di Clemente Ultimo
Ore 3,30 del 9 settembre 1943: i rangers statunitensi prendono terra a Maiori e, senza incontrare resistenza, occupano tutti gli obiettivi loro assegnati, dal faro di Capo d’Orso al valico di Chiunzi.
A seguire altri 55mila uomini sbarcano nel golfo di Salerno: da Maiori a Paestum il VI Corpo statunitense e il X Corpo britannico muovono alla conquista del capoluogo e dei centri nevralgici della provincia.
È l’operazione “Avalanche”, lo sbarco che dovrebbe rapidamente respingere i tedeschi verso nord, tanto da consentire agli alleati di raggiungere Napoli entro cinque giorni.
Le cose, tuttavia, andranno diversamente: i primi reparti
alleati entreranno a Napoli solo il 1° ottobre.
Lo sbarco alleato a Salerno del settembre 1943 è uno degli snodi militari più importanti del secondo conflitto mondiale, tuttavia la proclamazione dell’armistizio meno di 24 ore prima – con tutte le devastanti conseguenze che ne derivarono ed i cui effetti perdurano tuttora, secondo la celebre tesi della “morte della Patria” sostenuta in un celebre testo da Ernesto Galli Della Loggia – ha finito per relegare questo avvenimento in una sorta di limbo, territorio di esplorazione” per addetti ai lavori ed appassionati.
Paradossalmente la memoria dello sbarco nel golfo di Salerno è più viva nel mondo anglosassone – non è un caso se una delle più grandi basi statunitensi in Afghanistan si chiamasse “Camp Salerno” – che nella
città che ne fu testimone e vittima. Un oblio dolce da cui nel corso degli anni quasi nessuno, ad iniziare
dalle istituzioni cittadine, ha tentato di trarre la memoria dell’Operazione “Avalanche”, anche nella prospettiva di una sua valorizzazione turistico-culturale, sulla scia di quanto fatto in molte altre realtà italiane.
Tra le poche eccezioni alla generale dimenticanza di cui sopra c’è da annoverare un agile ed interessante lavoro, la “Guida ai luoghi dell’Operazione Avalanche” realizzata da Pasquale Capozzolo per i tipi delle Edizioni Magna Graecia.
Il volumetto – arricchito da un ricco corredo fotografico, con scatti d’epoca anche poco noti – intende offrire al lettore la possibilità di scoprire e toccare con mano le testimonianze materiali dello sbarco che ancora oggi sopravvivono al trascorrere del tempo (e spesso all’incuria dell’uomo). In un centinaio di pagine sono individuati, sinteticamente ma con precisione, i luoghi che è possibile raggiungere per osservare da vicino le fortificazioni predisposte nel tentativo di arginare lo sbarco anglo-americano, i principali obiettivi delle forze alleate, i monumenti commemorativi che punteggiano – spesso ignorati dai
più – il territorio della provincia di Salerno.
Grazie al lavoro di Pasquale Capozzolo, appassionato “cacciatore” di testimonianze degli eventi del settembre ’43 e presidente dell’associazione storico-culturale “Avalanche 1943”, sarà possibile quindi osservare alcuni dei bunker superstiti della difesa costiera (particolarmente interessanti quelli che punteggiano il colle del Masso della Signora che domina il capoluogo), le opere di blocco stradale realiazzate a Molina di Vietri lungo la statale o una delle postazioni della difesa costiera realizzata sulla spiaggia di Paestum.
Spazio, naturalmente, anche ad alcuni dei luoghi simbolo della sanguinosa battaglia per Salerno, su tutti il “sentiero degli Hampshire”: una stradina di campagna delimitata da alte mura che i fanti britannici iniziarono a risalire nel loro movimento verso l’interno, fino al fatale incontro con il 64° Reggimento Panzergranadier.
I carri tedeschi provocarono un vero e proprio massacro nella fila della fanteria britannica.
Seguendo le indicazioni della guida realizzata da Pasquale Capozzolo è possibile, quindi, ripercorre passo
passo – in senso materiale e non metaforico – lo svolgimento della battaglia per Salerno attraversando i luoghi in cui si svolse.
Un contributo importante non solo sotto il profilo del recupero e dell’elaborazione della memoria dei drammatici avvenimenti del settembre 1943 e del più ampio contesto in cui si collocano, ma anche quale tassello nella difficile costruzione di un percorso virtuoso che porti alla valorizzazione in chiave turistica dell’Operazione “Avalanche” e delle vicende ad essa legata.
Sulla scia di quanto fatto in tante altre realtà italiane ed europee, dove la conservazione della memoria storica è stata sapientemente utilizzata anche come volano di sviluppo territoriale. Un obiettivo che, purtroppo, a Salerno si è ancora ben lontani dal raggiungere.