di Simone Di Meo Porta direttamente alla provincia nord di Salerno la pista per la cattura di uno dei grandi latitanti (a dispetto dell’età) d’Italia: Marco Di Lauro. Il figlio del padrino Paolo, soprannominato Ciruzzo ‘o milionario per la straordinaria capacità di fare soldi, ed erede di una dinastia criminale tra le più ricche e spietate dell’intero sud Italia. Una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia, che lo costrinse alla fuga nel 2002, stimò che il boss Paolo Di Lauro guadagnava circa un miliardo di lire al giorno attraverso la vendita di migliaia di dosi di stupefacenti all’ingrosso e al dettaglio grazie a un «esercito» di pusher, vedette e trafficanti. Ciruzzo ‘o milionario è stato catturato un giorno di settembre del 2005, in un anonimo vicoletto della vecchia Secondigliano. Era sveglio, all’alba, quando arrivarono i carabinieri. Suo figlio, no. È ancora in libertà. Una libertà conquistata e mantenuta fuggendo la notte – era il 7 dicembre 2004 – in cui i pm anticamorra Giovanni Corona, Luigi Frunzio, Simonetta Di Monte e Marco Del Gaudio firmarono una cinquantina di fermi per droga, associazione mafiosa e omicidio. Tra i destinatari c’era anche lui. Ma le forze dell’ordine non riuscirono a trovarlo. Si era letteralmente volatilizzato. Da allora, Marco è sparito dalla circolazione. È stato condannato all’ergastolo, e tanta acqua sporca è passata sotto i ponti (criminali) nella periferia nord di Napoli, laddove il suo clan aveva e continua ad avere il proprio «feudo»: un intricato labirinto di stradoni e palazzi senza numero civico popolati, come gli alveari, da affiliati e graduati della cosca. Astuto nel mantenere i contatti con affiliati e parenti, quei pochi che sono sfuggiti alle manette e alle condanne, e abilissimo nel vivere una vita da fuggiasco senza mai un cedimento, un passo falso. Questo è Di Lauro jr. Non usa cellulari. Per comunicare il minimo indispensabile scrive «pizzini» come Bernardo Provenzano, e gli investigatori che gli danno la caccia ormai da dieci anni, lui che è inserito nell’elenco dei ricercati più pericolosi del Viminale ad appena 33 anni, sono convinti che abbia una rete immensa di protezioni e fiancheggiatori che lo aiutano nella fuga. Un network costruito con diplomazia, paura e corruzione. D’altronde, solo chi può contare su una vagonata di denari può riuscire a vivere, da clandestino, ben dieci anni. Pochissime tracce, indizi assai labili sono stati trovati da carabinieri e polizia sul campo ma niente di così decisivo da attivare una retata in grande stile. Si muove tra Secondigliano e Scampia e i paesi limitrofi con una certa frequenza, perché – spiega un inquirente che lo conosce bene, fin da ragazzino – «la riorganizzazione della sua struttura criminale dal punto di vista militare e commerciale, con la riapertura di nuove piazze di spaccio e, quindi, con la ripresa del ciclo economico, indica che lui è qui». Tutto indica che lui non sia fuggito all’estero o che, addirittura, possa essere morto. E questo perché «il clan non avrebbe avuto modo di assestarsi e riprendere fiato se il suo capo non fosse stato lì nei paraggi vivo e vegeto, e pronto a prendere le decisioni più funzionali alla sopravvivenza della famiglia e sua personale». Già, ma dove? Alcuni spunti d’indagine puntano alla provincia nord di Salerno, quella striscia di terra che quasi bacia le alture dei Monti Lattari. Un territorio già finito agli atti delle inchieste sul clan Di Lauro condotte dalla procura di Napoli perché diventato rifugio, in passato, di uomini vicinissimi al «fantasma» di Scampia. Uno su tutti: Giovanni Cortese, braccio destro di Cosimo Di Lauro, altro figlio di Ciruzzo a quel tempo comandante in capo delle truppe di camorra nella sanguinosa faida contro gli «scissionisti» che ha provocato, nel triennio 2004-2006, quasi cento morti ammazzati.Cortese finì in manette il giorno prima della Befana 2005 dopo essere stato localizzato dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale in un’abitazione presa in fitto a Sant’Egidio del Monte Albino. Era con la moglie e il figlioletto, ed era accudito da altre due donne. Anche lui era ricercato sulla base del decreto di fermo firmato dai pm antimafia di Napoli, ma la fuga era durata appena un mese scarso. Con Di Lauro jr, invece, il discorso è diverso. E molto più complicato. Può contare sulle immense ricchezze che il padre ha accumulato in vent’anni ai vertici della malavita cittadina e, soprattutto, non ha legami che possono provocargli problemi. La pista salernitana, nella caccia grossa a Marco Di Lauro, risalirebbe a qualche mese fa e sarebbe nata, secondo alcune indiscrezioni, dalla presenza in specifici Comuni «attenzionati» di soggetti legati alla criminalità organizzata di Secondigliano. A rendere ancor più convincente l’ipotesi che il giovane superlatitante – 31 anni appena – possa aver avuto in passato una base logistica o un appoggio nella sterminata provincia salernitana anche i collegamenti, sempre più frequenti, che escono dalle indagini, con la camorra locale per il traffico di cocaina.
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