Il direttore del Conservatorio di musica “G.Martucci” di Salerno si è spento nella notte di ieri, dopo aver presenziato ad un concerto promosso dalla Associazione Alessandro Scarlatti, che ha visto esibirsi i giovani talenti della nostra massima istituzione musicale.
di Olga Chieffi
Fulvio Maffia, il direttore del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, è mancato ai vivi nella notte di sabato, illuminata dalla luna del raccolto, dopo una stordente e calda ultima giornata di settembre. Fulvio Maffia, che la massa conosceva solo quale direttore della nostra massima istituzione cittadina, ma era riconosciuto esponente del magistero pianistico del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, allievo della clavicembalista e fortepianista, nonché compositrice, Andrée Darras, esperta bachiana, dalla tastiera è passato all’insegnamento della didattica, quindi alla scrivania di direttore in quel di Potenza. Erano i primi di marzo del 2009 quando annunciammo che Fulvio Maffia, allora direttore del conservatorio statale “Gesualdo da Venosa”, sarebbe divenuto il commissario straordinario per porre ordine nelle carte “sporche” del “Giuseppe Martucci” di Salerno. Dopo le dimissioni del direttore Francesco De Mattia giunte ai primi di febbraio, quasi una “fuga” e la reggenza del vice-direttore Giancarlo Cuciniello, il ministero decise di commissariare la massima istituzione musicale cittadina, toccata con mano la situazione veramente disperata. Poi, la sua elezione “plebiscitaria”, quel pomeriggio del 30 giugno 2011, quindi, in alternanza con Imma Battista, si è giunti fino ad oggi, al poker di mandati. Il gioco del poker, come la vita, non dà alcuna sicurezza di vittoria, nessun punto è assoluto, neanche la scala reale, il rischio, l’agone, la sfida, il bluff, sono il suo fascino. La musica, le arti, non permettono di indossare veli e maschere, scendere a compromessi, come il politico ha da fare e la società, oggi, quasi impone. Ecco, che ieri mattina il Lorenzo schizzato dal Guicciardini, che tutti conosciamo, “l’ago della bilancia intra i principi italiani, lui neppure principe e d’un piccolo principato”, capace di tenere Firenze nel complicato equilibrio con Milano, Venezia, Roma e Napoli, ci è balenato dinanzi, il “Magnifico” l’uomo insostituibile, in grado di reggere la propria città per decenni, grazie alla sua cultura poderosa in ogni campo. Quali i traguardi raggiunti da Fulvio Maffia, direttore in un momento di estrema delicatezza, quale il principio del suo avvento, in un periodo in cui ancora coesistevano il vecchio e il nuovo ordinamento, di non facile transizione? Sicuramente la produzione, dall’orchestra, all’organizzazione dei concerti, alle esibizioni di tutte le eterogenee formazioni dell’istituzione, ospiti nei cartelloni concertistici, prima cittadini, poi dell’intera provincia, quindi, della regione, sino alla consegna e all’allargamento della sede storica di via de’ Renzi dopo oltre un trentennio di normale “infruibilità”, per una popolazione scolastica che, con l’avvento della scuola di Jazz ha superato ampiamente le mille unità. Noi proveniamo dal severo ordinamento tradizionale, esibirsi al saggio di classe era già un traguardo non per tutti. Erano, all’epoca, i maestri che si dannavano per procurare occasioni di collaborazioni con associazioni, sino ad organizzare di persona concerti e formazioni per far esibire i propri allievi meritevoli, poiché il musicista si forma sul palcoscenico, naturalmente solo per l’onore di essere stati scelti. Si provava tanto e si suonava poco, a quel tempo, l’assenso pieno del maestro era rarissimo, quanto le “brutte” figure. Oggi è il contrario, poche prove, tanti “titoloni” a volte inadatti alla preparazione degli esecutori, un consenso quasi planetario in ogni performance. Il merito di Fulvio Maffia è quello di aver fatto “scendere” il conservatorio da via de’ Renzi, un luogo dai riflessi d’oro e ferrigni ereditati dell’Orfanotrofio Umberto I, la grandissima tradizione della sua scuola di musica, dalla quale sono usciti grandi musicisti, i cui nomi stanno purtroppo svanendo nel dire degli allievi e anche dei maestri, ma con essa, tanto altro. Fulvio Maffia è stato l’uomo del cambiamento, colui il quale ha dovuto confrontarsi con queste due diverse mentalità, prima interiormente, per quindi mixarle nel conservatorio attuale. Da questo cocktail son venute fuori le produzioni con il teatro Verdi, “Die lustige Witwe”, diversi concerti, “Il barbiere di Siviglia” e a dicembre “Cavalleria Rusticana” e “Suor Angelica”, la creazione di un asse di fattiva collaborazione con l’Opera di Tirana e quella di Varna, ovvero ciò che un Maestro, trasformato in direttore, deve fare, una famiglia “allargata”, la sua, alla ricerca eterna di equilibri mai semplici da mantenere, tra tanti figli. Nel Fedro, Platone si focalizza sulla soggettività di quell’amore, considerato come aspirazione verso la bellezza ed elevazione progressiva dell’anima verso il mondo delle idee, al quale la bellezza stessa appartiene. In questo non semplice dialogo, Socrate spiega al giovane Fedro in che modo l’anima umana percorra i gradi gerarchici della bellezza fino a giungere a quella suprema, considerata “in sé” o amore filosofico.
L’essenza di questo dialogo è nel mito dell’auriga alla guida della biga trainata da due cavalli alati: uno bianco e di eccellente condotta, immagine dell’anima volitiva e uno nero e recalcitrante, immagine dell’anima concupiscibile. L’obiettivo dell’auriga è giungere all’Iperuranio, sede dell’essere in cui la vera sostanza delle cose possa essere contemplata solo dalla ragione stessa. Il cavallo bianco tira con tutte le sue forze verso la regione sopraceleste, spronata dall’auriga che tenta di mantenere l’equilibrio in quanto, allo stesso tempo, il carro viene rovinosamente trainato verso il basso dal cavallo nero, emblema del desiderio delle cose terrestri. Quale sarà l’auriga del Martucci, in possesso della “mano” di Fulvio Maffia? Noi, attraverso il verso di Eugenio Montale consegniamo l’ago della bilancia al disincanto dello scetticismo: “Per me / l’ago della bilancia / sei sempre tu. / M’hanno chiesto chi sei. / Se lo sapessi/ lo direi a gran voce. E sarei chiuso / tra quelle sbarre donde non s’esce più”. Ancora attoniti, per l’improvvisa scomparsa dell’amico rimasto semplice, schietto e sincero, per aver perso inaspettatamente un amico che ci voleva bene, con il quale si è condivisi momenti che sono patrimonio di un’umanità che cresce e migliora attraverso un’azione etica, che è quella del dialogo, della cultura, dell’ “otium”, non riuscendo a scorgere sino in fondo cosa si nascondesse nella filigrana di un evento, che proiettava dinanzi ai nostri occhi il profilo temibile della morte, oggi, saluteremo Fulvio Maffia, nella cattedrale di Salerno, alle ore 11.