di Michelangelo Russo
Quando l’allora Sindaco di Salerno dottor De Luca annunciò il progetto del Crescent, dimostrò l’entusiasmo personale per l’opera millenaria dichiarando che avrebbe voluto che un giorno lontano le sue ceneri riposassero per l’eternità in un angolino della piazza, a suo dire, più grande d’Europa. E fu così che, novello Cheope, l’attuale Governatore designò l’opera sua più celebre a sepolcro sacrale futuro che ricordasse nei secoli il suo nome. I suoi imitatori non mi sembrano da meno. Il Presidente della Provincia Alfieri ha già indicato agli storiografi la sua Piramide: la bretella Eboli – Agropoli sarà una delle sette meraviglie, come il Colosso di Rodi o il faro di Alessandria di Egitto, che tramanderà la sua gloria nell’eternità. Deve solo precisare il posto dove vorrebbe l’urna cineraria: all’ingresso di Eboli o al capolinea di Agropoli? Così va la politica di questi tempi: non la razionalità di impiego delle risorse economiche. Non l’elenco di una serie di priorità che tengano conto dello sfascio ambientale di un territorio saccheggiato e lasciato all’incuria. Non le vere attenzioni alle potenzialità di un paesaggio culturale e ambientale che sta avendo una rivalutazione turistica che non ci meritiamo; non ci meritiamo per l’aspetto monnezzaro e congolese che hanno le nostre città e cittadine in cui palazzi e palazzotti scrostati e brutti inzaccherano l’immagine urbana (che in Paesi più civili viene curata a perfezione, come in Francia e Germania). Non l’attenzione al livello delle necessità e opportunità lavorative dei giovani, lasciati a un futuro di pizzaioli e baristi sottopagati, quando la valorizzazione del patrimonio artistico potrebbe veicolare occasioni di cooperative di acculturazione. Non il rispetto per i Musei che stanno abbandonati (la Provincia ne conta, da sola, una quarantina!). Ma la voglia di gloria personale affidata alle pietre e all’asfalto. Perché nella pietra e nell’asfalto sta l’inizio e la fine della fantasia politica di chi detiene il Potere in questa terra salernitana. E c’è una ragione: nella filiera del cemento e dell’asfalto risiede il sottostrato del consenso su cui ruota un intero apparato elettorale. Cemento e asfalto reclamano le risorse pubbliche per alimentarsi. E’ molto più facile, per la Politica, stanziare cento milioni di euro per un buco nella montagna che affrontare l’opera certosina di restauro e manutenzione del tessuto urbano. Quanto poi al tessuto culturale dei musei e del circuito dell’educazione, chi se ne frega! Tanto, il popolo meridionale è sempre quello dei mandolini e della pizza. Così ragionano i nostri politici che stanno al comando. E così ragionavano (ma non sempre) anche quelli di prima. Ma così facendo, l’economia criminale è andata avanti, e nella filiera del cemento (e delle complicità amministrative) ha trovato il suo sbocco prevedibile. E così la Camorra ha trovato la sua legittimazione da anni. In arretrato stanno quelle Procure della Repubblica che ancora pensano che la mafia si combatta con le sezioni della Direzione Distrettuale Antimafia: che pensano ancora che i banditi stiano col volto coperto e la pistola in mano, come Jesse James, a fare estorsioni e spaccio di droga. Fino a quando non si toccherà il livello della congiunzione tra Politica e imprese criminali, non si cambierà il futuro delle nostre terre. L’unica possibilità di cambiamento è l’attenzione che il presidio primario della Procura dovrebbe avere sulle grandi opere annunciate. Sulla ragione di questi interventi, sui finanziamenti, sulle progettazioni affrettate e arronzate che generano disastri. Torneremo presto su questi argomenti. Siamo solo all’inizio.