di Orlando Santoro
Ai piedi del Bonadies, un antico convento, i benedettini l’abitarono in un primo momento. Donazioni e concessioni, un balneum ed una fabbrica, diedero vita alla comunità monastica. Alfano I lo consacrò, con chierici e presbiteri l’abate Leone l’avviò. Arrivarono i francescani, un’infermeria fu fondata, monaci infermi trovarono un’accogliente casa. Soppresso dal monarca, la mendicità e l’orfanatrofio, una realtà nuova per il divin luogo. Resta una storia, che ancora parla, dall’alto ci guarda, il San Nicola della Palma. Nella parte alta della città di Salerno, alle pendici del colle Bonadies, troviamo uno dei più antichi siti conventuali: il convento di San Nicola della Palma. La costruzione di questo monastero, fu voluta dall’abate Leone, dell’abbazia della SS. Trinità di Cava de Tirreni, e da un certo Vivo, figlio del fu Pietro, un piccolo notabile del territorio di Mitilianum (attuale Cava dei Tirreni) che nel XI secolo, era riuscito ad avere la carica di gastaldo, ovvero ufficiale longobardo, poco inferiore al conte. Nel 1061, il principe di Salerno, Gisulfo II, concesse all’ente monastico, una piccola fabbrica o bottega, in muratura, presso la porta detta “de la Palma”, insieme ad un altro terreno, sul quale si stava costruendo un “balneum”, presso una delle fonti che costellavano la zona del Plaium Montis, ovvero la sorgente conosciuta come “aqua que dicitur de Palma”, da cui derivò il nome della porta cittadina, e dello stesso monastero di San Nicola. Nel 1071, il cenobio, ricevette ampi diritti dall’arcivescovo di Salerno Alfano I, in cambio del pagamento di cinque libbre d’argento, che sarebbero state impiegate per il restauro degli edifici dell’ archiepiscopio. Con la consacrazione di Alfano I, l’esenzione dalla giurisdizione episcopale, e l’assoluta dipendenza con l’abate di Cava, Leone II, nel convento venne istituito l’ordine benedettino, dove i chierici ed i presbiteri, oltre a celebrare le rituali funzioni liturgiche, avevano anche la facoltà di benedire il cero, nel sabato santo, di visitare gli infermi, di officiare la liturgia per i defunti, e prestare la cura delle anime delle popolazioni circostanti. Il monastero venne beneficiato di varie concessioni e donazioni, che resero possibile il mantenimento della vita monastica. Nel 1070, in un istrumento, viene citato un certo Giovannaccio Argussa, e la moglie Aloara, che donarono al cenobio, il piano superiore di una casa, e metà del pian terreno, con annesso forno. In quel periodo, un monaco di nome Giovanni, si occupò di tutti i contratti e patti agrari che riguardavano il convento, tanto che, divenne il curatore di tutti i beni, sia della SS. Trinità, che del San Nicola della Palma. Inoltre, vi furono altri documenti, che attestano le proprietà del monastero, al di fuori della civitas salernitana, in posizione esterna alle mura cittadine, fra questi abbiamo un atto del 1074, fra Falcone Vallese detto Voccella, ed il monaco Giovanni,con la donazione di tre terre, contenenti viti, castagneti ed un pozzo, ubicati in località Fiumicello(extra moenia, vicino il colle Bonadies). Nel giugno del 1079, venne stipulata una permuta, tra Pietro, figlio del fu Orso Atranese, ed il monastero di S. Nicola, dove l’oggetto del contratto erano due terre con vigne, ed alberi da frutto, situate in località Pastorano, cedute dallo stesso Pietro, in cambio di un singolo terreno, di valore inferiore, localizzato sempre in Pastorano. Nell’agosto del 1080, il monastero acquistò, per cento solidi d’oro, una terra non seminata presso il fiume Tusciano e la via Campanina, dai fratelli Giovanni e Romoaldo, figli del fu Pietro vicecomite. Le diverse aree di interesse patrimoniale del cenobio, erano dislocate in vari punti della città, che andavano anche oltre le mura: il territorio