Di Adriano Falanga
Fino al 7 marzo Pasquale Aliberti resterà in forzato silenzio politico. Oltre ai post di stampo filosofeggiante sulla sua pagina Facebook non può andare e soprattutto non può dare l’impressione che stia ancora alla guida di una compagine politica. C’è l’esposto al Tar avverso lo scioglimento? E’ l’ex maggioranza a presentarlo. C’è il “richiamo” alla triade commissariale riguardo le voci sul nuovo segretario comunale? E’ ancora l’ex maggioranza a farlo. E le risposte agli avversari politici arrivano quasi sempre per interposta persona, a “sdoppiarsi” nel doppio ruolo è il sempre presente Mimmo Casciello, diventato oramai occhi e orecchi dell’ex sindaco. Tiene banco la tesi, naturalmente non ufficiale, del complotto politico. Da un lato Aliberti e moglie Monica Paolino continuano a romanzare fiducia piena e incondizionata nella Magistratura, dall’altro lato però i loro fedelissimi e supporter sono strenui difensori del complotto portato avanti dalle forze di opposizione, Pd in testa. Una tesi però molto inverosimile, che non tiene conto dell’enorme mole di lavoro fatto in sei mesi dalla commissione d’accesso e in un anno e mezzo dall’antimafia. Non solo, se è vero che il ministro dell’Interno Marco Minniti è espressione del Pd, è pur vero che questi ha semplicemente apposto il sigillo ad una decisione già presa e maturata nel tempo. E la riprova è sempre in quelle 36 pagine di relazione prefettizia che gli alibertiani intendono impugnare. “Il quadro generale della gestione del Comune di Scafati, come risultante dall’articolata relazione della Commissione d’indagine e riassunto nelle suindicate forme di illiceità, è stato unanimemente riconosciuto e rafforzato da tutti gli organismi statuali preposti ad assicurare la legalità sostanziale ed il rispetto delle regole fondamentali su cui si fonda il nostro ordinamento – scrive il Prefetto Salvatore Malfi – sia nella riunione del 16 febbraio 2016 che in quella del 28 ottobre ultimo scorso, il Procuratore Generale della Repubblica, i Procuratori della Repubblica di Salerno e di Nocera Inferiore, il Questore, il Comandante Provinciale dell’Arma dei Carabinieri, il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza, il Responsabile della Sezione Operativa di Salerno della Direzione Investigativa Antimafia, pur in ragione delle specifiche diversità di ruolo istituzionale, nel condividere il quadro generale del territorio del Comune di Scafati e la completa ed articolata relazione della Commissione d’indagine, hanno unanimemente offerto il medesimo punto di vista. Gli elementi forniti hanno consentito, a tutti i partecipanti al Comitato, anche in ragione degli ulteriori significativi elementi consegnati dal Procuratore della Repubblica DDA, e condivisi, in quella sede, di poter ritenere pienamente sussistenti i presupposti per la proposta di scioglimento dell’amministrazione comunale di Scafati per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso o similare“. E se davvero la relazione prefettizia presenta errori come sottolineato dall’ex primo cittadino, restano in piedi però le decisioni del Gip Donatella Mancini e del tribunale del riesame di Salerno. Quattro giudici che hanno sostanzialmente concordato, in tempi e fasi diverse, la tesi del patto elettorale intercorso tra Pasquale Aliberti e i diversi clan nel tempo egemoni sul territorio. Per la Mancini si tratta di corruzione elettorale, reato per il quale non è revisto l’arresto cautelare, mentre per il riesame (e per il pubblico ministero) il reato è voto di scambio politico mafioso, che prevede la misura restrittiva dell’arresto. Ed è su questo che la Cassazione è chiamata a pronunciarsi il prossimo 8 marzo. Insomma, le eventuali responsabilità e colpe emergeranno nel processo, che per altro deve ancora cominciare, e noi ci auguriamo la piena assoluzione per tutti i coinvolti. Ma una cosa è però certa, e lo è già ora: a Palazzo Mayer qualcosa comunque non andava come doveva andare. Da qui lo scioglimento
L’IMPERATIVO E’ RISPRISTINARE LA LEGALITA’
