Dieci persone sono ricoverate nel reparto di Malattie infettive, sei in Broncopneumologia e due in Rianimazione. Questi i numeri provenienti dall’ospedale “Mauro Scarlato” Scafati, dal Covid Hospital a nord di Salerno, dove arrivano tutti i casi, sospetti o conclamati, di Coronavirus. Non è certo passato inosservato, seppur tra il silenzio generale, che tutti i casi vengono trasferiti in provincia. Un paradosso se si pensa che la città di Salerno ha, solo in teoria, un centro nuovo di zecca (all’interno del perimetro dell’Azienda ospedaliero-universitaria ‘San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona’) privo di autorizzazioni per il necessario collaudo, con la capienza di 24 posti letto, ben chiuso e sigillato. Tutti speriamo che resti tale ma, visti i numeri in aumento, sarebbe davvero il colmo se si dovesse riaprire l’ospedale ‘Da Procida’. Lo stesso riadattato in tempi record per la cura del Covid. Ovviamente, tra le polemiche generali collegate, tra le altre cose, al trasferimento del reparto di Malattie infettive, dal plesso Ruggi alla zona collinare. Un investimento importante di poco inferiore ai 2 milioni di euro. Nella parte alta della città di Salerno divennero operativi 8 posti letto per terapia intensiva e per la sub-intensiva, sei. Era aprile quando il presidente della Regione campana, Vincenzo De Luca, fece un blitz per verificare i lavori. Era il 28 aprile, invece, quando il governatore visitò il Covid del Ruggi e disse: “Sarà estremamente utile se in autunno ci sarà da affrontare una nuova ondata del virus”. I modulari campani avrebbero dovuto garantire 120 posti letto di terapia intensiva. Certo, sulla carta c’è anche il nosocomio di Agropoli che per distanza non aiuta nè il capoluogo nè l’area nord che accoglie anche parte del napoletano. Lì, dicono che è tutto pronto. Al momento, funziona Scafati. Le polemiche si sono protratte fino a diventare scontro elettorale, tra accuse che caratterizzano la campagna elettorale per le prossime regionali. Quasi tutti i candidati alla presidenza, con punti di vista diversi, si alternano per fare ‘visita’ al modulare di Salerno. Chiuso, sigillato. Privo di collaudo e chissà quanto altro al suo interno. Il mancato uso del modulare rende contenti tutti, la contestazione, è ovvio, è sull’investimento fatto e oggi inutilizzabile che lascia perplessi, fa avanzare domande. Due milioni di euro, un noto infettivologo, Luigi Greco, richiamato in servizio e poi ‘licenziato’, trasmissioni tv nazionali che hanno acceso i riflettori: questo oggi è il Covid Center di Salerno.
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