extra-murario, immediatamente prossimo al complesso monastico, la zona della valle metelliana, “ubi Transboneia vocatur”, ovvero l’attuale Dragonea, Pastorano e Prepezzano, il territorio che abbraccia la zona dei Picentini ed il Tusciano, e la località detta Montana, l’odierna San Mango Piemonte. Del periodo svevo ed angioino, si hanno poche notizie del monastero, sicuramente continuò la sua vita religiosa, ed ingrandì i suoi possedimenti, fino a quando, nel XV secolo, terminò la fase benedettina, ed il convento divenne di pertinenza dell’ordine francescano, detto anche dell’Osservanza, movimento religioso che era iniziato nel 1368 dal Beato Paoluccio Vagnozzi e prorogato da San Bernardino da Siena, che si diffuse ben presto anche in Campania. I frati francescani, edificarono una grande infermeria, che accogliesse i religiosi infermi, di tutta la provincia. Questa struttura, fu beneficiata e costruita grazie al concorso dei vari movimenti religiosi di tutta la provincia, soprattutto dal convento di S. Francesco di Cospiti di Agerola. Per molto tempo, fu gestita da frati laici, e nel 1670, su decisione del Capitolo Generale, venne staccata dal convento, e fu nominato un padre guardiano, Giuseppe d’Atina, che aveva il compito di amministrare l’intera struttura. L’infermeria, aveva accesso tramite i dormitori del convento, era composta di dodici celle, ognuna con due posti letto, che formavano il dormitorio degli ammalati, ed altre otto celle per i frati sani che presiedevano al governo dell’ente. L’istituzione aveva una spezieria, in modo da poter sempre avere a disposizione i medicamenti necessari per gli ammalati. Nel XVIII secolo, il convento e l’infermeria, continuarono la loro attività religiosa,spirituale e di accoglienza, per il popolo salernitano e per tutta la provincia, ma il 29 giugno del 1811, la comunità venne soppressa. In realtà, già il 30 maggio del 1811, Nicola Conforti, consigliere provinciale, incaricato dall’Intendente della provincia del Principato di Citra, aveva comunicato ai frati osservanti, l’ordinanza di soppressione. Inoltre venne redatto un inventario, dove veniva elencato tutto ciò che era presente nel monastero. Dall’inventario redatto in seguito, si desume che il coro era composto da trentacinque sedili. Vi è, poi, riportata un’interessante descrizione delle strutture conventuali: la chiesa annessa al convento contava otto cappelle di cui quattro con altare di marmo, oltre ovviamente all’altare maggiore. Vi erano nove sepolture, di cui tre pertinenti alle congregazioni di S. Lazzaro, S. Bernardino e delle Anime del Purgatorio, due alle famiglie de Rosa e Marotta e le restanti al convento. Dal portico attiguo alla chiesa si accedeva al cortile dove si affacciavano la cucina, il refettorio, la dispensa e la cantina. Al secondo piano si aprivano tredici stanze, mentre al terzo piano ve ne erano altre ventuno, in parte abitabili, altre adibite ad uffici. Su un ulteriore piano si trovavano altre sei stanze. All’interno del convento vi erano alcuni piani irregolari con altre trentadue piccole stanze pressoché inabitabili a causa dell’oscurità. Dalla porta orientale si giungeva all’infermeria, che era collegata al convento tramite alcuni corridoi comunicanti e contava ventisei stanze su due piani. E’ da segnalare inoltre, la particolare devozione per S. Lazzaro, da parte dei cittadini salernitani, che raggiungevano la cappella a lui dedicata nella chiesa conventuale. Un ricco patrimonio librario costituito da 400 titoli circa, alcuni risalenti ai primi anni del XVI secolo, tra i quali si annoverano non solo opere di filosofia, teologia e spiritualità ma anche di matematica, poesia, grammatica e alcuni classici, come l’Etica di Aristotele, pubblicata a Venezia nel 1665; i Punica di Silio Italico, editi ad Amsterdam nel 1721; la