A due anni dalla scomparsa del clarinettista vietrese, nel corso di un incontro presso l’Archivio dell’architettura contemporanea di Salerno, oggi, alle ore 19, sarà presentato il volume delle sue immagini di viaggio dal titolo “Sempre meglio che lavorare”
Di OLGA CHIEFFI
Ogni viaggio è, nella sua essenza, un movimento da un punto a un altro. Geografico, di norma, ma anche interiore. Esistono modi di viaggiare innumerevoli, quanti gli occhi che osservano il mondo. Viaggiare è accostamento, ricerca, scoperta, approdo, tappe, mai meta, vacanza, ozio, avventura. A due anni dalla scomparsa del clarinettista Giovanni Procida, la moglie Alessandra Sciarelli e la figlia, Carla, unitamente agli amici Maria Teresa Schiavino, hanno inteso raccogliere in un volumetto le immagini dei “viaggi musicali” della coppia di musicisti, dal titolo “Sempre meglio che lavorare”, che verrà presentato stasera, nel corso di un incontro presso l’Archivio dell’architettura contemporanea di Salerno, alle ore 19. Infatti, le fotografie scattate da Giovanni, a New York, in Brasile, in giro per il mondo, sono commentate dalla sua compagna d’arte e di vita, la violinista Alessandra Sciarelli. Fotografia, vuole l’etimologia, è “disegnare con la luce”. Un modo di riorganizzare e fermare – in un fotogramma – l’esperienza di un momento, una porzione del mondo che ci circonda, attraverso una combinazione di tempi e diaframmi, volumi e atmosfere. Entrambe le forme d’arte hanno sicuramente un effetto su di noi, con le fotografie ci sono i ricordi che danno vita a sentimenti diversi, nella musica ritroviamo i ricordi e ancora nuove sensazioni; quindi entrambe ti permettono di provare sentimenti molto forti, e quando vengono associate nel modo giusto possiamo vivere un vero trionfo di emozioni. Una fotografia immortala l’attimo, la musica ne consacra il significato, la loro relazione è davvero molto stretta, documento, simbolo, immagine che si ferma nella memoria. Con Giovanni Procida la fotografia è forma di ricerca, espressione di sé, che corre in parallelo, con l’attività musicale, appostamenti per cambiamenti di luce, atmosfere, attese, istanti al di fuori del palcoscenico, momenti d’intensità, “esposizioni” all’insolito. Fotografare è sempre raccontare qualcosa. In viaggio, pezzi di esistenza, brani di paesaggio, storie improvvisate, che vengono narrate con pregnanti interventi anche da Alessandra. “Scopo di ogni artista è arrestare il movimento, che è vita, con mezzi artificiali, e tenerlo fermo ma in tal modo che cent’anni dopo, quando un estraneo lo guarderà, torni a muoversi, perché è vita”. Così scriveva William Faulkner, e la presentazione di questo racconto “famigliare”, vuol essere, soprattutto, un’occasione per ritrovarsi tra amici nel ricordare Giovanni, con la speranza che queste avventure in immagini e parola siano talismano di piccole ebbrezze, ri-avviando quel racconto di amicizia e partecipazione