Le interviste impossibili: Tom Rosati - Le Cronache
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Le interviste impossibili: Tom Rosati

Le interviste impossibili: Tom Rosati

di Tommaso D’Angelo

“Zoticone, fui definito uno zoticone!”. Tom Rosati non smentisce la sua fama di duro nemmeno volando sopra il cielo blu di Salerno. Del resto la Salernitana gli ha regalato la sua prima soddisfazione da allenatore non riservandogli qualche amarezza come due esoneri. Però quella definizione via tv (campionato 78/79) nelle prime trasmissioni sportive su Telesalerno 1 gli è rimasta ancora nella mente.
“Sì, fu il presidente Paolillo a definirmi così ma devo dire che fu sollecitato abilmente da quel tuo collega dalla chioma fluente –si fa per dire- che scriveva sul Mattino e in tv. Casciello, sì, Enzo Casciello si chiamava. E poi fu anche esonerato”.
Va bene mister, ma è passato qualche anno e oggi inizia il campionato di prima divisione, l’ex serie C.
“ Conosco bene quel campionato anche se ai miei tempi il calcio era altra cosa. Sacrificio, allenamenti e guai a sgarrare. Ora è un calcio per donnine”.
Forse più romantico…
“Giovanotto, sa come venni a Salerno? Io allenavo il Cosenza e dovevamo incontrare una Salernitana che era in difficoltà di classifica nell’ultima giornata di campionato. Fui avvicinato da un dirigente Bruno Somma, ricordo che ci incontrammo al bar Varese e insomma mi fecero capire che se la Salernitana si fosse salvata l’anno prossimo ne sarei stato l’allenatore. I granata vinsero facile per 4 a 0 ed evitarono la retrocessione. Io aspettai la chiamata ma di Somma, un dirigente abile e furbo, non ebbi notizie. Poi all’improvviso la telefonata e l’ingaggio perché, seppi dopo, un altro allenatore aveva rifiutato. Fu la fortuna della Salernitana l’anno dopo: vincemmo il campionato e andammo in serie B”.
Un colpo di fortuna…
“Ma quale fortuna giovanotto. E’ vero, non eravamo partiti per vincere il campionato ma la squadra fu ben costruita e avevamo un pubblico eccezionale. Fortuna? Subito si infortunò Prati che saltò una quindicina di partite, poi la beffa de L’Aquila che conoscete bene. Fummo costretti a ripetere la partita quando avevamo già festeggiato al Vestuti la promozione la settimana prima. Il Cosenza godeva di grandi appoggi politici e riuscì a far rigiocare la gara che dovevamo vincere a tavolino per una invasione di campo. E la partita al Vestuti con l’Ascoli? Gli avversari segnarono al 95 con un tiro deviato da una pietra. Comunque fu una grande vittoria, con giocatori eccezionali. Piccoli, Cignani, Scarnicci e tanti altri”.
Poi la prima delusione l’anno dopo.
“Una stagione nata male che eravamo riusciti a raddrizzare per la verità ma le difficoltà erano enormi. Ad esempio Prati e Corbellini ritornarono al Milan e non furono sostituiti adeguatamente, ci fu il problema del Vestuti e infine quello societario”.
Ci spieghi meglio
“Quell’anno fu messo l’obbligo che nei campionati di A e B bisognava giocare su campi in erba. Mi ricordo il giorno prima dell’esordio casalingo in Coppa Italia che i giardinieri del Comune prendevano le zolle dei giardinetti e le sistemavano alla meglio sul terreno dello stadio. Non c’erano soldi e l’idea venne ad un altro dirigente della Salernitana. Riuscimmo a stento a cambiare i pali delle porte che dovevano essere ovali e non più quadrati. Si viveva alla giornata, alla quarta battendo il Catania al Vestuti cominciammo a fare punti. Ma alla fine la crisi societaria con l’andata via dei Gagliardi ci ridusse allo stremo. Per la trasferta di Verona cacciammo i soldi io e Scarnicci che da salernitano diede l’anima per salvare la squadra”.
Poi l’esonero.
“Una fesseria. Presero tale Montez che non fece nemmeno un punto in dieci gare, che fregatura”.
Però Salerno è Salerno.
“Per me e la mia famiglia una seconda patria. Qui ho avuto e allenato anche mio fratello, ne prendeva sganascioni il poverino anche quando non c’entrava. Ma era mio fratello…”
Quindi è vero che usava le mani…
“Quando ci voleva ci voleva. Vi siete tanto scandalizzati per la vicenda Rossi ma solo perché c’erano le telecamere. Prima succedeva lo stesso e nessuno fiatava. Poi la tv che ha rovinato tutto, chiedete a Cozzella, è ancora dei vostri…”.
La beffa di Barletta…
“Fu il presidente Tedesco, un galantuomo, a volermi di nuovo alla guida della Salernitana per vincere il campionato. (70/71). Venivo da due anni che avevo allenato la Casertana, derby memorabili con i granata, e l’avvocato mi convinse a tornare a Salerno. Fece una grande squadra con un attaccante strepitoso: Pantani. Il Lecce, con cui giocate stasera, se lo ricorda ancora. Purtroppo fummo beffati dal Sorrento sul filo di lana, anche qui qualcosa non mi convinse. Perdemmo a Barletta contro una squadra retrocessa. Andammo pure in vantaggio con Daolio, poi non capimmo più niente. Qualcuno disse che a infiammare l’ambiente fu Pantani che aveva il vizietto di sfottere gli avversari. Poi pareggiammo in casa con il Martinafranca e per un punto perdemmo il campionato. L’avvocato fece anche ricorso per il Sorrento non aveva il campo ma Lauro era furbo come una volpe. Portò il Sorrento a Napoli e fummo fregati”.
Non c’è due senza tre
“Altra amarezza e altro esonero, campionato 78/79. La squadra non riusciva a decollare nonostante gli acquisti, troppe polemiche e forse troppi ricordi delle vittorie passate. Poi ci si mise anche Zenga. Lo ricordate? Fu impallinato dal Pisa e lo cambiai, uscì dal campo tra le lacrime. Poi venni cacciato dopo la sconfitta. Ma anche la vicenda di Zenga fa parte della storia”.
Ne avremmo cose da raccontare…
“Ci vorrebbe un libro, anzi un’enciclopedia per raccontare quegli anni, la forza di quei giocatori, le difficoltà societarie, la figura di Scozia che fu commissario, la bravura e la signorilità di Tedesco, le goliardate di Carmando e tanto altro. Qui Bruno quando gioca la Salernitana va in tranche, sembra che stia ancora su quella panchina”.
Stasera tocca alla Salernitana…
“Un in bocca al lupo ai tifosi, ho visto che saranno tanti come ai tempi del Vestuti. Era la nostra arma in più. E un consiglio”
Dica Mister…
“Dica a quel giovanotto di Sanderra di stare attento, Salerno non è Latina. Con me Lotito non sarebbe mai entrato negli spogliatoi. A buon intenditor…”