Il Catalogo ricomincia da Lelio e Mario - Le Cronache Spettacolo e Cultura
Spettacolo e Cultura Salerno

Il Catalogo ricomincia da Lelio e Mario

Il Catalogo ricomincia  da Lelio e Mario

Olga Chieffi

La galleria Il Catalogo di Antonio Adiletta ricomincia, con ineluttabile coerenza, dall’amicizia racchiusa nel segno artistico, di Lelio Schiavone e Mario Carotenuto. Questa mattina, alle ore 11,30, negli spazi della galleria salernitana, sarà inaugurata una particolare mostra, un percorso attraverso la vita artistica di Mario Carotenuto, opere amate, che fanno parte della collezione privata, dell’ amico Lelio Schiavone e donate allo sguardo del pubblico, per consentire il varco, attraverso una loro comunione, a possibilità d’esperienza di quelle loro virtù, forze, depositate in esse dal tempo, dal loro vissuto e da quello dell’artista. “Mario Carotenuto. Dipinti per Lelio”, in cui segno e sogno si inseguono nella attività artistica del pittore – ne relazionerà Massimo Bignardi dell’ateneo di Siena – nei suoi mille fogli, alitanti di poesia, dove le diverse opzioni tecniche attestano con lo scatto della mano sorretto da una ininterrotta felicità di visone, da un mirabile stato di grazia, una feconda giovinezza espressiva, una fatale contiguità col dipingere. Paesaggi, oggetti, interni, che non rinunciano ad una comunicativa forma di sintassi e di concatenazione logica, per esprimere, un puro fluire, quasi senza tempo, delle cose e della coscienza stessa dell’artista, abbandonata ad un ritmo sommesso di sensazioni. Sullo sfondo, l’io dell’artista, alla scoperta di una dimensione, ineffabile della realtà. La profondità dei quadri non è di spazio, ma di tempo. Non è l’istante fermato, né il tempo che scorre nei ritratti, è un tempo remoto e profondo, su cui l’immagine del presente si adagia e dilata, come una ninfea sull’acqua ferma. Segno e sogno si inseguono con maggiore immediatezza e purezza nei fogli d’album, negli studi, esposti presso la Galleria Il Catalogo, alitanti di poesia, in cui le diverse opzioni tecniche, acquerelli e pastelli, attestano, con lo scatto della mano, sorretto da una ininterrotta felicità di visione, da un mirabile stato di grazia, una feconda giovinezza espressiva, una fatale contiguità col dipingere. La grafia rapida e sciolta del disegnare di Carotenuto ha tradotto visibilmente un ininterrotto diario sentimentale, in un riemergere involontario di folgorazioni o accensioni di senso, col baluginare improvviso di invisibili sostanze, luogo dell’anima e del suo riposo, che si specchia in una solare tavolozza di verdi, di gialli, di azzurri, di immancabili rossi, un epico nostos, quale fu quello di Picasso e Mirò, nel colore e nell’immagine, alla ricerca di una bellezza mitica della natura che risarcisca dagli errori e orrori della storia degli uomini. Nelle opere di Carotenuto – con quella suprema libertà che è propria dell’arte – olio, acquarello, pastello, carboncino, china, tempera, fanno convivere gli opposti: memoria dell’antico e osservazione del presente, atemporalità del mito, solitudine melanconica e partecipazione alla bellezza del mondo, spiritualità, religiosità, erotismo. Il tutto in una sorta di vitalismo grafico, che utilizza con egual efficacia il segno e la macchia di colore, la fragile aerea levità del pastello, così come la trasparente densità dell’inchiostro. Del pari, questi lavori, rigettano le rigide periodizzazioni, a causa della continua osmosi interna di temi e spunti: le molte stagioni risultano, infatti, accomunate da un gioco continuo di rimandi. Ne verrà una visione di avvicinamento ondoso, di contiguità instabile, di instabile fusione di cosmico e di umano, che avrà, tra l’altro la virtù di far ribalenare il primitivo contatto cosmologico dell’uomo-artista, perduto in latebre temporali. Queste latebre temporali gireranno, noi insieme all’artista le avvertiremo girare su loro stesse, e forse riportare i primordi sotto i nostri occhi, le prime nascite, sotto i gli occhi di noi uomini della fine. In queste opere è racchiusa coerentemente l’avventura di un artista e soprattutto di un uomo che ha fatto del colore e della pittura il proprio grido d’amore per il creato, di un “vecchio” e “giovane” pittore, che mai si è stancato di stupirsi.