Questa sera, alle ore 21, sul palcoscenico del Centro Sociale “R.Cantarella” di Salerno, il secondo appuntamento della stagione teatrale Mutaverso firmata da Vincenzo Albano
Di Olga Chieffi
Sarà il Premio della Critica 2016 di Direction Under 30, la compagnia Bahamut con lo spettacolo “It’s app to you” l’ospite del secondo appuntamento della Stagione Teatrale Mutaverso di ErreTeatro, firmata da Vincenzo Albano. Dopo il grande successo di critica e pubblico dello spettacolo inaugurale, stasera sul palcoscenico dell’Auditorium del Centro Sociale “R. Cantarella” di Salerno, alle ore 21, riflessione di Andrea Delfino, Paola Giannini, e Leonardo Manzan, anche in veste di regista sul mondo del reale e del virtuale, un gioco “vero” a tre dimensioni. Per una sera, uno spettatore viene scelto dal videogame per interagire con lui, a differenza di quanto accade normalmente, quando è il giocatore a scegliere. Algoritmo è il creatore del videogioco, figura divina sottoposta ad una condanna, quella di scrivere eternamente nuove storie per il gioco, da sempre si tiene sveglio a forza di caffè. 46 è il personaggio del videogioco, una ragazza che si risveglia morta nella sua stanza. 46 sceglie il suo giocatore dalla platea, 47, spettatore solipsista, alter ego umano di Algoritmo, fermamente convinto che tutto il mondo sia solo il frutto della sua immaginazione. 47 dovrà scaricare sul suo cellulare “It’s app to you” un’applicazione per poter governare e muovere 46. Lo scopo del gioco è trovare l’assassino di 46 e ucciderlo. Nella ricerca degli indizi, tra tutorial, dialoghi impossibili e sfide da superare, nello sforzo di comunicare l’una con l’altra, realtà e virtualità si scontrano. Ai confini della scena Algoritmo, insieme tecnico luci e audio, per tutto il videogioco da la voce a 46 doppiandola in diretta. Il solipsista alle prese con 46 avrà un attimo di respiro soltanto durante i caricamenti del gioco durante i quali urlerà al pubblico le sue più urgenti intuizioni sul mondo. 47 tenterà in tutti i modi di scardinare i limiti di 46, che molto lentamente riuscirà a progredire portando Luigi a riflettere sui propri limiti e a riconoscere le somiglianze tra sé e 46. Il precipitare degli eventi porterà i due personaggi a sovrapporsi fino ad una fatale sostituzione finale. L’uomo solipsista finirà intrappolato nella realtà virtuale. Un personaggio totalmente privo di libertà ed un altro convinto che l’intero mondo dipenda dalla sua volontà, si accorgeranno di essere due facce della stessa medaglia. Il videogioco porterà il più presuntuoso degli uomini ad affrontare l’evidenza del suo limite e, seppure il solipsista continuerà a credere nel suo potere, il gioco avrà la meglio. Sottotitolo della piéce è “o del solipsismo”, termine che allude all’assoluta invalicabilità della coscienza, per cui l’Io conosce, a rigore, solo se stesso (solus ipse) e gli altri solo come contenuti della propria coscienza. Il termine più antico per indicare questo assunto è egoismo, che nel caso di questa rappresentazione ci riporta a Carnap e al suo solipsismo metodico, a proposito della scelta degli elementi fondamentali, “Grundelemente”, poiché per tali elementi, che sono quelli in base ai quali si può ricostruire logicamente il mondo, Carnap sceglie, come Wittgenstein, i fatti immediati di esperienza, o come egli dice, “la base psichica propria”. L’esistenza delle altre menti può essere solo inferita per via di un’ analogia che l’Io osserva tra sé e gli altri esseri umani. E ci sarebbe già da chiedere che forma abbia quest’inferenza. La conclusione che ci siano altri al di fuori di sé, essendo tratta da un’analogia con il sé fisico non porta tuttavia l’Ego realmente fuori dall’isolamento solipsistico; egli resta, infatti, irretito nell’autoreferenzialità della propria mente, della quale soltanto, indipendentemente da qualsiasi estraneità da sé e di sé, estraneità corporea, estraneità segnica o alterità, per osservazione diretta dunque, ha conoscenza certa, e non riesce a sciogliere la possibilità di dubbio sull’altro, il quale, pensato nei termini di una sorta di inferenza intuitiva, pura, logica, può ancora rivelarsi nient’altro che un’illusione.