di Andrea Pellegrino
Da Cava de’ Tirreni ad Istanbul nel bel mezzo di un tentato colpo di stato. Sara Monetta, giornalista cavese e già nostra collaboratrice, ha vissuto fino in fondo la notte drammatica della Turchia. Lei si trovava al lavoro, proprio in una delle televisioni offuscate dai golpisti. «Ero a lavoro al canale internazionale, lingua inglese della tv di Stato – racconta Sara Monetta – quando intorno alle 22,00 ora locale abbiamo visto che l’esercito aveva bloccato due ponti e dei jet stavano sorvolando Ankara. Abbiamo visto dei soldati entrare nel nostro edificio con kalashnikov e ci hanno ordinato di spegnere tutto, interrompere tutto e di andare via. Una volta fuori hanno preso i nostri cellulari e ci hanno detto di andare. Alcuni membri dello staff avevano delle auto nel parcheggio della televisione ma non hanno potute prenderle». «Mi sono incamminata a piedi – dice ancora la giornalista – ma le strade erano bloccate, era impossibile raggiungere casa mia senza rischi. Insieme ad altri colleghi abbiamo trovato ospitalità in una casa di una nostra collega che abita lì vicino. Siamo rimasti lì la notte intera. Dopo che il presidente Erdogan ha invitato i turchi a scendere in strada si è creato un assembramento dei dimostranti in strada. Dimostranti che hanno affrontato l’esercito che ha sparato in aria. Si sono sentiti colpi d’arma da fuoco, qualche finestra dell’appartamento in cui ci trovavamo si è infranta. Abbiamo passato la notte in corridoio, lontano dalle finestre e dai vetri, al buio per non attirare l’attenzione e ascoltavamo la radio per capire gli sviluppi».
Ma ancora racconta Sara Monetta, a pericolo ormai fortunatamente scampato, «quando sono entrati i soldati nel nostro edificio, siamo stati molto calmi. Abbiamo cercato di fare quel che ci dicevano. Nel momento in cui sono uscita fuori mi sono resa conto della gravità della cosa. All’inizio non credevamo che fosse un vero e proprio colpo di Stato, credevamo ad un attacco terroristico». Quanto all’accaduto, la giornalista dice: «Sono rimasta impressionata dalla forza d’animo dei turchi che hanno risposto immediatamente all’appello di Erdogan. Hanno manifestato e hanno dimostrato che non vogliono un’altra dittatura militare ed hanno pagato anche al prezzo della loro vita».
Il giorno dopo tutto è poi ritornato alla normalità: «Sono perfino passati i netturbini a prendere la spazzatura. Instanbul reagisce sempre in questo modo, con un immediato ritorno alla normalità. Se una persona fosse andata a dormire alle 21,30 e si fosse svegliata poi intorno alle 9,00 non si sarebbe accorta di nulla»