Consolidato successo per l’evento bandistico nella piazza dell’antico borgo che ha salutato l’esibizione del Concerto bandistico di Gioia del Colle diretto da Rocco Eletto
Di OLGA CHIEFFI
L’idea dell’arte che lascia le sponde della rappresentazione – la mimesi di qualche “cosa” che dia fondamento all’opera in modo autentico, continuando l’interrogativo critico e delineando un intervallo etico. La singolarità dell’immagine che di anno in anno la piazza di Sicilì ha voluto donare al suo pubblico, sonora, visiva, letteraria, coreutica, storica, culinaria, rivela la storia segreta dell’arte, poiché l’opera, sia essa sonata, declamata, cantata o goduta in un piatto, non è semplicemente un’estensione di un canone esistente, né un’aggiunta ad esso, ma riconfigura canoni e premesse. Così è stato quest’ anno per la XXII edizione dei concerti bandistici voluti dall’amministrazione comunale di Sicilì, guidata da Cono D’Elia, che dopo l’exploit lo scorso anno, con quattro giornate dedicate alle orchestre di fiati, è ritornato in regime di “resistenza” con un galà affidato alla banda di Gioia del Colle “Paolo Falcicchio”, diretta dal maestro Rocco Eletto. La tradizione della banda ha sposato quest’anno la presentazione del volume “Le nove Muse del Cilento – Viaggio nell’immaginario culturale in una terra del Sud”, un vero e proprio grido d’amore per questa fiera e sofferta zona, lanciato da Andrea Baldini e Amedeo La Greca, attraverso una raffinata pubblicazione, edita dal Centro di Promozione Culturale del Cilento, sotto l’egida dell’Università Popolare del Cilento che insiste nel Comune di Torre Orsaia, e voluta da un ricco cartello di sostenitori, tra cui la famiglia Romanelli. Nove i saggi in indice di nove accademici, ispirati dalle muse, a cominciare da Calliope cui è legato l’ intervento di Vincenzo Aversano, intorno agli insediamenti amministrativi dalla classicità al secondo dopoguerra, passando per Clio, musa della storia cui è dedicato lo scritto di Amedeo La Greca, circa l’etimologia di Cilento e sul suo rapporto evocativo del termine Italia. Ad Elea-Velia ci vengono incontro Erato, che accompagna le pagine sulla nascita della filosofia eleatica firmate da Giuseppe Benelli, mentre con la dea della musica Euterpe ci trasferiamo nella piana paestana e l’evocazione delle sue profumatissime rose color pastello descritte da Fernando La Greca. La maschera tragica di Melpomene fa da sfondo all’analisi delle incursioni saracene sulla costa cilentane, le sue torri, i suoi paesi arroccati tra mare e collina, con Antonio Capano. Le tante lingue di Poliminia, musa dell’orchestica, della pantomima e del canto sacro apre le porte del Museo di Moio della Civitella, con la sua Pietra incisa, attraverso le parole di Domenico Ienna, mentre l’epifania di Tersicore, dea della danza, avviene nel saggio di Silvia Siniscalchi che descrive i diari di viaggio di Craufurd e Strutt che presentano la nostra terra come reliquiario di arcaicità. Un’Italia arcadica e rurale, quasi ancora vibrante di paganesimo, amata come sorgente inesauribile dell’arte e del bello. Thalia e la commedia sovrintendono agli scritti di Francesco Avolio sul Cilento linguistico, sull’evoluzione dei dialetti e la loro musicale contaminazione, per finire con Urania fascinosa musa delle scienze astronomiche e geometriche e anche dell’amore puro, intellettivo, che pone il suo sguardo sulla Dieta Mediterranea, analizzata da Luigi Crispino, patrimonio dell’umanità. Dal viaggio in Cilento ad una comunità in viaggio, con la banda, simbolo del nostro Sud, che in tour fa rivivere Violette, Mimì, Leonore, Florie, da aprile a ottobre. Pezzo clou del percorso musicale, tracciato da Giannino Romanelli, Con D’Elia e Paolo Viggiani, Traviata, in cui la scena è stata rubata per intero Paolo Russo, che ha racchiuso nel suo flicornino le fulgide agilità del primo atto, lo straziante dialogo con Giorgio Germont, in cui sembra respingere l’ammonimento del cantabile “Di Provenza il mar”, eseguito dal flicorno Lorenzo Anfora, sino all’amami Alfredo rivolto al flicorno tenore di Salvatore Gulli, passando per i numeri d’attrazione(danze di zingarelle, mattatori, piccadori), e il finale di un’opera che muore d’amore. A completare la rosa dei protagonisti il flicornino solista Stefano Riggio, il flicorno soprano Francesco Di Giandomenico e il primo clarinetto Roberto Cantalupo, stelle di una formazione che si è rivelata ben concertata e compatta, sin dall’attacco della marcia sinfonica “Raimondo”, firmata da Walter Farina, seguita dalla rivista d’arte, che ha salutato una l’entusiasmante ouverture Leichte Kavallerie, unitamente a quella calibrata di Dichter und Bauer di Franz Von Suppè, per chiudere con Orphée aux Enfers di Jacques Offenbach. Finale affidato ad una rivista sinfonica composta da Celebration Fanfare di Franco Cardaropoli La Boda di Luis Alonso e ancora virtuosismi per ottoni le variazioni su il Carnevale di Venezia. Applausi dalla piazza sempre viva e dai tavoli dell’osteria che ospitava una reunion di sindaci dei paesi del parco del Cilento, ospiti di Cono D’Elia.