Di Adriano Falanga
Comincia a intravedersi una schiarita sul rimpasto di giunta. La maggioranza sembra aver trovato una sintesi, e tra qualche malumore e delusione, appare chiaro che l’annunciata rivoluzione promessa da Pasquale Aliberti non ci sarà. Nessun azzeramento, in piedi la sola velleità di Teresa Formisano a cui si è aggiunto in extremis Bruno Pagano. Entrambe le candidature sono in bilico però perché non si capisce chi dovrebbe uscire, se Antonio Pignataro, unico assessore non eletto, oppure Antonio Fogliame, dalla maggioranza considerato il più “debole” quanto a trovare sostegno tra i consiglieri. Sembra essersi rassegnato, ancora una volta, anche Mimmo Casciello. Per lui nessuna possibilità di poter nominare una quota rosa esterna, ed è escluso il suo ingresso diretto in giunta, per la oramai nota questione “Giacinto Grandito”. E nel merito l’ex vicesindaco ha fatto sapere di non avere nessuna intenzione di far parte dell’amministrazione Aliberti, anche perché è oramai totalmente immerso nel suo lavoro. Insomma, non sarebbe di certo lui il “male assoluto” di Pasquale Aliberti. Nessuna mozione di sfiducia da portare in consiglio comunale, nessun stravolgimento, passa la linea della maggioranza, contraria a quanto in un primo momento aveva chiesto Aliberti. Dopo il flop decadenza, e sfumata la possibilità del terzo mandato consecutivo, appare oggi una squadra di consiglieri sempre più di maggioranza, e meno alibertiana. Martedi sera nell’ennesima riunione, a cui era assente Brigida Marra, i consiglieri hanno deciso per la sola rimodulazione delle deleghe. Toccherà poi al sindaco decidere chi assessore “sgravare” e a favore di chi. Sul piatto le disponibilità di Daniela Ugliano per l’Ambiente, Carmela Berritto per la Polizia Municipale, Diego Del Regno per gli Affari Legali, e se non ci sarà un assessorato, potrebbe ripiegare sulle politiche sociali Bruno Pagano. Se fosse messa in discussione anche la delega alla Manutenzione, potrebbe farsi avanti Roberto Barchiesi.
La rimodulazione delle deleghe, volendo ragionare, appare priva di significato. E’ di certo un modo per tenersi “impegnati”, ma di fatto la delega resta istituzionalmente in capo al sindaco, che conserva il potere di firma parimenti assegnato al solo assessore. C’è chi invece la vuole vedere sotto un profilo diverso: avere voce in assenza di responsabilità. E questo perché un consigliere delegato non firmerà mai nessun atto ufficiale. Appare però più convincente l’ultima analisi, quella che vede la giunta in contrapposizione con la maggioranza. Non è la prima volta che i consiglieri si sono lamentati di riscontrare uno scarso confronto con i loro assessori, con alcuni più di tutti. Da qui il desiderio di ridimensionarli, come a volerli “costringere” al confronto con loro. Un modo per abbassare il muro di superbia di qualcuno, e far sentire tutti pienamente amministratori. Ma questo cozza con quanto ha voluto invece il legislatore italiano. Il consigliere comunale infatti non ha e non deve avere potere esecutivo, bensì di controllo. Il consiglio comunale compresa la maggioranza ovviamente, ha il compito di vigilare sull’operato dell’esecutivo, o meglio della giunta, che risponde esclusivamente al sindaco che l’ha nominata. Tirando le somme, è già un buon segno l’aver in qualche modo trovato una soluzione a quella che rischiava di trasformarsi nell’ennesima impasse istituzionale dopo la decadenza. Adesso l’ultima parola spetta al primo cittadino, che può ratificare la decisione presa dai suoi, oppure andare avanti con la sua linea d’azione, e fare come lui stesso ritiene opportuno.