Buon concorso di pubblico nella sala concerti del Conservatorio Martucci di Salerno per il concerto del compositore genovese che ha presentato il suo “Quaderno di esercizi”
Di OLGA CHIEFFI
“Confini mediterranei” è il tema del V festival di musica elettroacustica e contemporanea, ideato da Silvia Lanzalone, unitamente a Giancarlo Turaccio, promosso dal Dipartimento di Nuove Tecnologie e Linguaggi Musicali in collaborazione con il dipartimento di Teoria, Analisi e Composizione del conservatorio “G.Martucci” di Salerno, che ha affidato l’apertura al compositore genovese Roberto Doati, il quale ha tenuto una masterclass ispirata al motto “Contro il muro della forma e del tempo”. Una scelta indovinata questa della docente salernitana Silvia Lanzalone, poiché Doati ha il Mediterraneo dentro e lo vive musicalmente, un termine questo che possiede la stessa radice del termine “mediazione”. Nella cultura contemporanea il termine “medium” significa “mezzo” in quanto strumento, interfaccia. La mediterraneità non è solo la condizione del comunicare in senso geografico ma anche e soprattutto del trasmettere; mediterraneità è medium, è opportunità di confrontarsi. Mediterraneità è una condizione che si sviluppa sia all’ interno di uno spazio fisico ben definito, sia in altri luoghi più immateriali come quelli della mente, il cui contorno è confine fra un “dentro” e un “fuori”. Il dentro è il luogo della mediazione, il luogo dell’intelligenza, dell’invenzione e dello scambio mentre, l’esterno è il thesaurum, cioè la riserva delle diversità. Il Mediterraneo è legato ai miti del divenire e del trascorrere, dell’ instabilità, del dualismo, il suo essere è anfotero come l’apollineo e il dionisiaco, come la notte e il giorno, come la luce e l’ombra. Un termine, il Mediterraneo, che nella scaletta della masterclass è stato sviscerato attraverso l’iperviolino, uno strumento che grazie ad appositi sensori produce suoni elettronici, “Un tentativo di aprire nuovi orizzonti musicali – spiega il docente Roberto Doati – di abbinare musica e tecnologia, in un fertile scambio di esperienze diverse ma complementari” . Si è passati quindi ad Artaud e al suo teatro musicale alla sua scrittura corporea e concreta, qualcosa di simile ad una scrittura musicale che, nelle parole dello scrittore francese “potesse registrare il linguaggio fisico, il linguaggio materiale e solido, grazie al quale il teatro può differenziarsi dalla parola” a quella valorizzazione del potere magico della parola, all’ esaltazione rituale del verbo, al recupero della parola-suono e della parola-gesto. Ieri la giornata si è aperta con una riflessione sulla produzione videomusicale e una discussione sull’opera “Noli me tangere”, dello stesso Doati, in cui il legame tra video e musica si basa sull’idea di contrasto, attraverso un tema seriale e 4 Variazioni, la tensione, la rigidità dei suoni e delle strutture differenti, in ciascuna delle cinque parti, producono una diversa percezione della sensualità, morbidezza e fluidità delle immagini che rappresentano la caduta di tagli di seta, di 12 colori diversi. Per chiudere questa due giorni con il Maestro Doati l’illustrazione della nascita della Galata Electroacustic Orchestra e a quel dialogo fra la musica tradizionale turca e i suoi strumenti – tar, ney, kemence – e il modello occidentale, rappresentato da arpa, clarinetto, sax, violoncello, chitarra e basso elettrico. Un’improvvisazione collettiva e multietnica, aperta al genere popolare, al jazz e all’elettronica, che si pone sulle tracce di un antico portolano il Compasso da navegare che, metaforicamente, guida il processo di carico e scarico di merci musicali da un porto all’altro del Mediterraneo. Accattivante il concerto svoltosi al termine della prima giornata con l’incantatoria Veneziana n°1 per Luigi Nono musica elettroacustica per voce femminile e risonanze di leggio, Sindrome scamosciata per video e live electronics, luci in movimento producenti scie attiranti scie sonore, richiami allusioni, Il domestico di Edgar, un incontro desiderato ma mai avvenuto tra Charlie Parker e Varèse, con il caposcuola del sax alto che avrebbe fatto anche il domestico al genio francese, da cui il titolo, pur di apprendere i segreti della composizione, attuatosi in quest’opera tra reminiscenze di Be-bop e di Octandre. Una pagina, questa, affidata al sax alto di Michele D’Auria e all’elettronica di Speranza Fusco, per la regia di Doati, il quale ha splendidamente diretto la performance musicale, che si è trasformata in un happening conclusosi sulla scala di servizio del nostro Conservatorio, fedeli al linguaggio, ma soprattutto allo spirito libero con cui Parker viveva la musica, muovendosi attraverso sofisticazioni armoniche e salti cromatici, con quel modo disinvolto di spostarsi da un estremo all’altro del proprio registro strumentale. Finale con Seppie senz’osso, certamente una citazione del teatro crudele di Artaud, una crudeltà lucida, sottomissione alla necessità, che è quella di preparare il celebre piatto veneziano. Non si ha crudeltà senza coscienza, senza una sorta di coscienza applicata: è la coscienza a conferire all’esercizio di qualsiasi atto della vita un colore di sangue, una nota crudele, perchè è chiaro che la vita è sempre la morte di qualcuno, in questo caso della seppia. Applausi per Roberto Doati e gli allievi intervenuti. Appuntamento il 22 e il 23 settembre con Denis Dufour e la sua “Art acousmatique”.