Usura e pizzo con tre clan: gli interrogatori - Le Cronache Cronaca
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Usura e pizzo con tre clan: gli interrogatori

Usura e pizzo con tre clan: gli interrogatori

Avellino. Estorsione con tre clan a danno di due imprenditori conciari di Montoro, prima parte degli interrogatori terminata con quattro indagati che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere al gip del Tribunale di Avellino Claudio Tringali e due invece che si sono difesi dalle accuse. Oggi toccherà a Francesco Genovese, boss di Baronissi difeso da Giovanni Gioia, a rispondere alle domande del giudice unitamente ad altri indagati di Castellammare di Stabia e legati per la procura alla cosca dei D’Alessandro. In 14 sono stati raggiunti da decreto di fermo per usura e estorsione aggravata dal metodo mafioso. Solo quando saranno terminati gli interrogatori il gip disporrà l’ordinanza per il procedimento penale in corso carico degli indagati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno (il Procuratore Aggiunto Francesco Soviero e i pubblici ministeri Elena Guarino e Carmine Rinaldi. Hanno fatto scena muta avallandosi della facoltà di non rispondere al giudice Antonio Donniacuo di Montoro, quindi Roberto Guarnaccia 38enne di Mercato San Severino (assistito da Mauro Iannone) e il 31enne Luigi Pescatore di Ospedaletto d’Alpinolo, Rocco Ravallese 59 anni di Solofra. Hanno invece risposto alle domande difendendosi Thomas Siano 44 anni di Solofra difeso di fiducia e il 46enne Roberto Vietri di Montoro. Oggi ulteriori interrogatori in carcere: sarà la volta di Diego Bocciero di Mercogliano, Vincenzo De Cesare di Baronissi, Domenico De Cesare di Mercato San Severino), Francesca De Cesare di Agropoli), gli stabiesi Alessandro De Luca, Francesco De Luca e Giuseppe Vitaglione detto Pepp ‘e Castellammare o Peppone, Massimo Evangelista di Mercogliano,, Francesco Genovese alias zio Franco di Baronissi e Gaetano Schettini di Fisciano. Ora si attende la decisione del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno per confermare le richieste della Dda. I due imprenditori che si trovavano in difficoltà avevano chiesto soldi ad esponenti della consorteria della Valle dell’Irno (Francesco Genovese) ma quando non riuscirono a pagare si rivolsero ad amici e conoscenti per tamponare il debito. Quì entrarono in gioco i sodali del clan stabiese dei D’Alessandro che non solo intimarono alla cosca opposta di desistere su quel debito contratto dagli imprenditori conciari ma li costrinsero a pagare rate da 2mila euro mensili per un totale di 60mila euro a fronte di un prestito iniziale da un amico ritenuto vicino al clan della Valle dell’Irno di 15mila euro. A questo punto subentrò il clan Partenio di Avellino che, rimarcando e facendo notare di non accettare le estorsioni sul proprio territorio, incontrarono le vittime in un bar di Montoro e minacciandole dissero loro di non pagare più i D’Alessandro ma i propri emissari: quei 2mila euro mensili in sostanza sarebbero toccati al clan Partenio di Avellino.