Il prof. Alberto Cuomo, architetto, nel suo inno alla SEPARAZIONE DELLE CARRIERE di ieri ha trovato il momento più sbagliato per celebrare la Riforma della Giustizia come vittoria della libertà dalla tirannia dei Giudici.
Il suo ragionamento è stato questo: siano puntiti i magistrati perché hanno inventato il concetto di falso ideologico per il Progetto Esecutivo, che secondo loro non era invece esecutivo. E giù la solita tiritera, che dura da trent’anni, che De Luca sarebbe arrivato al potere grazie alle manovre della magistratura politicizzata, in primis il sottoscritto. A parte la lusinghiera considerazione della mia persona come grande stratega politico, in qualità di patrono di un Potere deluchiano che dura da trent’anni, le fantasie del Prof. Cuomo si iscrivono di diritto nella lista degli slogan (senza dibattito) su cui si è impostata tutta la campagna di discredito inscenata dalla Destra più aggressiva per indurre il Popolo Italiano a credere che massacrare i giudici farà l’Italia “più superba e più grande di pria”. Solo la satira di Petrolini può arginare l’assurdo e il ridicolo del Potere che vuole essere assoluto, senza controlli e senza opposizione. E veniamo alla solita questione del Progetto Esecutivo, perché è adesso di straordinaria attualità. L’affermazione del Prof. Cuomo, lo ripetiamo per la centesima volta su queste stesse colonne, è non solo sbagliata, ma totalmente, e oggettivamente falsa. La falsità dei progetti della Fondo Valle Calore e del Trincerone (quello che portò all’azzeramento della Giunta di Salerno nel preistorico 1993) non fu una folle invenzione del sottoscritto, ma una sacrosanta fattispecie di reato di falsità ideologica in atti pubblici sacramentata, al termine dei due processi relativi, dalla Suprema Corte di Cassazione. Nel primo caso, con una condanna definitiva degli imputati. Nel secondo caso, con una sentenza di proscioglimento degli imputati per intervenuta prescrizione, accettata dagli imputati. E’ importantissimo osservare, e leggere, la motivazione di quest’ultima sentenza definitiva. La Corte di Cassazione impiega molte pagine per spiegare che cosa è un Progetto Esecutivo. Cioè un progetto a regola d’arte. E il progetto esaminato dalla Corte Suprema non lo era affatto. Quella sentenza, come quella della Fondo Valle, dovrebbero essere pubblicate a grandi titoli. Solo così il Governo, prima di aggredire la Corte dei Conti per il Ponte di Messina, ci avrebbe pensato due volte prima di additare i magistrati come i cristiani per l’incendio di Roma e gli ebrei per l’incendio del Reichstag (come fece Hitler).
La questione è che il controllo di legalità è inviso, in tutti i tempi e in tutte le latitudini, a tutti i tiranni. Che hanno da sempre la solita, squallida strategia del nemico esterno contro cui sollevare l’indice per mascherare i propri fallimenti. Il Ponte di Messina è un progetto incompleto, raffazzonato. Questo è stato il giudizio della Corte dei Conti. Se la Corte dei Conti fosse un Tribunale Ordinario, il PM non potrebbe che contestare, con ogni verosimiglianza, un’ipotesi di falso ideologico in atto pubblico. Perché un progetto mancante di elementi essenziali (e non irrisori) non può essere definito, come sembra, un progetto esecutivo. Questo sulla base della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione. E allora, di che discutiamo? Il controllo di legalità del progetto è, purtroppo, ancora una volta di tragica attualità con il crollo di ieri della Torre dei Conti ai Fori Imperiali. È notizia di queste ore che la Magistratura inquirente ha puntato l’attenzione subito sul progetto dei lavori e sulle eventuali mancanze tecniche. E’ la prima cosa da fare, se non vogliamo credere al Fato o alle stregonerie di Putin per sfottere l’Italia. E’ evidente che il malo passo del Governo con il Ponte di Messina non è sfuggito all’occhiuta diplomazia di Mosca. Che non ha citato il paragone, ma senz’altro non si sarebbe esposta così tanto per una tragedia accaduta per un rudere senza, di sottofondo, sfottere il Governo per l’incidente della progettazione arruffata del Ponte di Messina. In tutto ciò arringare l’immaginario disinformato attaccando il controllo di legalità dei Giudici per osannare la Separazione delle Carriere, e l’umiliazione dei Magistrati, è solo l’anticipo cinico di quello che avverrà se la Riforma della Giustizia fosse, disgraziatamente, confermata con il Referendum.
Michelangelo Russo





