di Andrea Pellegrino
Finisce sempre così (o quasi) quando un investimento, il più delle volte immobiliare, non va nel verso giusto e manda tutto all’aria. E chi più del cavaliere Giuseppe Amato ha saputo come è stato complicato passare da Re incontrastato della pasta a sfortunato protagonista di vicende giudiziarie e fallimentari che hanno distrutto il suo impero. Via Picenza la sua fortuna e la sua sfortuna. Proprio lì, nell’imponente struttura – oggi abbandonata dopo il naufragio del progetto di riqualificazione – era nato il mito del “cavaliere della pasta”. Le confezioni Amato, in un determinato periodo della crescita dello stabilimento, facevano sentire a casa un salernitano in quasi ogni supermarket d’Italia e del mondo. Ma dalla pasta al mattone si racchiude la parabola ascendente e discendente del cavaliere, toccato dall’inchiesta del crac Amato che portò in manette il 28 giugno del 2012 cinque persone, tra cui l’ex parlamentare Paolo Del Mese e l’ex amministratore della società Peppino Amato (nipote del cavaliere). Una inchiesta che poi ha toccato perfino i vertici dell’allora fondazione Mps. Un impero che cadeva velocemente, dopo i primi colpi della crisi economica che avevano toccato lo stabilimento, intanto trasferitosi nella zona industriale di Salerno, costringendo alla cassa integrazione i dipendenti, sotto le macerie anche di operazioni immobiliari e di un sogno tutto salernitano – degli ultimi anni – di realizzare case di lusso. In via Picenza l’architetto Jean Nouvel immaginava, al posto del pastificio, la realizzazione di abitazioni, strutture per il commercio e la cultura, spazi di aggregazione sociale, parcheggi ed anche una scuola. Un progetto ambizioso che convinse anche l’allora sindaco – oggi governatore della Campania – Vincenzo De Luca, al punto da inserirlo nelle consuete “21 opere per San Matteo” dell’anno 2009. Alla sua presenza, il taglio del nastro del cantiere avvenne il 15 settembre, una settimana prima dei festeggiamenti del Santo Patrono di Salerno. Una festa finita male ed in corposi fascicoli giudiziari alla Procura di Salerno e poi nelle aule di Tribunale dove ancora si celebrano i processi. Indagini che hanno scoperto anche collegamenti ed intrecci con altre opere pubbliche della città di Salerno. A partire dalla Piazza della Libertà – l’opera di punta dell’amministrazione De Luca attualmente ancora ferma – che conserva alcuni resti del dismesso pastificio di via Picenza. Le inchieste ed i processi ancora dovranno stabilire fatti e circostanze ed anche le eventuali responsabilità. Ma il Cavaliere, durante gli ultimi anni, dalla sua ha già pagato un prezzo altissimo e se oggi fosse stato ancora sulla cresta dell’onda anche le commemorazioni sarebbero diverse. Con la morte di Giuseppe Amato va via un pezzo della città e anche di un mondo imprenditoriale che non c’è più già da tempo. Ultimo simbolo imprenditoriale di una città che negli ultimi venti anni ha deciso di dismettere una zona industriale per far spazio al turismo, mai decollato. E purtroppo anche il Cavaliere Amato, direttamente o indirettamente, si era probabilmente lasciato affascinare da un modello di città disegnato solo sulla carta e semmai firmato da un archistar di fama internazionale.