La legge Severino torna oggi alla Corte Costituzionale. Poco più di un anno fa, il 20 ottobre 2015, la Corte aveva già esaminato la legge sulla scorta di un ricorso che coinvolgeva il sindaco di Napoli, de Magistris, e la sua condanna in primo grado per abuso d’ufficio nel processo Why Not. Quel ricorso fu rigettato e la legge Severino dichiarata legittima. Ma il giorno dopo de Magistris fu assolto in appello per Why Not e per lui lo spettro della Severino si allontanò. Ora il tema torna all’attenzione della Consulta per profili in parte diversi da quelli sollevati da de Magistris, che puntò molto sulla presunta retroattività della norma, aspetto che fu ritenuto infondato. Questa volta si fa leva anche sull’eccesso di delega e si chiede di accertare se nel 2012, con il decreto attuativo della Severino, il governo non abbia travalicato i limiti imposti dalla legge delega, quando ha introdotto l’abuso d’ufficio tra i reati per cui scatta la sospensione e ha previsto che un sindaco o un consigliere siano sospesi anche per una condanna non definitiva. Se la Consulta dovesse accogliere questa tesi, la norma verrebbe travolta con effetti per tutti quegli amministratori locali che, per una condanna non passata in giudicato, sono stati sospesi dalla carica. A chiedere il vaglio della Consulta sono stati la Corte d’appello di Bari, per la posizione di un consigliere regionale, e il tribunale di Napoli, per il caso che ha coinvolto il governatore Vincenzo De Luca. Una vicenda, quest’ultima, che ha fatto a lungo parlare di sé nei mesi scorsi, ma che arriva alla Corte praticamente ‘disinnescata’. De Luca, infatti, aveva riportato la condanna a un anno per abuso d’ufficio per la nomina di un project manager per la realizzazione del termovalorizzatore di Salerno. Ma in appello la sentenza è stata ribaltata e De Luca assolto “perché il fatto non sussiste”. Di conseguenza anche la sua sospensione ha perso senso. Sospensione che, per altro, non è mai scattata perché De Luca impugnò il provvedimento di fronte al tribunale civile, che bloccò tutto in attesa che la Corte Costituzionale si pronunciasse. Quella pronuncia arriverà nei prossimi giorni e chiuderà anche la partita ancora formalmente aperta di fronte al tribunale civile. L’altra vicenda riguarda invece Fabiano Amati, del Pd, consigliere regionale in Puglia, una condanna a un anno e 8 mesi con pena sospesa per abuso d’ufficio e falso, per fatti del 2009, che ha prodotto, anche su di lui, gli effetti della legge Severino. Anche in questo caso la sospensione dalla carica è stata impugnata, fino in Corte d’appello, e i giudici di secondo grado l’hanno congelata rinviando gli atti alla Corte Costituzionale, che martedì si pronuncerà.
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