San Leucio, il sogno illuminista di un monarca avveduto - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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San Leucio, il sogno illuminista di un monarca avveduto

San Leucio, il sogno illuminista  di un monarca avveduto

Campania Felix, oggi più che mai, una terra da scoprire e valorizzare. Nella terra casertana alla riscoperta degli antichi possedimenti borbonici si ritrova, in tutto il suo fascino storico, la cittadella di San Leucio, testimonianza di un fulgido passato di operosità ed ingegno. San Leucio il sogno illuminista di un sovrano sorprendentemente innamorato di quelle aree geografiche che con una politica avveduta e innovativa creò un opificio destinato a tramandare un esempio indelebile di imprenditorialità senza confronto. Per cui a distanza di due secoli e mezzo ritroviamo uno dei siti di Archeologia Industriale meglio conservati e sorprendentemente visitato da un pubblico internazionale. Tutto ha inizio con il giovane Re Ferdinando IV di Borbone che, come si legge nel Codice: “Origine della popolazione di S. Leucio”, edito dalla stamperia reale nel 1789, trasforma l’antica residenza rinascimentale dei principi Acquaviva, in un rivoluzionario opificio, per l’epoca all’avanguardia in Europa. Un importante progetto quello di Ferdinando IV, frutto di quell’illuminismo napoletano che aveva avuto insigni pensatori come Antonio Genovesi, considerato il fondatore della moderna scienza economica, Gaetano Filangieri, autore di “La Scienza della Legislazione” e Ferdinando Galiani, economista e filosofo. Dopo la perdita del primo figlio Ferdinando IV, che era solito rifugiarsi con la famiglia nella residenza di S. Leucio, pensò di trasformarla in opifici, per aiutare le condizioni delle popolazioni residenti. Come riporta il citato Codice di S. Leucio, il monarca, pensò al futuro dei fanciulli del borgo privi di educazione e istruzione, facendo instaurare la prima scuola obbligatoria per ragazzi e ragazze. I giovani, appresa la prima istruzione, cominciarono ad apprendere la lavorazione di sete grezze. E fu così che a S. Leucio confluirono i maggiori specialisti nell’arte della seta, per insegnarne la lavorazione, costruire le macchine e controllare la produzione. La manifattura della seta consentiva di impiegare al tempo stesso maestranze femminili e maschili, per questo il Re regalò ad ogni famiglia un telaio da collocare al centro della casa, perché ogni famiglia potesse amare e tramandare l’arte della seta ai figli. Le abitazioni degli operai, oggi restaurate ed abitate, furono concepite con il massimo confort attuando tutti gli standard urbanistici dell’epoca. Per cui i terreni di tutti i possedimenti reali furono adibiti alla coltivazione del gelso, sviluppando a ciclo completo la bachicoltura per la produzione del baco da seta, creando così uno specialistico ciclo di produzione. Si consideri che tale produzione diventò una gestione autonoma, attraverso la promulgazione di un apposito codice di leggi ispirato al programma di rinnovamento sociale di stampo illuministico. Si trattò di un esperimento di assoluta avanguardia per l’Europa del XVIII secolo di rara equità sociale, e probabilmente neanche il frutto della Rivoluzione francese e marxista apportarono simili contributi alla società civile. A testimonianza di tanto lume espresso per l’organizzazione della vita all’interno dell’opificio, ritroviamo nel codice voluto da Ferdinando IV per S. Luecio, norme e divulgazioni elencate, come si legge nel sesto capitolo sull’educazione dei figli: “Già è situata in Belvedere la Scuola in cui si insegna ai fanciulli ed alle fanciulle, sin dall’età di anni 6 il leggere, lo scrivere, l’abbaco; il catechismo della religione; i doveri verso Dio, verso se, verso gli altri, le regole della civiltà, della decenza e quant’altro si richiede per divenir uom dabbene ed ottimo cittadino”. E continuando: “e per non farli andar altrove a cercar di impegnarsi, ho provveduto questo luogo di macchine, d’istrumenti e di artisti abili ad insegnar loro le più perfette manifatture…”. Così sono espressi questi ed altri innumerevoli concetti per l’organizzazione della vita civile dei lavoratori, delle famiglie, figli, anziani, delle coppie e regolamenti