Round Midnight è uno degli standard più intensi del jazz moderno, e il suo locale prende il nome proprio da questa pagina. La “mezzanotte circa” è quell’ora magica, che ogni jazzofilo conosce, attorno alla quale in ogni jazz club si celebra il rito di una musica particolare, quella che si gioca sull’azzardo e il piacere di suonare
Di Lucia D’Agostino
“Nessuno mi toglierà mai la voglia di fare musica in generale, e jazz in particolare!”. Si conclude così la piacevole chiacchierata con Gianni Penna, proprietario dello storico jazz club di Fisciano “Roundmidnight”; una conversazione telefonica nata per fare il punto sulla situazione post emergenza coronavirus quando inizierà la cosiddetta “Fase2” e chi si occupa di cultura, arte, musica e spettacoli dovrà fare i conti con il distanziamento fisico, i dispositivi di protezione e il cambiamento delle nostre abitudini soprattutto in fatto di fruizione culturale in società. Il locale di Penna, siciliano di nascita, nasce nel 2001 quando decide di trasferirsi a Fisciano dopo un decennio trascorso a Salerno città nella sua abitazione di Sala Abbagnano dove già aveva rodato, con un amico, l’organizzazione di feste musicali nel salotto di casa. Se gli chiedi da quando ha la passione per la musica ti risponde che è nata con lui e ricorda anche il primo vero episodio di folgorazione musicale per un genere, il jazz, un po’ diverso dal pop-rock che a 14-15 anni frequentava: “con alcuni amici coetanei avevamo messo su un gruppo, io ero il batterista, che suonava canzoni dei Beatles e il cugino del bassista, un contrabbassista più grande, ci fece ascoltare da un registratore a bobine “Sweet Georgia Brown” (classico standard del jazz n.d.r): una folgorazione”. E così al “Roundmidnight”, in quasi vent’anni, sono passati artisti internazionali del calibro di Al Foster, Eddie Gomez, Billy Hart, Oracio “El Negro” Hernandez, e jazzisti italiani amatissimi nel mondo come Dado Moroni, Danilo Rea, Roberto Gatto solo per citarne alcuni, a parte i rappresentanti delle scuole jazz salernitana e napoletana.
Gianni, come hai vissuto, e vivi ancora, questo periodo di isolamento forzato ma necessario, sia come uomo che come proprietario di un locale di jazz?
Sono uno spirito libero, ho girato il mondo per lavoro (ha lavorato per la Pirelli n.d.r.) e per diletto e non è stata e non è un’esperienza facile. Ho però la fortuna di vivere in una casa grande, che si trova sopra al locale, con degli spazi aperti e posso dire di essere fortunato rispetto ad altri che, magari, vivono in condizioni più anguste. La quarantena mi pesa da un punto di vista affettivo perché in Sicilia vivono mia sorella, i miei nipoti e pronipoti, che non vedo da due mesi. Come proprietario provo una grandissima amarezza perché questa stagione era iniziata in modo fantastico, con un riscontro di pubblico mai visto prima, persone che non erano mai venute ai concerti e che per la prima volta si sono avvicinate alla mia proposta musicale. Uno choc vero proprio, che ha interrotto una serie di appuntamenti di alto livello, con un ottimo riscontro anche da parte della critica. Un vero peccato! C’è amarezza per la programmazione fino ad aprile che è saltata, e per quella di maggio in preparazione che pure avrebbe coinvolto bei nomi del jazz.
Come si prospetta la riapertura? Hai pensato in questo periodo a qualche soluzione alternativa?
Male. Le associazioni culturali, come la mia, non hanno ancora ricevuto direttive in merito e la stagione può considerarsi conclusa. Riguardo all’estate, fino a quando non riceveremo delle disposizioni, non sarà possibile organizzarsi anticipatamente. Una cosa è certa, gli artisti stranieri non potranno venire in Italia quindi, nel caso, si dovrà pensare a musicisti italiani, qualora fosse consentito spostarsi da una regione all’altra, o solo a quelli locali, che va bene se avessimo punti di riferimento su come proseguire, eventualmente. Proprio per la stagione estiva avevo già pensato di portare i miei concerti in una location di mare nel Cilento con ospiti americani, argentini, giapponesi. Vedremo se e come riadattare questa idea ai cambiamenti di prospettiva post quarantena.
E per l’autunno?
Va innanzitutto, come già dicevo prima, sbloccata l’apertura delle associazioni con dei permessi ad hoc visto che, non trattandosi di locali pubblici veri e propri, hanno una normativa diversa. Ad ora non c’è niente in merito, speriamo se ne ricordino. Quanto alla ripresa del locale al chiuso, non essendo il mio grandissimo, per rispettare il distanziamento si potrebbe pensare di dividere un concerto in due set, uno alle 20 e l’altro alle 22, ciascuno con massimo 40 persone. Il problema sarebbe il palco, anche quello non enorme, dove per rispettare la distanza tra musicisti dovrei limitarmi, ad esempio, ad ospitare un trio. Insomma la questione è come riaprire, perché, per quel che mi riguarda, non abbandono. La mia passione per la musica è fortissima.