Anime, animali di Rino Mele - Le Cronache
Editoriale

Anime, animali di Rino Mele

Con la loro presenza quieta, le zampe affondate nel tempo come in un’inconsumabile nebbia, gli animali ci insegnano gli stretti sentieri della morte, della fine vorace. Quelli domestici ci somigliano tanto che ormai tremano, gioiscono, sono stupidamente gelosi, futilmente golosi, tra poco sapranno entrare in un museo e guardare un oggetto fuori della sua funzione, che è poi lo spazio dell’arte. Ma chi ha la fortuna di vedere da lontano il salto arcuato della lince, o almeno sentire l’afrore di un puledro appena nato, può scoprire il ritmo che non ci appartiene, il lontano orizzonte delle cose, la voce eterna della Madre (la madre di tutto) che divora e mette alla luce con la stessa indifferente bramosia. La vita non ci appartiene, noi apparteniamo ad essa: è una semplice verità che gli animali conoscono e non dimenticano, ma gli umani (frivoli e tremebondi, stupidi e crudeli) rifiutano. Nemmeno morendo, gli animali escono dalla vita perché sono sommersi da essa fin dall’inizio. Invece noi, bipedi spiumati, costretti a passeggiare sulle rive, a inutilmente specchiarci nell’acqua originaria, chiediamo non il grande sguardo della Madre ma, sempre, miseramente cerchiamo il nostro incerto profilo. Più degli animali, vicine alla perfezione sono le piante: non corrono, non si spostano, se non nella forza delle radici e dei rami. Ma hanno troppa vita per non soffrire e far soffrire (in una pagina di Musil, si legge: “Quando mi guardai intorno, fu come se gli alberi mi circondassero, fissandomi muti”). Solo le pietre, vive nella loro morte, si salvano forse dal dolore ed è quell’infinita pace a segnare la disposizione senza confini che è l’Assenza, l’assoluta Mancanza che noi non conosciamo se non in una sua deformata ombra (impoverita rappresentazione): l’oscena sottrazione di un oggetto quando riflette una perdita non misurabile che produce il desiderio. Penso alle corse d’aria degli animali, le selve strette d’ombra quando legano nella corsa il piede, le fresche pietre, chiare nel mare.