di Andrea Bignardi
Il mondo del bio, come è ormai noto, è sempre più apprezzato ed a volte quasi esasperato dalla società dei nostri tempi, che si appella al prodotto biologico allo scopo di tamponare, senza successo, la decadenza della cucina tradizionale. “A modo bio” è un indirizzo che si distingue per il suo utilizzo “responsabile” del prodotto biologico, senza eccessi, ma valorizzandone le sue potenzialità, e coniugandole con una pizza di livello qualitativamente elevato, e che si caratterizza per un impasto soffice e ad elevata digeribilità. Lo racconta, con grande orgoglio per questa sua nuova creatura, attiva ormai da un anno in quel di Brignano, il suo patron-pizzaiolo, Giovanni D’Acunto. Giovanni, da quanto tempo hai deciso di dedicarti all’ “arte bianca”? E’ ormai da oltre vent’anni che sforno pizze. Ho iniziato negli anni ’90 in un locale di Pastena, il Pizza sotto Pizza, per poi intraprendere un’attività in proprio nel 2002, che poi è stata l’antesignana del Delicious che ho aperto nel 2013, e che mi sta regalando grandi successi. Tuttavia, dopo un po’ di tempo ho iniziato a sviluppare il desiderio di andare oltre una proposta tradizionale di pizza. Ho infatti cominciato ad interessarmi al mondo dell’integrale e del bio, compiendo vari studi a riguardo, da autodidatta. La filosofia bio permea immancabilmente tutto il tuo locale, ma in modo assolutamente pacato e misurato, senza eccessi: come sei riuscito a fare ciò? Attraverso un percorso di riflessione che mi ha portato a valorizzare da un lato l’intero mondo delle produzioni biologiche, dall’altro quelle espressione dell’identità territoriale. La mia esperienza alla scoperta di questo mondo è ben espressa dal nome del mio locale: “a modo bio” significa scoprire gli aspetti migliori delle nuove tendenze gastronomiche ma al tempo stesso non perdere l’attenzione per tutto ciò che caratterizza l’esperienza ed il vissuto personale di un pizzaiolo o di uno chef. Come viene reso sulla tua pizza quest’approccio tradizionale ed al tempo stesso innovativo? Con un prodotto che si distingue per un’altissima digeribilità: per dirla in termini spiccioli, la mangio senza problemi anche alle due del mattino. Ciò avviene grazie ad una doppia lievitazione classica partenopea che ho portato via nel tempo ad essere più lunga, da 12 a 24 fino a 36 ore. I condimenti sono molto vari e rispettano, ovviamente la stagionalità dei prodotti. Tuttavia ci sono delle pizze evergreen che non possono mai scomparire dalla nostra carta, e che rappresentano al meglio la filosofia del nostro locale. Penso, ad esempio, alla Pistacchiata, con provola di bufala, pancetta di maialino casertano, vellutata di pistacchi, granella di pistacchio di Bronte e scaglie di provolone del Monaco, alla “scarpar” con pomodorini saltati in padella, secondo la tradizione cilentana, alle margherite con tutte le tipologie di datterino presenti in Campania, per fare un viaggio dalle pizze più innovative a quelle più tradizionali. Poi, a far da compagnia a tutto questo, c’è una ricca selezione di sfizi di stampo napoletano: quello che consiglierei maggiormente è il pacchero di Gra
gnano ripieno di ricotta e fritto. Ad innaffiare il tutto c’è una selezione di birre artigianali ed i vini della cantina di San Salvatore, prodotti anche questi locali ed a filiera corta. Quali credi possano essere le prospettive per il tuo locale? Ritengo che questo modo di lavorare mi abbia già regalato grandi soddisfazioni. Non mi interessa avere la stessa visibilità di pizzerie che hanno maggior risonanza mediatica, ma servire con passione una nicchia di clienti che apprezzano un locale curato e che soprattutto sappia trasmettere serenità.
Sul quotidiano, la ricetta dalla pizza.