In una sera di fine estate (il 25 agosto), dopo il consueto temporale pomeridiano e mentre si apriva il sereno sul Monte Bulgheria, ci siamo avviati dalla nostra sede estiva di Capitello di Ispani verso il parco Archeologico di Elea-Velia, pieni di interesse: nell’ambito della rassegna Velia Teatro, Gianluigi Tosto portava sulla scena l’Iliade. Durante il viaggio mi sono ripetutamente posta la domanda: “ quale traduzione dell’ Iliade avrà scelto il Nostro per la sua rappresentazione? ” La questione delle traduzioni da Omero mi interessa da tempo: come per generazioni di studenti italiani il mio incontro con Omero è avvenuto alle scuole medie, sulla traduzione di Vincenzo Monti (1825!). Paroloni altisonanti e una sintassi complicata sovrapposti a una trama di cui non sapevo scorgere il filo conduttore, tanto bastò allora a togliermi ogni affetto e interesse per i poemi omerici. Li ho riscoperti solo molto più tardi, quando al corso di Letteratura Latina all’Università di Salerno il Prof. Luciano Nicastri ci suggerì di utilizzare invece le traduzioni in versi liberi di Rosa Calzecchi Onesti, degli anni 50 del Novecento: uno stile piano e lineare, un lessico moderno, avevo finalmente trovato la mia via di accesso alla poesia di Omero! Dunque mi avviavo a Velia con la convinzione che la traduzione del Monti è ormai impresentabile, ostacolo più che mezzo per la conoscenza di Omero. “Allor l’Atride Agamennon levossi corruccioso…” esordisce Tosto, da solo sul palco, alla maniera degli aedi. Attacca la narrazione in medias res e rimanda di qualche battuta il celebre proemio: ”Cantami , o Diva, del Pelide Achille l’ira funesta…”. “ Ha scelto il Monti! ”, ho riflettuto incredula, e ho iniziato mentalmente a contare quante parole del lessico di un italiano medio ci fossero in un verso, senza trovarne… frattanto però… la narrazione mi ha rapita, e Gianluigi Tosto mi ha costretta a rivedere le mie idee. Un linguaggio aulico, diverso da quello quotidiano, ha uno straordinario potere di fascinazione e aiuta il pubblico a proiettarsi in una dimensione “altra”, quella del Mito. Ma soprattutto Tosto fa un grande lavoro attoriale, e con alle spalle esperienze di danza moderna sa dare fisicità alle parole e alle immagini raccontate. I versi si fanno carne e tendini nel suo corpo e nella sua voce. la musicalità legata alla metrica è sostenuta dalla sua ricerca sonora: il suono di guerra del djembè, il tamburo africano, accompagna la lite fra Achille e Agamennone, le mazze di ferro ritmano le cruente battaglie fra eroi, i campanellini indiani manifestano le apparizioni della dea marina Teti, madre di Achille. Persino il Catalogo delle Navi del II libro, da arido elenco di condottieri e popoli quale ogni studente lo considera, riacquista grazie all’energia e allo sforzo fisico di Tosto la sua formidabile valenza di esibizione di forza dei due eserciti schierati nella piana di Troia. Ottima la riduzione drammaturgica: laddove filmoni americani si sono stancamente trascinati per ore, Tosto ha il dono della sintesi, senza nemmeno tralasciare due esempi di “similitudine”, elemento così caratteristico della narrazione dell’Iliade, finestre descrittive sulla natura, sulle attività umane, che vivificano le scene di battaglia. Dobbiamo dunque concludere che la parola “parlata” può essere assai più potente della parola “scritta”, se affidata a un buon attore, a un cantastorie, a un aedo.
Gianluigi Tosto porta il suo progetto “ Il Canto e la Memoria”, la narrazione a memoria di Iliade, Odissea ed Eneide col solo ausilio della voce e di alcuni semplici strumenti dal suono arcaico ed evocativo, anche nelle scuole. Purtroppo finora prevalentemente del Centro-Nord.
Martedì sera, alle ore 19, potremo ri-incontrare Gianluigi Tosto presso il teatro d’Ateneo del campus di Fisciano. Il professore Angelo Meriani, docente di Lingua e Letteratura Greca all’Università di Salerno e responsabile della Camerata Strumentale dello stesso ateneo, introdurrà questo moderno aedo, che sembra suggerire a tutti che l’approccio ai grandi poemi classici sia il più possibile vivo, perché non ne sfugga l’altissimo contenuto poetico, emotivo ed umano.
Palmyra Amato