Si avvia a conclusione il mese di Febbraio, un mese importante, il primo dei diciotto di durata dell’amministrazione straordinaria guidata dal prefetto Gerardina Basilicata con il vice prefetto Maria De Angelis e il dirigente Augusto Polito. Scafati è città commissariata, le Istituzioni elette sono state sciolte dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella perché permeate di azioni illecite e illegittime frutto di un sodalizio elettorale, non sempre indiretto, tra amministrazione comunale e criminalità organizzata. E’ il secondo scioglimento che la città subisce dopo quello del 1993. In queste due settimane la triade commissariale si è trincerata nel più stretto riserbo e riservato silenzio. Non solo, ai dirigenti e funzionari di Palazzo Mayer è stato chiesta la piena e totale riservatezza sugli atti prodotti, e soprattutto, non deve esserci determina dirigenziale che sia resa operativa senza aver avuto prima il benestare dei commissari. L’Ente è pressochè blindato, all’ingresso un drappello di Vigili Urbani che mai c’è stato. Quotidianamente la presenza degli uomini dell’antimafia, che continuano le loro indagini ma forniscono anche supporto logistico e amministrativo alla triade commissariale. Ogni atto, ogni determinata, ogni concessione e permesso deve essere vagliato. E non si tratta di “censura”, come polemicamente qualcuno vuole lasciare intendere. La gestione straordinaria di un Ente sciolto per camorra è radicalmente diversa dalla gestione ordinaria di un Ente con sindaco dimissionario in attesa di elezioni. Lo scioglimento ha infatti decretato la sospensione della democrazia diretta, niente voto, perché l’imperativo è uno: ripristinare la legalità. Niente è più scontato e nulla può essere concesso in deroga a regolamenti o normative. Anche il semplice accesso alla casa comunale diventa complicato e non deve stupire se la tradizionale uscita dei carri di carnevale viene annullata perché ritenuta “ostacolata” dalla triade commissiarale. Se fino allo scorso anno il Comune dava il patrocinio e concedeva un contributo economico ai carri, oltre a sostenere la logistica della manifestazione e promuovere l’evento, con lo scioglimento nessun patrocinio viene concesso ma anzi, vengono chiesti migliaia di euro per l’occupazione di suolo pubblico, nessuna sorveglianza ad opera della Polizia Locale e ogni carro dovrà rispettare, con zelo, ogni minima norma che disciplina la materia. E’ lo Stato che, contrariamente alla politica, chiama al pieno rispetto di leggi e regolamenti. E non deve neanche stupire se la riapertura del centro disabili Raggio di Sole non sia così semplice come lo è statala sua gestione in quindici anni. Bisogna capire chi e come dovrà occuparsi del centro, e tutto si allunga, perché ogni nominativo e procedura deve essere scrupolosamente vagliata dai funzionari ministeriali. E le indagini in corso lasciano pensare ad una nuova cooperativa alla guida della struttura ospitata nel centro sociale di San Pietro, scelta direttamente, ed a insindacabile discrezione, dalla commissione straordinaria. E’ nei loro poteri fare affidamenti diretti anche oltre le soglie di legge, per le quali è prescritta gara pubblica. Ed è nei poteri della commissione anche annullare e revocare ogni gara già chiusa e affidata, qualora dovessero emergere anche semplici elementi che possono generare perplessità sulle procedure. Allora neanche deve meravigliare la mancata partenza del nuovo piano di sosta, nonostante il contratto sia stato già sottoscritto mesi fa tra l’Acse e la Publiparking, vincitrice della gara d’appalto e attuale gestore. Tre funzionari inviati direttamente dal Governo centrale con poteri pari a quelli di sindaco, giunta e consiglio comunale. E non deve stupire neanche se dal mese di settembre scorso i circa quaranta uomini della Polizia Municipale sono senza comandante in capo, per volontà dell’ex primo cittadino guidati dai tre capitani a rotazione quindicinale. Tre comandanti in pectore, due dei quali (Antonio Cavallaro e Ferdinando Raiola) citati nel decreto di scioglimento. Il primo è tirato in ballo dall’ex comandante Alfredo D’Ambruoso, per la sua “disinvoltura” e “autonomia” con la quale si occupa, da anni, del settore Abusivismo Edilizio. L’altro è invece sotto processo per presunti favori fatti ad un parente ritenuto vicino al clan Matrone. Quanto alle partecipate, non deve stupire se a stretto giro la commissione azzerererà ogni cda e nomina, piazzando professionisti di comprovata esperienza alla loro guida. Il 7 marzo sarà congedato il cda dell’Acse, mentre il 21 è in calendario l’azzeramento di quello della Scafati Sviluppo.