Sistema Oracle: c’è la Corte dei Conti - Le Cronache Ultimora
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Sistema Oracle: c’è la Corte dei Conti

Sistema Oracle: c’è la Corte dei Conti

Antonio Manzo

Proprio nella giornata in cui arriva la comunicazione della sezione di Roma della Corte dei Conti che chiede gli atti della spesa relativa al sistema informatico Oracle, due revisori dei conti della Fondazione di Ateneo leggono la copia dell’ordine del giorno della prima riunione del cda presieduto dal neo presidente, la docente Paola Adinolfi, già aspirante al rettorato nella contesa con D’Antonio. Il presidente del collegio dei revisori dei conti Carlo Conte, apprezzato dirigente generale del Ministero delle Finanze fin dalla prima costituzione della Fondazione e Renato Vicinanza di nuova nomina ministeriale del Mef, discutono animatamente dell’ordine del giorno previsto per venerdì prossimo con la discussione di valutazioni, decisioni e approfondimenti sulla gestione degli appalti che dovrà effettuare la Fondazione per un budget di ben 6 milioni di euro per servizi all’università. La coincidenza rende tutti più nervosi e preoccupati per l’arrivo, mai previsto fino a qualche anno fa, della Corte dei Conti nelle carte dell’ateneo con l’assunzione di responsabilità decisionali tanto ampie e vaste. La nuova gestione della docente Paola Adinolfi arriva dopo la presidenza del suo collega Antonio Piccolo qualche anno fa messo a capo della Fondazione Ateneo nonostante fosse già in regime pensionistico. Ma il fatto davvero singolare fu che dovette sostituire la professoressa Caterina Miraglia sbattuta fuori della presidenza, proprio perché era appena maturata l’età per andare fuori ruolo di docente. Con la presidente Adinolfi, già assessore al bilancio nella giunta comunale di Salerno e docente di economia aziendale all’università, si cambia strada. Lei è già nel consiglio di amministrazione dell’ateneo (secondo alcuni in regime di incompatibilità con il ruolo sopraggiunto di presidente della Fondazione) ed è anche la moglie del direttore del dipartimento giuridico Francesco Fasolino. Venerdì prossimo si comincerà la discussione nel nuovo consiglio di amministrazione composto anche dai professori Armando Lamberti e Marco Galdi con una relazione sulla situazione amministrativa e contabile pregressa e prospettive future – determinazioni; programmazione economica servizi UNISA anno 2026 – determinazioni. E, soprattutto, la Procedura per l’affidamento del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici per l’Università degli Studi di Salerno e le Procedure di gara attivate per UNISA. Oltre varie ed eventuali su servizi svolti direttamente per l’Università come pulizia; ritiro per l’avvio a recupero/smaltimento di consumabili esausti di stampa, RAEE ed ingombranti; gestione del portafoglio assicurativo; stampa; gestione e manutenzione del verde. E servizi svolti per conto dell’Università, ma rivolti ad un’utenza differenziata: gestione dei punti ristoro e dei distributori automatici; gestione dell’asilo nido. E, infine, le determinazioni sul nuovo direttore generale. L’affidamento alla Fondazione di tali servizi risponde all’obiettivo di porre in primo piano l’interesse prevalente del pubblico nella fruizione di servizi che, nel nostro come in altri Atenei, sono comunque sempre affidati in outsourcing. Non si tratta quindi di privatizzare la gestione di pubblici servizi, ma piuttosto di delimitare il ruolo dei privati nella gestione di servizi di pubblico interesse, mantenendo attraverso la Fondazione un forte impegno di matrice pubblica nell’organizzazione e nel controllo della qualità dei servizi. Sulla gestione dei servizi per le università l’occhio dei magistrati contabili della Corte dei Conti è diventato particolarmente attento. La Corte dei conti bacchetta anche le università, compresa quella di Salerno sugli incarichi fiduciari ai docenti e sull’appalto dei servizi informatici. Finanziamenti pubblici destinati a soggetti privati, cessioni immobiliari senza le dovute autorizzazioni: sono stati questi tra i principali rilievi sollevati dalla Corte dei conti dell’Emilia-Romagna nella relazione sulla gestione delle università regionali, con particolare attenzione ai rapporti con alcune fondazioni. L’indagine, curata dal presidente Marcovalerio Pozzato e dal consigliere relatore Alberto Rigoni, ha riguardato il biennio 2021-2022 e ha coinvolto l’Università di Bologna e quella di Modena e Reggio Emilia. A supporto delle verifiche, i magistrati contabili si sono avvalsi della Guardia di Finanza. L’indagine ha messo così in luce una gestione dei beni pubblici che danneggiano l’interesse collettivo, come nel caso dell’incidente nel quale fu coinvolta la gestione del verde dell’ateneo affidato a imprenditori privati ora sotto processo al tribunale di Nocera Inferiore: nella descrizione dell’inchiesta l’ateneo ha omesso pudicamente i nomi degli imprenditori indagati per rispetto delle regole della privacy. Ma è non è l’ateneo che esprime il Garante Nazionale della Privacy, Pasquale Stanzione? Allora si rispettino i codici privacy. Come nel caso del drammatico incidente che coinvolse tre studenti dell’ateneo di Salerno colpiti da un albero. Questi fatti portano a interrogarsi sul controllo e la vigilanza al quale dovrebbero essere sottoposti i rapporti tra enti pubblici e soggetti privati in ambito universitario, soprattutto per evitare fughe di risorse pubbliche senza criteri chiari né una tracciabilità precisa. Il ricorso alla fondazione di diritto privato per il perseguimento di finalità tradizionalmente attribuite all’università pubblica, non è una novità. Già nel 2001 la legge fissò criteri e modalità per la costituzione di fondazioni universitarie di diritto privato. Non siamo di fronte alla trasformazione degli atenei in fondazioni e quindi ad università fondazione. E tuttavia la facoltà di costituire fondazioni universitarie – che indubbiamente rappresenta un’opportunità – può risultare non meno rischiosa per la conservazione del carattere pubblico del sapere e della ricerca. La disciplina delle fondazioni universitarie – ribadisco: fondazioni di diritto privato – è ambigua ed esse ben possono divenire lo strumento attraverso cui privatizzare le attività più qualificanti per un ateneo: la didattica e la ricerca di eccellenza.