di Pina Ferro
E’ morto “‘o professore” della camorra. Raffaele Cutolo, fondatore della Nuova camorra organizzata (Nco) è morto alle 20.21 di ieri, all’ospedale Maggiore di Parma. Nell’ultimo periodo era stato più volte trasferito dal carcere al reparto ospedaliero. L’ultima volta che ha fatto parlare di se’ è stata a meta’ 2020, per la complessa vicenda legata alla sua malattia e alla circolare del Dap a marzo che consentiva a detenuti anche al 41 bis di andare ai domiciliari se anziani e con patologie. E il boss entrato nella leggenda già da vivo come o’ professore era anziano, 80 anni molti dei quali passati in molti istituti di pena italiani, e malato. Il 19 febbraio 2020 infatti era già stato ricoverato all’ospedale civile di Parma per una crisi respiratoria e aveva anche rifiutato cure e tac. Dimesso a inizio aprile, e tornato nel carcere di Parma, il suo avvocato, Gaetano Aufiero, aveva chiesto i domiciliari al tribunale di Reggio Emilia a causa delle condizioni di salute, ma l’istanza venne respinta poichè può essere curato in cella, le sue patologie non erano “esposte a rischio aggiuntivo”, dato che il regime di 41 bis gli permetteva “di fruire di stanza singola, dotata dei necessari presidi sanitari”. Cutolo riprova a reiterare la richiesta e il 10 giugno il tribunale di Sorveglianza di Bologna la rigetta di nuovo: “Si puo’ ritenere che la presenza di Raffaele Cutolo potrebbe rafforzare i gruppi criminali che si rifanno tuttora alla Nco, gruppi rispetto ai quali Cutolo ha mantenuto pienamente il carisma”, scrivono i giudici. Per Cutolo “non appare ricorrere con probabilità il rischio di contagio da Covid-19″, e, “nonostante l’età e la perdurante detenzione rappresenta un “simbolo” per tutti quei gruppi criminali che continuano a richiamarsi al suo nome”. La sua presenza “potrebbe rafforzare i gruppi criminali che si rifanno tuttora alla Nco, gruppi rispetto ai quali Cutolo ha mantenuto pienamente il carisma. In tanti anni di detenzione non ha mai mostrato alcun segno di distacco dalle sue scelte criminali”. Il 30 luglio 2020 è stato trasferito dal carcere di nuovo in ospedale. Per l’avvocato non era più lucido: la moglie era andata a trovarlo il 22 giugno e Cutolo non l’aveva riconosciuta. Raffaele Cutolo, ‘o professore nonostante abbia solo una licenza elementare, era figlio di un mezzadro e di una lavandaia di Ottaviano, paesino alle falde del Vesuvio, Michele e Carolina Ambrosio. Nasce il 4 novembre 1941 e la sua carriera criminale l’ha costruita nella cornice di avventure romanzesche e forse romanzate. Poeta e duellante con la “molletta” dentro un carcere; pazzo per finta o per davvero; evaso dal manicomio giudiziario di Aversa; latitante, padre che vede l’unico figlio maschio ed erede ucciso dalla ‘ndrangheta; l’uomo che forse ha ispirato il celebre “professore” di Fabrizio De Andre’ e probabilmente ha urinato sulle scarpe di Toto’ Riina come racconta un pentito; il boss che ha sposato nel carcere dell’Asinara una donna molto giovane e che poi l’ha resa madre con l’inseminazione artificiale, ha quattro ergastoli sulle spalle e aveva compiuto pochi fa mesi 79 anni. A 22 anni commise il suo primo omicidio, il 24 settembre 1963, durante una rissa; la vittima è Mario Viscito, che ha fatto un apprezzamento di troppo alla sorella di Cutolo, Rosetta, la donna che lo ha affiancato anche anni dopo nella gestione del potere criminale. Ha riconosciuto due figli, Roberto, nato dalla breve relazione con Filomena Liguori, e Denise, figlia di Immacolata Iacone, la donna che sposerà nel carcere dell’Asinara, concepita con l’inseminazione artificiale e che lo vedrà sempre dietro le sbarre. Due i nipoti, Raffaele, 34 anni, suo omonimo, e Roberta, 30 anni, entrambi figli di Roberto, pregiudicato, ucciso a Tradate, in Lombardia, da affiliati della ‘ndrangheta il 19 dicembre 1990, per volontà di uno dei maggiori antagonisti di Cutolo, il boss vesuviano Mario Fabbrocino. Nel corso di uno dei suoi periodi di latitanza, ha avuto una relazione con Lidarsa Bent Brahim Radhia, una donna tunisina a cui dedichera’ una poesia, che dara’ alla luce Yosra. Nel 1980 Cutolo acquistò da Maria Capece Minutolo, vedova del principe Lancellotti di Lauro, il Castello Mediceo, a Ottaviano, poi confiscato nel 1991 e ora del Comune del paese vesuviano, quello in cui i suoi genitori avevano lavorato come guardiani, pagandolo 270 milioni di lire. E’ stato condannato a quattro ergastoli da scontare a partire dal 1995 in regime di 41 bis. Il boss ha più volte criticato tale regime che, a suo parere, viola i diritti umani. Per il primo omicidio, Cutolo ebbe una condanna a 22 anni in Appello, che comincia a scontare nel carcere di Napoli-Poggioreale. Ed è in questo istituto di pena che emergono la sua personalità e il suo carisma, quando, nelle dinamiche di relazione dei detenuti, sfida a duello il boss Antonio Spavone, una sfida con il coltello a scatto, la molletta, alla quale questi non si presentò. Cutolo diventa il protettore di tutti i detenuti. Nel 1970 torna libero per decorrenza termini e si occupa di contrabbando di sigarette, un business lucroso che lo mette in contatto con la mala pugliese e poi con le ‘ndrine dei Mamolito, dei Cangemi e dei De Stefano. Viene di nuovo arrestato nel 1971, ed è di nuovo a Poggioreale che medita la nascita della Nuova camorra organizzata. Un modello nuovo di clan, basato sui meccanismi piramidali (picciotto, camorrista, sgarrista, capozona e santista) della mafia siciliana e della ‘ndrangheta, con affiliazione attraverso rituali di ispirazione massonica e culto della personalità del capo; ma soprattutto una concezione della criminalità organizzata ideologizzata, con una ispirazione meridionalista e ribellista, dotata però anche di una capacità economica, tanto che Cutolo vuole accanto a se’ un imprenditore, Alfonso Rosanova, capace di moltiplicare il denaro che proviene dagli affari illeciti. E poi c’e’ l’organizzazione paramilitare, la base di picciotti giovani e spietati reclutati nel sottoproletariato desideroso di riscatto e di denaro facile. E’ stato anche coinvolto nelle trattative per la liberazione di Ciro Cirillo, uomo della Dc campana della corrente di Antonio Gava rapito dalle Brigate rosse nell’aprile 1981, vicenda complessa sulla quale non c’e’ ancora chiarezza.