di Erika Noschese
Bisognerà attendere il 26 gennaio per poter scrivere la parola fine al processo ribattezzato Sistema Salerno, che vede imputati l’ex assessore regionale Nino Savastano e Fiorenzo Vittorio Zoccola, ritenuto dai pm il ras delle cooperative sociali. La sentenza era attesa per la giornata di ieri, ma il rinvio si è reso necessario a causa di un clamoroso errore commesso dai sostituti procuratori Elena Cosentino e Guglielmo Valenti: nella perizia trascrittiva, infatti, sono state utilizzate conversazioni dichiarate inutilizzabili e delle quali, dunque, era necessario non tener conto. Questa ammissione ha portato la presidente del primo collegio della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno, Lucia Casale, a disporre il rinvio. Intanto, i sostituti procuratori hanno chiesto al collegio di acquisire la sentenza di patteggiamento di Ugo Ciaparrone, il funzionario che avrebbe fatto da tramite tra il capo delle cooperative sociali e l’amministrazione comunale. Questo atto, secondo i pm, andrebbe a rafforzare l’ipotesi accusatoria del patto corruttivo tra Savastano e Zoccola che, come ricordato da Valenti, avrebbero ripreso i rapporti in piena campagna elettorale, fermo restando che l’indicazione di voto sarebbe giunta dall’allora presidente della giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca. «Le cooperative sociali offrivano i loro servizi a prezzi modici, ma non è così che può funzionare la pubblica amministrazione – ha detto il sostituto procuratore Valenti –. È grave che un ufficio non competente abbia, in diverse occasioni, sollecitato un ufficio competente». Valenti ha tirato in ballo anche l’assunzione del figlio di Ciaparrone all’interno delle cooperative, come stagionale. Ed è proprio su questo punto che si è basata la controreplica del difensore Gaetano Manzi: «Si tratta di un’assunzione regolare, per due mesi. Non può essere contestata. Se Zoccola avesse voluto commettere illeciti, certamente non avrebbe regolarizzato l’assunzione, consapevole di attirare l’attenzione della Procura». Il difensore ha poi ricordato che a ricoprire il ruolo di responsabile del settore, fino al 2020, era Mercurio, incarico assunto solo successivamente dal funzionario sotto accusa. Valenti ha poi tentato di ritorcere contro Zoccola quanto detto nel corso della precedente udienza quando ha rilasciato dichiarazioni spontanee: «Lo ha messo Zoccola, quando ha dichiarato di avere un fatturato annuo di tre milioni di euro. Nella sede di una delle cooperative è stata ritrovata la copia dell’offerta che ha presentato un’altra cooperativa sociale. C’è collusione tra queste azioni», ha poi sottolineato il sostituto procuratore che fa nuovamente un passaggio sui cambi dei presidenti, suggerito dall’allora dirigente del settore Ambiente, Luca Caselli. «La scelta viene suggerita da Caselli prima e dopo la gara. Questo spiega il 353 bis (turbata libertà del procedimento di scelta del contraente) che fa riferimento al prima e il 353 (turbata libertà degli incanti) che, invece, fa riferimento al dopo. L’avvocato Manzi ha poi posto l’accento sul presunto patto corruttivo che, secondo la difesa, non può essere dimostrato in quanto inesistente.