del lavoro, dell’assistenza in tutte le sue forme. Un vero paradiso per l’epoca, ossia S. Leucio rappresentò un progetto sociale unico in Europa. Infatti i lavoratori delle seterie usufruivano di diversi benefici: veniva loro assegnata una casa all’interno della colonia, usufruivano di formazione e di un orario massimo di lavoro (11 ore, a fronte delle 14 del resto d’Europa). Le donne quando si sposavano ricevevano una dote dal Re e a disposizione di tutti vi era una cassa comune “di carità”, dove ognuno versava una parte dei propri guadagni. Non c’era nessuna differenza tra gli individui qualunque fosse il lavoro svolto, l’uomo e la donna godevano di una totale parità in un sistema che faceva perno esclusivamente sulla meritocrazia. Era abolita la proprietà privata, garantita l’assistenza agli anziani e agli infermi, ed era esaltato il valore della fratellanza. Dunque un’oasi felice, dove regnava una visione dinamica sia nel lavoro che nella vita associativa, trasformando il villaggio manifatturiero della seta in un’avanguardia in Europa, e testimoniando la civiltà ideale espressa nell’idealismo della grande città di Ferdinandopoli. Un progetto architettonico all’avanguardia nell’urbanistica del XVIII secolo, concepito su pianta circolare, con una grande piazza al centro e un sistema stradale radiale, dove l’asse principale di questa “Città ideale” portava alla cattedrale ed un teatro, ponendo a centro il complesso manifatturiero. Ad ideare questo fantastico progetto illuminista di S. Leucio fu l’architetto Francesco Collecini, collaboratore principale di Luigi Vanvitelli.Oggi di questa “città ideale” rimane un palazzo monumentale con gli appartamenti reali che dominano dal belvedere la valle, mentre le varie ali architettoniche sono adibite ad immensi opifici, trasformati in Museo dell’industria tessile, dove si conservano gelosamente tutti i macchinari del tempo ed i telai originari. L’intero Museo dell’Archeologia della Seta, si sviluppa su due piani e ospita numerosi macchinari e attrezzature dell’epoca, utilizzate nelle varie fasi della lavorazione della seta. In particolare evidenza i nove telai a mano, tutti restaurati e funzionanti, per la produzione di broccati, damaschi e della famosa “coperta leuciana”. Tra le eccezionalità si annoverano i due grandi torcitoi cilindrici in legno, sui quali 1200 rocchetti girano all’unisono, ricostruiti nel 1990 seguendo i disegni originali. Naturalmente lungo il percorso espositivo si possono ammirare su manichini, abiti sette-ottocenteschi di broccati in seta di incomparabile bellezza. A custodire sapientemente quest’antica città-fabbrica una squadra speciale di addetti alla cultura ed alle visite che, armonizzano e trasmettono saperi e conoscenze a decine di migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo per visitare la fabbrica della seta più conosciuta del nostro continente. Oggi alla guida di questo prestigioso complesso museale, vanto dei Beni Culturali della Regione Campania, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco è la direttrice Ezia Pamela Cioffi, che unitamente ad uno staff di competenti collaboratrici, rende questo ameno luogo, ancor più prestigioso nelle spiegazioni fascinosamente fornite. La stessa dottoressa Cioffi, al termine di un sostanzioso colloquio sull’importanza del sito Unesco ha tenuto a dichiarare: “Il sito reale di S. Leucio costituisce un polo di attrazione turistica di notevole rilevanza per una caratteristica che lo contraddistingue: è il primo esempio di comunità fondata sul lavoro. Già nel 1879, l’anno in cui viene dato alle stampe un Codice di leggi innovativo ad opera di un sovrano illuminato, Ferdinando IV di Borbone, con cui emanò regole precise agli abitanti della Colonia Reale, affinché potessero vivere e lavorare nel benessere. San Leucio è stato un centro fiorente di benessere con una produzione di altissima qualità, dove si producevano splendidi tessuti in seta con maestranze specializzate. Oggi, all’interno del Palazzo, è possibile visitare il Museo della seta, dove sono custoditi i numerosi macchinari e le attrezzature dell’epoca utilizzate nelle varie fasi della lavorazione serica, unica fabbrica posta sullo stesso piano dell’appartamento privato del Re”. Giuseppe Ianni