Condannati per la vendetta di Ogliara. Il giudice monocratico del tribunale di Salerno, Mariano Sorrentino, ha parzialmente accolto le richieste del pubblico ministero ed ha disposto la condanna ad un anno e dieci mesi e settemila euro di multa per Mario Viviani e Giovanni Iuliano. Il giudice ha riconosciuto ai due imputati le attenuanti generiche. Una pena leggermente meno pesante rispetto alla richiesta dal pubblico ministero: due anni di reclusione. Probabilmente, sull’esito del procedimento, avrà pesato e non poco l’ampio materiale probatorio fornito dal collegio difensivo (Aldo Cammarota, Raffaele Francese e Stefania Pierro). Diverse le incongruenze emerse nel corso del dibattimento. Il 20 aprile scorso l’agguato di Ogliara. Prima Archil Bluashvili e poi Maurizio Pastore furono raggiunti da colpi d’arma da fuoco e gambizzati. Un gesto intimidatorio. Un avvertimento in piena regola… Le successive ed immediate indagini portano all’arresto di Mario Viviani e Giovanni Iuliano. In particolare il primo, secondo gli inquirenti, si sarebbe vendicato di un tentato furto all’abitazione della madre. Ad incastrare i due le immagini delle telecamere, la descrizione fatta dal georgiano e da Pastore ed il colore dell’auto dal quale sono stati esplosi i colpi d’arma da fuoco (presumibilmente con un fucile). L’identificazione, in base agli elementi conseguiti, sarebbe avvenuta attraverso il social network facebook e, in particolar modo, da una foto che ritrae Mario Viviani con Gianni Iuliano. Le vittime avevano riferito che entrambi erano riconoscibile per una folta barba che, secondo gli inquirenti, Iuliano (accusato di aver esploso materialmente i colpi d’arma da fuoco) aveva rasato dopo l’agguato. Bluashvili. I legali, nel corso del processo, hanno messi in evidenza diverse incongruenze in relazione sia alle modalità con le quali è stato determinato il riconoscimento che per altri aspetti. E’ stato inoltre rilevato come non siano stati depositati i risultati dello stub e, soprattutto, rilevato che le stesse telecamere non funzionavano perfettamente con data e orari non regolati. Inoltre non ci sono elementi chiari neanche sulle tracce lasciate dai bossoli e sull’esito dell’esame degli indumenti. Inoltre, in base a quanto riferito dai verbalizzanti, non è chiaro neanche dove fosse seduto Iuliano al momento degli spari (lato guidatore della Fiat Panda di colore grigio o nella parte posteriore). Da sottolineare che Maurizio Pastore non riconobbe in aula, in occasione della sua testimonianza, gli autori dell’agguato nei suoi confronto dello scorso 20 aprile. Pastore ha più volte ribadito che non aveva elementi per affermare che a sparare fossero stati Viviani e Iuliano. Riscontri che potrebbe aver inciso sulla decisione del giudice. Ieri pomeriggio, al termine della camera di consiglio, la sentenza di condanna. I legali difensori hanno già preannunciato appello. Ma prima bisognerà attendere le motivazioni della sentenza di primo grado.
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