Il miliardesimo crollo di un soffitto, verificatosi l’altro ieri in una scuola media di Roma, offre lo spunto per tornare su una questione fondamentale che grava sia sul territorio ebolitano che in larga parte di quello nazionale: l’agibilità strutturale degli istituti scolastici e le relative certificazioni previste dalla legge. Un bel grattacapo, per sindaci e amministratori vari, che non cancella anni trascorsi nell’indifferenza rispetto a un problema che è serio, molto serio. Basti pensare che la legge prevede il sequestro istantaneo di qualunque manufatto privo della ‘certificazione di agibilità’, atto formale che, per quanto di tanfo burocratico, in realtà è elemento essenziale. La storia e la cronaca ci insegnano che, sottovalutando sottovalutando, alla fine ci si ritrova con guai sulle spalle di non poco peso. La vicenda dell’asilo “Agatino Aria” ebbe a scuotere l’opinione pubblica, chiamiamola così: infatti, a poche ore dal suono della campanella di metà settembre arrivò lo stop forzato. La scuola non ha le ‘carte a posto’, nessuno vuole assumersi il rischio stavolta e, quindi, istituto off limits. Seguirono polemiche, eccetera. E le altre scuole?
Ma come funziona questo meccanismo, cosa dice la legge, cosa prevedono norme e regolamenti? In estrema sintesi, impongono che il preside, pardon, il dirigente scolastico ogni anno replichi questo schema: 1) chiedere all’ente pubblico proprietario/responsabile dell’istituto la certificazione di agibilità; 2) attendere che l’ente medesimo risponda, se non lo farà la faccenda resta nel limbo ma esonera il personale scolastico dalla responsabilità; 3) l’attesa sarà vana, infatti l’ente non risponde mai perché non può rispondere in quanto, se lo facesse, dovrebbe mettere il lucchetto al 95% delle scuole; 4) finisce tutto all’italiana, cioè io non riscontro la tua istanza ma tu stai comunque ‘a posto’ perché la domanda me l’hai fatta, io posso solo ricorrere ai famosi gesti apotropaici – toccare ferro, fare le corna con le dita della mano, strofinarsi, ove presenti, talune parti intime, gettare il sale alle spalle -, raccomandandomi al Padreterno affinché la scuola non crolli in testa a nessuno. Possibile? Possibilissimo, si chiama ‘sistema-Italia’ dove tutti fanno di tutto senza, alla fine, fare granché.
La riunione
Venendo al dunque, sembrerebbe che in una delle numerose e accaldate riunioni successive al ‘caso Agatino Aria’, tra l’amministrazione comunale di Eboli e i presidi, pardon, i dirigenti scolastici, il primo cittadino abbia pubblicamente sbottato: “Nessuna scuola in città ha la certificazione di agibilità”. Gelo in sala. E’ vero? Non è vero? Se qualcuno provasse a chiederlo in modo formale non potrebbe che ottenere risposta negativa, nel senso che è proprio vero che le scuole non hanno la certificazione di agibilità prevista dalla legge, secondo la quale andrebbero chiuse. “E’ una parola!” si rimugina dalle parti di chi amministra, non solo Eboli. Sarà anche ‘una parola’ ma c’è da dire che il prodotto non cambia: se una struttura non è agibile va chiusa, nessuno può escludere che tra un’ora, un giorno, un anno non caschi addosso a chicchessia. E’ una semplice ‘carta’, certo, che non annulla il pericolo in astratto, mai (la vita a rischio zero non esiste): figuriamoci se quella ‘carta’ manco c’è quanto la potenzialità negativa venga moltiplicata. Dovrebbe essere così, invece le scuole sono aperte e se domattina un pilastro si sgretola o un intonaco cade in testa a un bambino, magari uccidendolo, i polsi di qualcuno inizierebbero a palpitare. E chi sarebbe questo qualcuno? Tutta la filiera responsabile, eccezion fatta per i presidi, pardon, i dirigenti scolastici, che grazie ad una modifica legislativa di qualche anno fa, sono stati (giustamente) messi con le spalle al coperto attraverso la rituale istanza all’ente cui tutti sanno non ci sarà mai riscontro: il che, per due istituzioni come Comune e Scuola, dove si insegna e si pratica – tutto al condizionale, ovviamente – il rispetto delle regole, non è proprio un elemento indifferente.
Il ruolo di un comandante della P.U.
Oltre a sindaco, assessori e dirigenti, ci sarebbe un altro responsabile se il quadro delineato venisse confermato integralmente: è il comandante dei vigili urbani, il quale pare fosse presente alla riunione e, giocoforza, abbia udito le parole del sindaco. Se non lo fosse stato (presente alla riunione) ne sarebbe stato comunque informato, altrimenti un Comune ‘che cosa lo tiene a fare’ un comandante della P.U.? Posto fosse presente, cosa imporrebbe la legge al comandante? Semplice: dinanzi alla notitia criminis dell’utilizzo pubblico in spregio alla legge di una struttura altrettanto pubblica, ha l’obbligo di intervenire e seguire il dettato di legge provvedendo ai relativi sequestri. Se non lo fa, sarà egli stesso responsabile di un ulteriore reato, quello della omissione di atti d’ufficio e chissà cos’altro di contorno. In pratica, un comandante dei vigili urbani, udite certe parole, sebbene pronunciate dal sindaco che lo ha preferito ad altri candidati per l’ambito ruolo, avrebbe dovuto attivare le procedure previste. E’ stato fatto? Sembrerebbe di no.
Qualcosa, però, è stata fatta: nonostante l’inagibilità delle strutture scolastiche il Comune ha comunque affidato alcune di queste ai privati per svolgervi attività sportiva. Forse saranno le uniche ad averla la certificazione, forse no. Una vecchia storia che, accanto a qualche altra, passano sempre ‘in cavalleria’ fino al prossimo dramma, al di là di chi amministri.
E’ normale? Non si direbbe, specie se la ‘carta’ manca. Come mai succede? Per mille ragioni. In questi frangenti, c’è una ragione in più: si chiama elezioni regionali. (pierre)





