E’ latitante da oltre dieci anni. Da quando fu smantellata l’associazione camorristica legata al clan D’Agostino-Panella che gestiva il malaffare nella city. Chissà se Vladimiro Arpaia avrà appreso in qualche modo che il sostituto procuratore antimafia, Vincenzo Montemurro, ha avanzato una richiesta di condanna a nove anni al termine della requisitoria. Il salernitano è a processo per estorsione ed intestazione fittizia di beni. Al termine della discussione del pubblico ministero d’udienza (il titolare dell’inchiesta era Filippo Spiezia) le arringhe degli avvocati difensori. In sostanza davanti al collegio della seconda sezione penale (presidente Siani, Trivelli e Cantillo a latere) è riuscita a completare la discussione soltanto l’avvocato Giovanni Falci. Tre ore di arringa nel corso della quale l’avvocato ha evidenziato le incongruenze emerse nel corso delle indagini preliminari puntando l’indice sul pm titolare delle indagini, Filippo Spezia, che non avrebbe tralasciato alcuni aspetti di rilievo nella fase della raccolta delle prove. Elementi contrastanti che nei fatti non comproverebbero la responsabilità penale del proprio assistito. Ad Arpaia viene contestata una tentata estorsione contro Demetrio Manzi. Tutto è legato alla restituzione di un prestito. Operazione che secondo la Procura avrebbe successivamente determinato la cessione di un immobile, di proprietà del papà di Manzi, che Arpaia, secondo il teorema accusatorio, avrebbe intestato fittiziamente ad un professionista amico totalmente estraneo ai fatti ed ignaro delle attività poste in essere dal salernitano tutt’ora latitante. Al termine dell’arringa dell’avvocato Giovanni Falci i giudici della seconda sezione penale hanno rinviato l’udienza per la discussione dell’avvocato Alfano e per eventuali repliche. Al termine delle quali i giudici si ritireranno in camera di consiglio per la sentenza. Secondo gli inquirenti Vladimiro Arpaia fin dai primi anni ’90 è stato indagato quale contiguo al gruppo criminale di matrice camorristica operante in Salerno capeggiato da D’Agostino Antonio e Giuseppe e Capri Francesco che tra gli anni 2004 e 2006 si era fronteggiato con quello di Faggioli Vincenzo e Angelo Ubbidiente. In particolare le approfondite indagini finanziarie hanno consentito al personale della Dia di rilevare che durante la sua diversificata carriera criminale aveva acquistato nel 2002 un centro estetico di elevato valore ubicato in Pontecagnano (Sa) nel centro commerciale il Granaio, con i proventi degli illeciti traffici, pronto per essere ceduto al clan napoletano dei Sarno operante in Ponticelli, storico alleato del clan D’Agostino. Al fine di eludere i controlli di polizia Arpaia lo avrebbe acquistato e intestato in modo fittizio ad una ragazza quale “testa di legno”. L’udienza del complesso processo (la posizione di Arpaia è stata stralciata) è stata rinviata al 24 marzo per la decisione finale dei giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno.
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