Trionfo martedì per la prima con il nostro direttore artistico sul podio, mentre dal prossimo martedì il debutto nel ruolo della Sacerdotessa di Francesca Manzo allieva dell’ Accademia scaligera
Di Olga Chieffi
C’è un po’ di Salerno, nell’Aida che ha debuttato martedì sera trionfalmente al Teatro alla Scala di Milano, per festeggiare i 95 anni di Franco Zeffirelli. Il massimo milanese ha, infatti, riproposto il leggendario allestimento di Aida del 1963 con le scene magistralmente dipinte da Lila De Nobili. Uno spettacolo entrato nella storia grazie alla raffinata reinterpretazione di un Egitto immaginato attraverso le suggestioni pittoriche del Secondo Impero, ora ripreso da Marco Gandini. Sul podio è salito il nostro direttore artistico, Daniel Oren al suo debutto scaligero, alla testa di un cast stellare, con Aida interpretata da Krassimira Stoyanova, Radamès da Fabio Sartori, Amneris, l’eccezionale Violeta Urmana, mentre Amonasro è stato affidato a George Gagnidze, Vitalij Kowaljow nel ruolo di Ramfis e Carlo Colombara in quello del re, cantanti che abbiamo applaudito anche qui al Verdi. Dalla prossima settimana, Daniel Oren, avrà quale sacerdotessa Francesca Manzo sarnese, una delle migliori allieve del magistero di Marilena Laurenza, docente del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, da sempre una ribollente fucina di nuove voci, che proprio nel suo anno d’esordio all’Accademia della Scala ha debuttato nel ruolo di Pamina. Dopo la Gretel nella fiaba di Humperdinck, la partecipazione all’opera “Ti vedo, ti sento, mi perdo”, di Salvatore Sciarrino e il ruolo della contadina nelle nozze mozartiane, il debutto nel personaggio verdiano, sotto una bacchetta ben conosciuta. L’Aida è una delle opere cult di Daniel Oren per formazione e colori. Oren è un leader esigente che non esita ad andare contro i paletti della tradizione e delle abitudini, disdegnando i gusti del pubblico, se lo ritiene necessario o se pensa che la Musica lo richieda. La sua Aida è basata sui grandi contrasti su di un agogica spinta tra triple p e triple f , terze strade. La drammaturgia verdiana è scritta nelle note, Oren le scalpella per eliminare incrostazioni di migliaia di esecuzioni e tornisce col suo sentire questa opera impressa nel suo corpo. Un atto d’amore da parte di tutti, nei riguardi del grande vecchio regista, simbolo dell’idea tradizionale della messinscena operistica.