Di Adriano Falanga
<<La notte non dormo più. Ho ucciso un uomo, è questo che continua ad assillarmi>>. Rino è un 35 enne scafatese, barista. Non è un killer, ma sulle spalle una drammatica vicenda che lo ha visto tristemente ed inconsapevolmente protagonista poco meno di dieci anni fa. Era l’estate del 2008. <<Nei mesi estivi ero chiamato a Rimini per la mia attività di barman. Era una sera di agosto, da poco uscito da casa per recarmi presso l’hotel dove lavoravo. Ricordo che pioveva a dirotto, era già buio, e la visibilità decisamente scarsa>>. Rino procede a velocità ridotta, nonostante la scarsa visibilità, conosce bene quella strada. <<Pochi chilometri ma piena di rotatorie>>. E in una di queste, nel momento in cui si accinge a percorrere la rotonda, sente un botto fortissimo sulla fiancata destra. Il vetro in frantumi. Poi il silenzio. <<Fermo l’auto, scendo e vedo conficcato nello sportello uno scooter. Manca il conducente, che ben presto ritrovo a qualche metro dall’auto, esanime sull’asfalto bagnato e sotto la pioggia intensa>>. Rino preso dal panico scoppia a piangere. I soccorsi prontamente chiamati dagli automobilisti presenti. Ma quando arriva il 118 comincia il calvario, l’uomo, un motociclista del posto quarantenne, è morto. <<Vengo accusato di omicidio colposo, io giuro ripetutamente che non avevo visto la moto, che ero già nella rotatoria>>. In primo grado il barista, oggi operaio a Scafati, viene condannato a 4 anni e otto mesi. Ci vorranno sette anni per stabilire la dinamica esatta. In appello alcune perizie tecniche dimostrano che Rino aveva già impegnato la rotonda, e plausibilmente non avesse davvero visto il sopraggiungere della moto. Complici le pessime condizioni atmosferiche, che con ogni probabilità hanno ingannato anche il motociclista, morto per aver battuto la testa, senza aver indossato il casco. Ma l’assoluzione non aiuta l’automobilista. <<Sono stati anni difficili, per me la condanna maggiore è aver comunque contribuito a togliere un padre a dei bambini. Non potevo fare diversamente, non ho colpe, ma il rimorso è lacerante. Ho chiesto perdono alla famiglia, loro hanno capito. Ma non riesco a perdonare me stesso>> confida l’uomo, visibilmente turbato. <<Ho saputo della donna morta domenica scorsa a San Pietro, investita da un ragazzo poco più che adolescente (Maria Ferrara, 78 anni) Sono vicino alla famiglia della donna, ma anche a quella del ragazzo. Quando accadono simili tragedie, si aprono sempre due fronti opposti, ma simili. Quello della famiglia della vittima, e quello del “colpevole”. A loro va il mio abbraccio>>.
Maria Rosaria Vitiello: La distrazione può costare caro
Era dicembre 2014 quando Maria Rosaria Vitiello, giornalista molto nota a Scafati, si accingeva ad attraversare sulle strisce via Statale. All’improvviso l’impatto, il volo e poi il buio del coma. Si è risvegliata dopo diverse settimane, e nonostante il difficile momento del post incidente, e la lunga riabilitazione, oggi è “rinata” ed è impegnata a 360° nella prevenzione, informazione e sensibilizzazione sulla sicurezza stradale. E’ consulente della Provincia di Salerno. <<Occorre agire su più fronti per trasmettere il messaggio del rispetto delle regole dettate dal Codice della Strada, di anteporre la propria educazione civica e stradale, di stare attenti a se stessi e agli altri. Ricordando che la strada è di tutti: automobilisti, motociclisti, ciclisti e pedoni. Io mi batto per la sicurezza stradale da due anni – spiega la Vitiello – Solo la distrazione può causare vicende come la mia e come tante che si susseguono e che ci spingono a trasmettere segnali nella direzione della cautela, da tenere sempre alla guida. Cautela vuol dire mettere da parte il cellulare, non fare uso di alcol e stupefacenti, evitare ogni forma di distrazione e rispettare la propria stanchezza per evitare i colpi di sonno. Quando si guida, bastano pochi secondi di distrazione per provocare un danno, anche mortale. Non dimentichiamolo mai>>