Un altro anno in rosso per le nostre aziende agricole. Ancora una volta i ritardi della politica, la burocrazia, e l’aumento vertiginoso dei prezzi della materia prima (semi-gasolio-mangimi-concimi-gas-elettricità) a cui non è conseguito un maggiore ricavo da parte dei produttori siccome il prezzo di vendita all’origine non ha subito aumenti, mentre il prezzo al consumo in alcuni casi si è addirittura SESTUPLICATO a vantaggio della grande distribuzione, mortificando produttori e danneggiando i consumatori. Come sempre a pagare è l’anello più debole: produttori e consumatori. Questa tendenza sarà irreversibile se da subito non si inverte la rotta, colmando i ritardi accumulati.
Gli effetti devastanti per la nostra economia sono palesi: espulsione dal circuito produttivo delle piccole e medie aziende, accorpamento della proprietà fondiaria, indebitamento, usura, facilitando la malavita organizzata nei processi produttivi e nella gestione della forza lavoro, sottosalario, caporalato, sofisticazioni alimentari per abbattere i costi di produzione a danno della salute dei consumatori, solo per citare alcuni dei fattori che mettono la nostra agricoltura “fuori mercato”, relegandola così sempre più a essere schiava delle multinazionali e di una Ricerca ad essa asservita. La nostra provincia, ultimo baluardo “verde”, cuore pulsante dell’intera economia agroalimentare della nostra Regione e con un consistente patrimonio Demaniale e Pubblico, vive un profondo mutamento del proprio tessuto socio-economico, e ciò soprattutto a causa di strategie calate dall’alto, prive di ogni forma di concertazione e programmazione. Occorre ripartire dai territori, ridare centralità alla loro naturale vocazione, valorizzando paesaggi, bellezze naturalistiche e architettoniche legate al mondo rurale e alle produzioni.
Istituire un presidio-osservatorio, capace di guardare all’evoluzione dei nuovi processi in atto nel comparto agricolo per indirizzare e programmare il cambiamento dal basso, attraverso la partecipazione di tutti. Di certo non pensiamo ad un’agricoltura “bucolica”, come illustri pseudo-chef ci propinano attraverso i media tutti i giorni, ignorando la storia, la cultura e la tradizione di quel prodotto. Un’agricoltura di qualità, rispettosa dell’ambiente e della biodiversità, capace di distribuire reddito e sicurezza alimentare a tutti e non solo a chi può permetterselo.
La rabbia, l’amarezza che in questi giorni i coltivatori in tutta Italia manifestano nel sentirsi ancora una volta mortificati, umiliati e traditi da coloro i quali dovrebbero difendere e garantire diritti e regole uguali per tutti, ha il grande merito di aver acceso i riflettori sul futuro dell’agricoltura. Dunque, il tema della rappresentanza assume valore di dissenso verso la politica e le organizzazioni sindacali agricole? Per dare una risposta corretta bisogna comprendere le vere ragioni della protesta italiana. Infatti, come in tutti i movimenti spontanei o autonomi, nascono contraddizioni che, se non risolte, conducono al fallimento.
In molti comunicati vengono rivolti attacchi alla Politica Agricola Comunitaria (PAC), quindi alla politica che l’Europa attua a favore dell’agricoltura, ma che risulta essere sbilanciata verso altri settori. Ma l’Europa non è un contenitore astratto, né privo di rappresentanza Istituzionale. Perciò, non è corretto addebitare responsabilità unicamente a chi ha solo il compito di aggregare la spesa e non la gestione della stessa, che invece è affidata all’autonomia dei singoli Stati. Ciò in Italia avviene attraverso le Regioni con i Piani di Sviluppo Rurale (PSR).
il prezzo della crisi dunque non può essere pagato solo da chi produce e da chi consuma. La nostra Regione è chiamata a sostenere a voce alta e con forza nella conferenza Stato-Regioni la difesa del reddito agricolo. Tutto questo può avvenire attraverso una rimodulazione dei fondi PNRR da destinare alle PMI agricole con finalità ecosostenibili nel rispetto della biodiversità e per aumentare la qualità e la salubrità dei prodotti accompagnando quindi la transizione verso un’agricoltura in grado di affrontare le sfide della crisi climatica e della biodiversità. È inaccettabile che nell’attuale PAC la minoranza di aziende agricole più grandi monopolizzi centinaia di migliaia di euro di aiuti pubblici mentre la maggioranza degli agricoltori non riceve che le briciole. Rimodulare per noi significa costruire processi reali e strumenti efficaci per abbandonare la logica dei pagamenti fissi e diretti, che premia l’abbandono e penalizza chi produce. Infatti, in questa logica, seppure marcatamente in modo differente, sia il Farm Bill (legge che regola negli Stati Uniti le politiche agricole e alimentari) che la PAC di certo non soddisfano le giuste rivendicazioni del mondo agricolo. Ovviamente, il riferimento va agli strumenti adottati, come in passato, di politiche agrarie, difatti nella UE gli aiuti diretti continuano a rappresentare gran parte della spesa, mentre negli USA sia è privilegiata la gestione del rischio, e dei pagamenti rivolti a sostenere le produzioni agricole in caso di crisi. Ebbene, in entrambi i casi, seppure in modo diverso, registriamo in diversi Stati dell’Unione la protesta degli agricoltori, e negli USA di certo l’economia agricola non brilla, considerata la recessione economica di diversi Stati americani e soprattutto le lungaggini delle trattative per il rinegoziato del Bill Farm. Ordunque, occorre dare risposte subito per questo rivendichiamo un prezzo minimo garantito sulle produzioni agricole che tenga conto non della superficie agricola, bensì dei costi e dei ricavi.
Tutto ciò non solo ci proteggerà dalle forme di speculazione finanziaria a cui tutt’oggi l’agricoltura è sottoposta, ma favorirà il potere contrattuale delle aziende agricole rispetto alla vendita sottocosto del proprio prodotto. Pertanto, è urgente e indifferibile dare piena attuazione al Decreto Legislativo 198 del 2021 con cui la direttiva sulle pratiche commerciali sleali è stata attuata in Italia.
È nostra intenzione condividere e confrontare tali riflessioni con chi ha a cuore il futuro della nostra agricoltura, siano essi cittadini, consumatori, rappresentanti di forze politiche, di associazioni, e di chiunque consideri che l’Agricoltura sia “Vita” e che pertanto va difesa, senza se e senza ma.