«Per guarire i problemi di Napoli, i napoletani dovrebbero fare come mio zio: diventare salernitani». E’ una delle frasi scritte dai ragazzi di don Luigi Merola, gli “scugnizzi” di Forcella, dai sei ai sedici anni, che stimolati da Marcello D’Orta, il maestro più famoso di Napoli, autore di “Io speriamo che me la cavo”, hanno scritto dei temi nei quali raccontano, con la loro simpatica innocenza, Napoli e i suoi problemi. Questi temi, nei quali si parla di camorra, di pizzo, di violenza e di “monnezza”, sono stati raccolti nel libro: ‘A voce d’ ‘e creature” scritto in collaborazione con don Luigi Merola. «Il riscatto di Napoli deve partire dai bambini, dal dare voce alle sue creature» ha affermato don Luigi Merola, che ieri sera, nella Sala del Gonfalone del Comune di Salerno, ha presentato il libro alla presenza del Sindaco Vincenzo De Luca, del Presidente dell’A.G.S. Enzo Todaro, del Prefetto Pantalone, del Questore De Iesu, del Comandate dei Carabinieri Parrulli, di quello della Guardia di Finanza, Di Benedetto e del Provveditore Pagliara.
«I bambini spesso riescono a dire quello di cui gli adulti hanno paura o pudore» ha spiegato don Merola «Dicono che la camorra fa schifo e che il boss è paragonabile a una zoccola (topo di fogna), perché è costretto a vivere nei buchi, sempre nascosto, senza vedere mai il sole. I nostri bambini, in queste pagine, gridano il loro inno alla vita». ‘A voce d’ ‘e creature, è il nome della Fondazione di Don Luigi Merola ( da cui il titolo del libro) nata nel 2007, quando Don Merola è dovuto andar via da Forcella. La sede è in una villa nel quartiere Poggioreale – Arenaccia, confiscata al boss Brancaccio, dove si cerca di recuperare i ragazzi per impedire che si allontanino dai percorsi scolastici, avviandoli al mondo del lavoro. Per questi ragazzi, sono circa 150, don Luigi, che è diventato prete a 23 anni con la dispensa del Papa, ha anche organizzato laboratori di teatro, ballo, canto, corsi di nuoto e alfabetizzazione informatica. A questa Fondazione sarà interamente devoluto il ricavato della vendita dei libri. Il Presidente Enzo Todaro, ha introdotto la serata, sottolineando le gravi difficoltà in cui vivono i ragazzi del libro:«Le loro parole sono pesanti come pietre e inquietano le coscienze» e che lo Stato deve essere più presente nella lotta alla camorra:«A me non fa paura il camorrista, ma il silenzio degli onesti».
Il Sindaco De Luca, divertito ha letto alcune frasi del libro, «atroci e leggere, di grande creatività», come quella di un bambino che ha scritto: «Ci sono due modi di prendere il raffreddore: mentre al Nord i cittadini prendono il raffreddore nel pullman, a Napoli lo prendono aspettandolo» o quella «A furia di essere tristi a casa mia, neanche il cucù esce più fuori dall’orologio» o ancora «l presepe di mio zio assomiglia al CTO. Tutti i pastori sono senza testa e senza gambe».
De Luca, ha sottolineato che il libro «Mi ha fatto morire dal ridere», c’è tutta la dimensione umana di Napoli, con i suoi problemi, come quello della camorra: «Ci vorranno decenni per risolverlo. Decisivo sarà il ruolo esercitato dalle scuole, dagli oratori, dallo Stato. Il primo pericolo da combattere è l’assuefazione, tradotta in una linea culturale, che può portare a vivere con tolleranza anche il fenomeno della camorra».
Il Sindaco ha confermato che molto probabilmente sarà aperta anche a Salerno, una sede della Fondazione di Don Merola: «Il presidente Enzo Todaro sta lavorando in questa direzione».
Don Luigi non ama essere definito “prete anticamorra”: « Faccio ciò che è giusto. Ogni sacerdote deve schierarsi contro la camorra e contro qualsiasi altro male esistente o almeno così dovrebbe essere».