“Lo squalificato” di Osamu Dazai è un capolavoro perché ha un protagonista memorabile come quelli di Fëdor Dostoevskij
Di Elena Di Palma
Scegliere un libro, un unico scritto da salvare in tutto il mondo, è di certo una grande responsabilità.
La prima domanda che sorge spontanea è “come posso salvare l’intera cultura mondiale con un solo scritto?”. La risposta più sincera che sono riuscita a darmi è, tra le tante conclusioni cui sono arrivata, che risulta impossibile. Quindi, dovrò fidarmi del mio puro istinto a quanto pare… Il libro che ho scelto è “Lo Squalificato” di Osamu Dazai. Titolo originale “人間失格”, meglio traducibile in italiano come “squalificato dall’umanità” o “impossibilitato a essere un umano”. Questo è uno dei romanzi più venduti in tutto il Giappone; il suo autore, Osamu Dazai, visse nella prima metà del ‘900. Dazai era un convinto rivoluzionario dell’ala anarchica. Di certo un personaggio controverso della società giapponese dell’epoca; fu, infatti, vittima della morsa dell’alcol e delle droghe e tentò più volte il suicidio, fino a riuscirci nel 1948 a soli tre giorni dal suo quarantesimo compleanno. Il libro parla della vita d’un artista, Yozo, il quale ha difficoltà a relazionarsi col mondo. La vita di Yozo somiglia per alcuni tratti a quella dell’autore, a mia opinione. Il racconto, infatti, potrebbe essere in realtà un’autobiografia romanzata, a tratti del tutto inventata, dello stesso Dazai. Questa mia osservazione mi ha portato ad appezzare particolarmente questo scritto, da me riletto innumerevoli volte. Perchè salvare, quindi, questo tra tanti libri? Perchè a mio parere inquadra perfettamente i problemi dell’uomo moderno. È di facile lettura e comprensione; è adatto a più o meno tutte le fasce d’età e poi, egoisticamente, mi piace molto. Davvero tanto, tanto abbastanza da averlo letto in più lingue per comprenderlo meglio, tanto abbastanza per provare (fallendo miseramente) a leggerlo in giapponese. Secondo me, inoltre, è sorprendentemente occidentale. Tutte le sofferenze, le paure e le disavventure del protagonista sono attribuibili a un cittadino del mondo, a differenza dei soliti romanzi giapponesi intrisi di tradizione. La struttura del romanzo è molto particolare: non è lineare, ma divisa in tre “taccuini”. Il narratore, infatti, non è sempre lo stesso e questa particolare caratteristica me lo ha fatto apprezzare ancor di più. “La mia è stata una vita di grande vergogna. Non riesco lontanamente a immaginarmi cosa significhi vivere la vita d’un essere umano.”
Così si apre il racconto e il primo taccuino, con una frase ambigua, che lascia la possibilità al lettore di nuotare nel proprio mondo immaginario. Mentre la frase “Squalificato come essere umano. Cessavo una volta e per sempre di esistere come essere umano.” è una delle ultime pronunciate dal protagonista. Quest’ultima frase mi affascina in una maniera strana, mi lascia pensare “Da dove deriva questa nostra condizione di essere umani?” Sinceramente, se dovessi scegliere una domanda che le generazioni future dovrebbero porsi, vorrei fosse per questa. Ho scelto “Lo squalificato” perchè vorrei che ognuno di noi si chiedesse cosa significhi essere un umano e come si fa a perdere, o peggio, a rinunciare a questa condizione.