Pina Ferro
“Non volevo solo punire Fiorillo, volevo fare di più. Io volevo gambizzarlo….”. A parlare in videoconferenza è il collaboratore di giustizia Sabino De Maio. L’udienza è quella del processo per il tentato omicidio di Vito Freda per il quale è ritenuto sia il mandante che l’esecutore Luciano Fiorillo, ex cognato del collaboratore di giustizia. L’agguato avvenne a Colliano.
E’ stato proprio Sabino De Maio a puntare il dito contro Fiorillo raccontando, a suo tempo, di aver saputo che questi avrebbe organizzato e messo in atto l’agguato che poi non è andato a buon fine.
Sabino De Maio nel rispondere alle domande del pubblico ministero e dell’avvocato della difesa ha ricostruito i rapporti che aveva instaurato con Fiorillo, quasi di fratellanza un tempo, e che poi sono deteriorati.
Nel testimoniare Sabino De Maio non ha lesinato di far percepire tutto il rancore che provava nei confronti di Fiorillo. Un tempo i due erano come due fratelli, cresciuti insieme. Un legame che si era rafforzato col matrimionio di Sabino con la sorella dell’amico d’infanzia. Tanti i rancori che de Maio nutriva nei confronti di Luciano Fiorillo. In aula il collaboratore ha raccontato di aver riconociuto l’ex cognato dinanzi alla sua abitazione di Montecorvino, mentre impugnava una pistola e tentava di mettere in atto un atto intimidatorio a suo danno. «Mi sono affacciato al balcone, dopo aver sentito alcune persone in strada che urlavano e dicevano “ha una pistola”. Ho visto Fiorillo scendere da un motorino davanti alla mia abitazione. Aveva un passamontagna e la pistola. Ho visto che ha sbagliato portone e si è diretto verso quello di mio padre».
“Se aveva un passamontagna come ha fatto a riconoscere Fiorillo” ha chiesto l’avvocato della difesa e, De Maio senza esitare ha risposto affermando di non avere dubbi, “era lui, lo conosco bene e l’ho riconosciuto anche allora”.
E non ha tentennato neppure quando il legale dopo avergli fatto ammettere di non vedere con un occhio gli ha chiesto come faceva, alla luce delle sue condizioni, a non avere dubbi su chi fosse colui che impugnando una pistola si trovava dinanzi alla sua abitazione. “Era Fiorillo! Ne sono sicuro”. Secca la risposta di De Maio.
«I miei rapporti con Fiorillo sono cominciati a incrinarsi a partire dal 2006. Poi qualche anno dopo si sono rotti definitivamente. Io avevo aiutato Fiorillo concedendogli lo spaccio in alcune piazze, ma lui ha tenuto tutto per se». Già in precedenza il collaboratore aveva spiegato che dall’ex cognato si sarebbe aspettato che questi gli consegnasse una parte dei proventi dell’attività di spaccio. Attività che lo aveva arricchito non poco. Invece ciò non accadde. Tanti i rancori, molti di natura personale. Rabbia che lo avevano indotto addirittura ad organizzare, nel 2008, un agguato a suo danno. Agguato che doveva essere posto in atto con la complicità di Biagio Parisi e Francesco Cesaro così come riportato in uno dei tanti verbali di collaborazione.
Sabino De Maio alla Corte ha poi spiegato di essere stato prima un solidale del clan Pecoraro Renna e successivamente un promotore dell’organizzazione presente sul territorio della Piana del Sele. Le attività principale erano quelle dello spaccio e delle estorsioni. La decisione di collaborare con la giustizia sarebbe arrivata mentre era detenuto ad Oristano. Era il maggio del 2017 quando ha reso le prime dichiarazioni. Dalla Sardegna, dove era detenuto per una pena definitiva, fu trasferito a Salerno per prendere parte ad un’udienza. Da allora ha cominciato a raccontare fatti, e crimini compiuti in nome del clan da lui e da altri. Molte delle cose che fino ad oggi ha riferito ai giudici sono per “sentito dire”. Fatti e circostanze che gli sarebbero state riferite dai suoi uomini. Così come per l’agguato a Fiorillo.Fuorono i suoi uomini a dirgli cosa era accuto, quegli stessi uomini a cui aveva “ordinato” di tenere d’occhio l’ex cognato.