Il Comune di Eboli, dopo il blitz antidroga che ha portato in carcere 38 persone, lamenta anche un danno d’immagine e si sta valutando se esistono i presupposti per far costituire il Comune stesso parte civile nel processo, l’ennesimo che presenta il volto criminale di una città, ingiustamente considerata come un affidabile hub della droga a sud di Salerno. Dove convergono interessi criminali di clan locali, gruppi napoletani e salernitani. Quando un Comune si costituisce “parte civile”, significa che entra in un processo penale per tutelare i propri interessi e chiedere il risarcimento per un danno subito a causa di un reato. Ma nel caso concreto si tratta di difendere l’immagine della città. L’operazione condotta dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Salerno ha portato , nei giornis scorsi, all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 39 soggetti per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Il blitz, culminato dopo un’articolata indagine durata tre anni e coordinata dalla Procura presso il Tribunale di Salerno retta dal procuratore della Repubblica Rocco Alfano, ha colpito una rete criminale radicata principalmente nel rione Paterno di Eboli e attiva nella Piana del Sele.
Dei 39 arrestati, 18 sono stati condotti in carcere a Fuorni, mentre per 21 è stata disposta la detenzione domiciliare. Uomini e donne, tutti destinatari di “capi di imputazione importanti”, si sono visti notificare le misure restrittive che hanno smantellato il sodalizio. L’ordinanza della custodia cautelare firmata dal gip Gerardina Romaniello che descritto non solo le indagini e i sequestri ma ha incluso intercettazioni telefoniche e ambientali e “mirati servizi di polizia giudiziaria”, hanno consentito di raccogliere “numerosi riscontri”. Tali elementi hanno condotto al sequestro di diverse tipologie di sostanze stupefacenti, tra cui cocaina, crack e hashish, oltre a un’ingente somma di denaro contante pari a 100.000,00 euro.
. Un indagato, ritenuto il “promotore dell’organizzazione criminale” pur essendo già detenuto nel carcere di Eboli, continuava a gestire “il traffico di sostanze stupefacenti e l’uso dei telefoni cellulari per i contatti con l’esterno”.
Ruolo predominante delle donne e infiltrazioni in carcere. Un aspetto emerso con chiarezza dalle indagini riguarda il ruolo di spicco assunto dalle donne all’interno dell’organizzazione.
Le indagini hanno anche svelato preoccupanti episodi di introduzione di droga e microtelefoni all’interno di istituti penitenziari. È stato infatti documentato l’uso di un drone per introdurre droga nel carcere di Ariano Irpino. Inoltre, una donna, “sfruttando la propria posizione lavorativa nell’istituto penitenziario”, è stata colta “in flagranza mentre tentava di introdurre droga e microtelefoni cellulari all’interno della casa di reclusione”.
Sebbene il cuore dell’organizzazione fosse individuato nel rione Paterno di Eboli, l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare ha interessato numerosi comuni della provincia di Salerno e della Campania. Tra i centri coinvolti ci sono Battipaglia, Olevano Sul Tusciano, Campagna, Giffoni Valle Piana, Montecorvino Rovella, Pontecagnano, Angri e Laviano, estendendosi fino ai comuni di Napoli e Boscoreale. Questo dimostra l’ampia ramificazione territoriale della rete di narcotraffico sgominata. Tra i nomi eccellenti finiti in manette c’è Gianluigi Casillo, 34 anni, di Boscoreale, la cui posizione evidenzia la gravità dei legami con la Camorra vesuviana. Gianluigi Casillo è infatti nipote del noto boss Franco ‘a vurzella, al secolo Franco Casillo, storica figura di spicco nel panorama malavitoso vesuviano e non solo Cosimo Maiale nipote del boss Giovanni Maiale. Il loro coinvolgimento conferma come i circuiti della droga salernitani si alimentassero direttamente dai fornitori dell’hinterland di Napoli.
Le indagini confermano Eboli piazza speciale per la droga tant’è che ci sarebbe perfino il sospetto di un solido riciclaggio di danaro sporco ripulito nell’apertura di nuove attività commerciali. Il processo “Doppia X” mostrò un radicamento cittadino dello spaccio di sostanze stupefacenti con esponenti di spicco della criminalità, poi condannati dai giudici Corte d’Appello di Napoli, chiamati ad esprimere giudizio dopo l’annullamento della prima sentenza d’appello, relative al processo ‘Doppia X’, che ha aveva messo alla sbarra componenti di una rete di pusher che aveva monopolizzato per la Guardia di Finanza di Eboli, con l’operazione della DDA di Salerno, Condanne definitive scattarono per diversi pregiudicati ebolitani, uno dei quali impropriamente nominato delegato di quartiere nel centro storico di boli prima che scattasse il blitz.
Eboli non è stata mai impermeabile alle infiltrazioni e crescita della criminalità organizzata. Se da tuttora da un lato ci sono inchieste in corso che riguardano industriali per sospetta appartenenza a gruppi criminali, dall’altro ci sono i ricordi della fine degli anni Ottanta quando il Piano Regolatore della città fu ritrovato nella villa costruita da Pasquale Galasso, confiscata dalla Stato, poi consegnata al comune di Eboli ed ora abbandonata con lo sfregio incredibile della struttura intitolata ai giudici Falcone e Borsellino E’ l’indecorosa fine di una struttura confiscata alla camorra e consegnata al Comune che era significativamente non solo di proprietà del boss Galasso ma anche indicativa del luogo dove furono ritrovati documenti amministrativi per mettere le mani sulla città e sul litorale di Eboli.
Molto spesso disattenzioni e tolleranza per le attività criminali determinano quel che è capitato negli anni alle palazzina Pezza Paciana, dove negli anni Novanta un ex Pm salernitano ordinò di far togliere le inferriate al quartiere che erano state apposte per garantire il locale spaccio della droga e perfino laboratori per raffinare la droga al di là di occhi indiscreti. Situazione tollerata per decenni anche di tromboni dell’anticamorra a comando che hanno visto negli ex garage del cosiddetto Bronx l’occupazione dei criminali che hanno trasformato Pezza Paciana in una sorta di Palazzo Fienga, il luogo fortino di Torre Annunziata occupato dai criminali della camorra.
. Ora opportunamente il Bronx sarà abbattuto, case nuove al rione Pescara, un trasferimento necessario che, invece, viene trasformato in grave speculazione politica oppositiva facendo finire nel mirino gli stessi amministratori che stanno programmando condizioni di vita migliori per quegli abitanti. E’ la stessa città che ora anziché marciare contro la droga preferisce consegnarsi al casereccio chiacchiericcio sui presunti di assuntori di droga, clienti del clan scoperto poche settimane fa. Si discute di chi assume la droga, facendo balenare la fervida fantasia popolare su cosiddetti politici che non sarebbero altro che giovani amministratori. Assuntori e non spacciatori. Non è la stesssa cosa. Significa indurre a dimenticare i criminali della gang nella città dove nessuno protestò per un processo che finì in prescrizione per una pericolosa gang della droga. Il processo lo fecero durare 10 anni. Finì in prescrizione con gioia degli imputati e silenzio della città.
a.m.