Bibliotheca historica di Diodoro Siculo (mancante del frontespizio); le Vite dei filosofi di Diogene Laerzio edite a Vienna nel 1606; laGeografia di Tolomeo pubblicata a Venezia nel 1549; la Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino edite a Roma nel 1626; le Opere drammatiche di Metastasio pubblicate a Venezia nel 1747; il Della lingua toscana di Benedetto Buonmattei edite a Verona nel 1744; la Pubblica felicità di Ludovico Antonio Muratori pubblicata a Lucca nel 1747 e l’opera matematica di Athanasius Kircher edita ad Avignone nel 1635. L’allora, arcivescovo di Salerno, Fortunato Pinto, si adoperò per salvare il convento, ma le sue suppliche non ebbero alcun effetto, infatti il 4 dicembre del 1813, l’Intendente della provincia, comunicò al sottointendente di Salerno, che il cenobio era definitivamente soppresso, e destinato a deposito di mendicità. Il San Nicola fu aperto solo alla pubblica devozione, i frati lasciarono la struttura per trasferirsi in altri conventi. Gli unici religiosi che vi rimasero, padre Giuseppantonio di Polla, in qualità di custode, e padre Bernardino da Cava, in quanto organista pensionato. Il 19 gennaio del 1825, morì Ferdinando di Borbone, e nella chiesa di San Nicola furono celebrati i funerali del monarca In verità, il monastero non venne subito abbandonato dai frati osservanti,infatti alcuni vi rimasero fino al 1861, anno in cui la struttura venne definitivamente adibita a Mendicità utriusque sexus. Cessata la dominazione borbonica, con la nascita del Regno d’Italia, divenne sede dell’orfanatrofio maschile, che prese successivamente il nome di Umberto I, in onore del nuovo principe Umberto di Savoia, divenuto re d’Italia. Nel 1954, a causa dell’alluvione, l’edificio subì diversi danni e nel 1981 venne affidato al comune di Salerno. Negli anni che seguirono, fu approvato un programma di ristrutturazione e dal 2012 è sede della Fondazione Ebris. EBRIS (European Biomedical Research Institute Of Salerno) accoglie il retaggio della manifestazione culturale e scientifica più rilevante dell’intero Medioevo, la Scuola Medica Salernitana, la più antica e celebre istituzione medica del mondo occidentale per l’insegnamento della medicina. La Fondazione nasce nel 2012 da un’iniziativa comune della Fondazione Scuola Medica Salernitana e del Massachussets General Hospital della Harvard University. Fra i vari progetti dell’Ebris ricordiamo, la ricerca di cure per la celiachia e per i disturbi alimentari, infatti nel 2015 prendono il via le attività di laboratorio, con sei ricercatori impegnati in due distinti progetti: il primo, finanziato dal National Institutes of Health, riguardo ai fattori di rischio ambientale per la celiachia, mentre il secondo è un’applicazione europea nell’ambito di Horizon 2020 sull’autismo. Inoltre, è stato intrapreso un percorso volto a mettere in relazione l’impegno scientifico con l’attenzione verso la sperimentazione estetica contemporanea. Dall’incontro tra scienza e arte è nata la rassegna Researching-art che dal 2016 porta all’interno della sede mostre di arte contemporanea, mostre di importanti artisti e ceramisti del territorio, convegni e presentazioni di libri, in collaborazione con la locale Soprintendenza e con le maggiori realtà culturali della città. La storia di questo monastero, è ricca di avvenimenti, sacri, spirituali, di possedimenti e ricchezze, che nel corso dei secoli l’hanno elevato, ad una delle più importanti istituzioni ecclesiali della Provincia di Salerno. La presenza della spezieria per i medicamenti, il balneum termale, l’infermeria, sono tracce di un passato che non va dimenticato, una fonte di ricchezza per la nostra città, che ha avuto uno dei siti conventuali più importanti del periodo medievale. Visitiamo Salerno, ed affasciniamoci, della sua eterna bellezza.