Antonio Senatore in un “Acquazzone” di lacrime e musica - Le Cronache
Cronaca

Antonio Senatore in un “Acquazzone” di lacrime e musica

Antonio Senatore in un “Acquazzone” di lacrime e musica

Di Olga Chieffi
Partecipare ad un’assemblea per ricordare un ragazzo che stava facendo di tutto per affacciarsi e conquistare la sua vita è azione non facile. L’abbiamo toccato con mano mercoledì sera, nel duomo di San Giovanni, in Vietri, dove si è celebrato il trigesimo del percussionista del Liceo Alfano I, scomparso nella notte del 24 settembre in un incidente sul suo motorino, sul quale si lanciava sicuro, a caccia della vita. Un muro di dolore, di lacrime e, per fortuna, di suoni, ci ha accolto in chiesa: un climax pathico, un Erlebnis, vissuto, non semantico, ha caratterizzato la straordinaria circostanza, un esercizio filosofico, il nostro, un esercizio di morte, in cui le emozioni occasionali si sono umanizzate, appartenendo per sempre, così, alla nostra esistenza, quel sempre da capo cadere della coscienza fuori del proprio attuale con-sistere, e in tal cadere il riconoscere il modo umano di esistere. La lettura, commentata da Don Mario Masullo, ha ricordato quel “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” del nostro evangelista Matteo, l’invito il suo a farsi trovare “vivi”, pronti, a vivere l’istante, come l’ha vissuto Antonio, sin da subito con la musica, vivendo la passione, e ora con la morte, riconquistando la vita vera, il linguaggio di nascita. La prima grande virtù dell’uomo è la verità (secondo alcuni filologi deriva dalla radice iranica ver che significa fiducia realtà). Se noi riusciamo ad agire in modo da suscitare la fiducia degli altri, e al tempo stesso ad avere fiducia negli altri, seguendo l’esempio di Antonio, forse potremo risollevarci dalla nostra condizione, che sta cedendo inesorabilmente al Nulla. La passione non è la cecità di lasciarsi prendere da un’urgenza, ma pathire, cioè vivere profondamente e dare spessore alla storia, ponendo un freno al frenetico correre, fermandosi a riflettere su noi stessi, poichè l’uomo è libero e vive in quanto trascende con il proprio pensiero la stessa vita immediatamente vissuta, quando pensa la Vita.
Quale esercizio di apertura, collaborazione, ascolto, rispetto e fiducia, è, allora, più impegnativo e corroborante di suonare in orchestra? Esempio ne hanno dato i docenti dell’Alfano I, suonando durante la messa, dall’Ave Maria, all’Alleluja dall’ Exultate jubilate di Mozart, pagine di Marco Frisina e su tutti Deborah’s Theme da “C’era una volta in America”, affidato all’oboe di Antonio Rufo, del quale ha indovinato il suono, voce unica per quelle poche note evocative e consapevoli, intrise di emozione e di colori e volumi che hanno guardato al nostro glorioso passato del magistero dei legni. Scrive la signora Francesca, parole strazianti, che invitano a guardare avanti, ad asciugare il pianto e ritornare “vivi”, “con il taglio ridente della bocca, pieni gli occhi piena la mano nel suo pugno” (Alfonso Gatto). La signora Francesca per il “ricordo” benedetto, da consegnare ai presenti, ha pensato ad una “riggiola” con l’immagine del suo Antonio alle congas, da offrire ai più giovani, in modo da cementare per sempre l’amicizia, unitamente ad un libretto fotografico, con aforismi, il segno che in soli diciotto anni ha lasciato in tutti noi. Si è cercato poi di re-inventare la gioia e quando ogni arte è fatta senza secondi fini, ci si riesce sempre. E’ riuscita in questa impresa, la Wind Orchestra dell’Alfano I “allargata” con elementi del Liceo Galdi di Cava de’ Tirreni e del Conservatorio di Salerno, diretta da Giovanni D’Auria, con all’interno i sassofoni esperti di Luigi Cioffi e Nicola de Giacomo, i clarinetti di Francesco Abate e Jessica Viviani e del percussionista Giuseppe Lambiase. Il programma, naturalmente centrato su brani con percussioni protagoniste e titoli cari ad Antonio Senatore, a cominciare dalla non facile marcia “Cuore Abruzzese”, cartina di tornasole per ogni banda che si rispetti e che di cui si debba giudicar lo amalgama tra clarinetti e ottoni. Quindi Celebration Fanfare con trombe e percussioni in grande spolvero e ancora l’intermezzo dalla Cavalleria Rusticana suonato con cura dei dettagli, senza alcun timore dei grande slancio melodico. E ancora l’intervento di Carmela Torre, soprano dal timbro piacevole, per l’elevazione del Panis Angelicus di Cesar Franck e dell’Ave Verum di Mozart, fino al finale con i pezzi originali per banda quali Condacum, del belga Jan Van der Roost e “Virginia” del compositore olandese Jacob de Haan. A seguire, Gabriel’s Oboe la cui melodia ha il compito di attuare l’inversione del tempo in Mission, affidato a Giusepe Feraru, che si è posto sulle tracce del suo Maestro Antonio Rufo, per eseguire questo “abusato” brano di Morricone a sottolineare l’universalità degli affetti, che è stato anche il bis della formazione. Pezzo festoso i proiettili volanti della celebrata polka schnell Freikugeln op.326 di Johann Strauss jr. esplosi dalla frusta che avrebbe fatto vibrare Antonio.
Standing ovation e il tentativo della dirigente del Liceo musicale Elisabetta Barone, tra le lacrime, di tradurre in parola l’ineffabile già comunicato dalla musica e i ringraziamenti per tutti del timpanista Simone Parisi, ex allievo del liceo, oggi studente del Martucci e Accademico di Santa Cecilia, anima organizzativa del concerto insieme a tutti i docenti presenti. W Antonio, Antonio Vive e noi con lui, inondati da un “Acquazzone” di emozioni.