Al Battistero di Santa Maria Maggiore di Nocera Superiore, la Shoah sarà ricordata con una prestigiosa mostra di Lorenza Mazzetti, curata da Marco Alfano, fruibile dal 31 gennaio al 15 febbraio, su una delle tante pagine della persecuzione ebraica, ambientata nel contesto italiano, che coinvolse l’intera famiglia Einstein
La Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, in occasione dei giorni dedicati alla Shoah, ha promosso la mostra “Album di Famiglia, diario di una bambina sotto il Fascismo”, che sarà inaugurata il 31 gennaio all’interno del Battistero di Santa Maria Maggiore a Nocera Superiore. La mostra, curata da Marco Alfano, presenta per la prima volta in Campania oltre 30 opere pittoriche di Lorenza Mazzetti, regista, scrittrice e pittrice scomparsa, qualche giorno fa, nella sua casa romana, a novantatré anni. Alla mostra pittorica sarà associata una selezione fotografica dal titolo “Diario di famiglia” che illustra, attraverso l’obiettivo della nipote Eva Krampen Kosloski, una parte della vita della zia Lorenza e della sorella gemella Paola. Dalla memoria familiare dell’autrice, un’esponente assai prestigiosa di quella borghesia ebraica intellettuale e cosmopolita che in tutta Europa venne perseguitata dai regimi razzisti prima e soprattutto durante il secondo conflitto mondiale, viene tratta, una narrazione per immagini di una tragedia che incise in modo traumatico sulla sua personalità di bambina, poi di donna, impegnata in vari settori, dal giornalismo, all’arte, alla psicologia, al cinema. La tragedia – in sostanza una delle tante pagine della Shoah ambientate nel contesto italiano, che coinvolse tutta la famiglia Einstein, che rivediamo e riviviamo in quanto riflessa su di lei, la piccola Lorenza, e su sua sorella Paola, straziate dalla prematura scomparsa della madre Olga Liberati, costituisce una delle dinamiche che animano la sua pittura. Nella sequenza dei quadri troviamo tutti i personaggi tanto amati della famiglia: lo zio Robert Einstein, la zia Nina Mazzetti, le cuginette Cici e Luce, compresi tantissimi altri che caratterizzano la scena come in un romanzo fatto da illustrazioni. Lorenza Mazzetti dipinge come un’artista naif, con un piglio figurativo volutamente semplice ed efficace, che ricorda quelle delle favole russe di cui Marc Chagall si fece interprete nei suoi primi quadri, mentre nelle raffigurazioni con numerosi personaggi ricorda certe rappresentazioni di Emanuele Luzzati, ma senza l’impianto scenico. Figure che appaiono sospese, inafferrabili come quelle dei sogni, ma che trasmettono, come in una rievocazione psicanalitica, un forte senso dell’elaborazione del lutto attraverso il ricordo. Quasi non volendo discostarsi da un passato volutamente remoto, Lorenza Mazzetti, nell’affrontare nella pittura un’altra maniera di narrare la propria storia, già consegnata alla scrittura col libro autobiografico “Il cielo cade”, mostra di conserva l’animo infantile di una creatura che dovrà crescere su una dolorosa e traumatica esperienza di vita, ma che può essere riafferrata e fatta rivivere nella maturità, quando il tempo dell’ infanzia è ormai trascorso. “È una narrazione che sintetizza – scrive il curatore della mostra Marco Alfano -, quindi, un percorso di ricerca che rifuggendo da finalità “autocelebrative”, restituisce la necessità di narrare un’avventura esistenziale, di immaginare la pittura quale sensibile custode “segreta”, che si rivela nella misura in cui l’occhio riesce ad indagarne quei percorsi celati, quando lo sguardo dell’autrice, soffermandosi nei suoi accidentati sentieri narrativi, come sulle umanissime espressioni dei volti, concederà a questa di rendersi ancora testimonianza poetica dei movimenti dell’anima. La pittura di Mazzetti ci obbliga ad entrare nella trama del dettato pittorico, a forare la superficie e scendere in atmosfere pervase ora da tensioni emotive, ora da intense liricità; una sintesi che non è solo la misura di un approdo formale, ma il segno di una qualità etica ed immaginativa capace di non naufragare nel ricordo spezzato e temibile di un cielo “caduto”, di una tragedia individuale e collettiva, esposta di fronte agli occhi terrorizzati di quelle bambine; il cielo era infine caduto, né cesserà mai di cadere, come aveva profetizzato un altro poeta e pittore, in versi e dipinti ricolmi d’una veggenza mistica e tragicamente distruttiva, Gino Bonichi, detto Scipione: […] «Le stelle cadono accese / Per bruciare il mondo, / ma nessuno tende le mani per abbracciarle / e si smorzano, tuffandosi nel buio» (Estate, 1933)”. (o.c.)