Festa, facendo definitivamente “scetà da ‘u suonno” i salernitani.
San Matteo in un’immagine di Francesco Truono