Sul Belvedere di Villa Rufolo, stasera alle ore 20 salirà l’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” diretta da Jean Efflam Bavouzet
Di OLGA CHIEFFI
Ritorna stasera, sul palcoscenico del Ravello Festival alle ore 20, l’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini”, creata da Riccardo Muti, in cui applaudiremo anche la violinista vietrese Elena Nunziante e GianPaolo Del Grosso, corno della celebrata scuola costiera, e non ultimo un po’ di Salerno anche nel timpanista Simone Di Tullio, figlio d’arte della docente di Percussioni del nostro conservatorio MariaGrazia Pescetelli. Sul podio il pianista Jean Efflam Bavouzet, che vestirà, “filologicamente” i panni di direttore e solista nei concerti mozartiani per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore K. 449 e a in re minore K. 466. La ricerca di un suono nuovo, non solo più potente, ma anche più vario, ricco, diversificato è una indicazione preziosa per comprendere la matrice stilistica dei concerti per pianoforte e orchestra che Mozart scrive a Vienna. E in particolare dei due capolavori del genere in programma questa sera, i quali, a dispetto forse delle apparenze, non sono affatto oggetti sonori levigati e trasparenti, lontani da contrasti e da contraddizioni. Anzi, si collocano all’incrocio esatto tra due diverse tensioni. Per un verso sono l’espressione più compiuta del gusto medio manifestato dalle due classi dominanti della Vienna di fine Settecento: l’aristocrazia di corte vicina a Giuseppe II e l’alta borghesia urbana. Il K 499, si tratta propriamente di un “concerto da camera”, 2 oboi e 2 corni “ad libitum”, in cui il piatto della bilancia pende chiaramente, nell’equilibrio tra convenzione e sperimentazione, dalla parte della tradizione. Le spie più esplicite sono due: per un verso il rapporto olimpico, razionale, e perfettamente calibrato, tra il pianoforte e l’orchestra, che rimangono comunque due entità separate e indipendenti, per l’altro il ricorso alla modalità arcaica, preclassica, della scrittura contrappuntistica. Nell’Allegro vivace iniziale i due canonici temi principali vengono esposti nella introduzione orchestrale, ampia e solenne, mentre il solista risponde, dopo aver variato ed elaborato i due motivi, esponendo un nuovo tema spiccatamente cantabile. Lo stesso procedimento appare – dopo la parentesi di un Andantino che presenta un percorso armonico del tutto originale – nell’Allegro non troppo conclusivo: un movimento strutturato nella forma canonica del rondò-sonata in cui si intarsiano, con una certa spregiudicatezza stilistica, la galanterie dei tempi di danza con lo stile severo del contrappunto arcaico. Il concerto K466 con il suo Re minore d’impianto, tonalità che nutre la “poetica degli affetti”, allude esplicitamente a due dimensioni precise, entrambe legate alla poetica del tragos: per un verso lo spirito tragico, teatrale, dell’opera seria, per l’altro il tratto più intimo e meditativo, incarnato nell’ethos del dolore, della musica sacra. Tra questi due poli si muove, lungo l’arco dei tre movimenti, l’invenzione motivica e tonale di Mozart. Per la prima volta nella serie dei ventuno concerti pianistici di Mozart, il pianoforte non si limita a dialogare con l’insieme strumentale, mantenendo la sua indipendenza sonora, ma cerca insistentemente di integrare il proprio suono a quello dell’orchestra. A completare il programma due splendide sinfonie, quella del Matrimonio Segreto, di Domenico Cimarosa, in cui l’invenzione non conosce debolezze o cedimenti e quella delle Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, musica di assoluta immediatezza dallo sfrenato impulso vitale nel suo aspetto sereno, di gioia dell’esistenza.