A Sud del mondo con il violino di Daniela Cammarano - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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A Sud del mondo con il violino di Daniela Cammarano

A Sud del mondo con il violino di Daniela Cammarano

Di Olga Chieffi

Ritorna ad esibirsi a Salerno la violinista Daniela Cammarano, cognome musicale di Papà Vincenzo e del fratello Pantaleo Leonfranco, oggi Maestro direttore della Banda Musicale dell’Aeronautica Militare. Stasera alle ore 20, la violinista cilentana sarà ospite dell’Orchestra Filarmonica Campana diretta da Pascual Cabanes, tra gli stucchi della Chiesa di San Giorgio di Salerno, con un programma che spazia da Rota a Turina sino a Piazzolla. La musica, è pura espressione dell’estetica di Nino Rota, ancorata ad una concezione immediata, ingenua e spontanea, che può senz’altro prescindere da proposizioni teoriche e da forzate concettualizzazioni, fedele al primato della melodia e basato su di una tonalità del tutto priva di complicazioni armoniche e su ritmi e forme simmetriche e immediatamente percepibili, che condurrà l’uditorio in un libero giuoco di associazioni, spaziante tra i diversi generi musicali. L’omaggio al compositore, che noi riusciamo nell’immediato ad associare ai grandi film di Fellini, Coppola, Visconti, Monicelli, Zeffirelli è l’amico magico: il maestro Nino Rota. La sua produzione pianistica, cameristica, sinfonica si fece apprezzare per il delicato fluire musicale, talvolta ingiustamente scambiato per semplicismo, lontano da ogni vezzo avanguardistico, ma nemmeno inconsapevole della lezione novecentesca di Igor Stravinskij, Erik Satie e Kurt Weill. Nino Rota attua per portare alla coscienza i radicamenti più residui sia di una storia personale, di una profonda intimità di rapporti anche fisici con la musica connaturatamene esperita: si pensi a quanti suoi anche celeberrimi pezzi, conclamati exploits di spegnimento di memorie nell’amarcord più straziante, sono, anche abbastanza evidentemente, delle memorie, simboliche ma anche materiali, nostalgiche ma anche nauseate, di strutture infinitamente reiterate di studi, studi ed esercizi elementari, facili medi, trascendentali, che di una storia collettiva, inconclusa e facile alle ricadute e alle rigermogliazioni. Pantaleo Leonfranco Cammarano, ha arrangiato per la sorella Daniela, il XIII preludio di Nino Rota, un Andante Cantabile che è un caleidoscopio di sentimenti e sensazioni: spiritose e intelligenti, elegantemente sarcastiche, sognanti e fluttuanti, pittoriche, malinconiche. Si proseguirà con “La Oraciòn del Torero” di Joaquin Turina, una breve composizione datata 1925, dedicata al celebre quartetto di laúd dei fratelli Elisa, Ezequiel, Josè e Francesco Aguilar, che unisce i temi spagnoli religiosi e della corrida in un affresco musicale dai toni quasi francesi. In un pomeriggio in cui a Madrid si svolge la corrida, Joaquín Turina, sostando nell’arena, nel cortile dei cavalli, nota che i toreri, prima di affrontare la battaglia, si recano a pregare in una cappella adiacente la Madonna nera, la Virgo de Macarena, l’estrema contrapposizione fra l’intimità devozionale di chi si rivolge a Dio implorandolo di proteggere la propria vita e il tumulto festoso del pubblico fornisce al compositore l’ispirazione per un soggetto musicale espressivo ed energico. Dopo un brevissimo incipit quasi burrascoso, il brano si snoda alternando episodi meditativi a momenti di propulsione ritmica; il ritorno del tema orante iniziale conclude la composizione. L’unico movimento è formato da una Introduzione breve, Pasodoble, Andante, Lento, e ancora finale in Pasodoble. I climi descritti dalle Quattro Stagioni di Vivaldi e dalle omonime composizioni di Astor Piazzolla, che ascolteremo a seguire, sono quelli di due continenti posti agli antipodi: l’estate dell’argentino Piazzolla è l’inverno per il veneziano Vivaldi, e viceversa. Eppure, proprio nella diversità si trova il fascino di un parallelismo che indica richiami ed echi, anche per contrasto: il susseguirsi delle stagioni nei due emisferi collega mondi, epoche e sensibilità diverse ma di matrice similmente popolare. In ogni stagione, Piazzolla cita fedelmente alcuni frammenti melodici o ritmici di ciascuna corrispondente e speculare stagione vivaldiana, e li trasforma fino a renderli quasi irriconoscibili, spesso trattandoli come contrappunto alle melodie del violino. Se Vivaldi si ispira fedelmente alla natura e ai cambiamenti che questa subisce al mutare delle stagioni, Piazzolla invece sembra descrivere la varietà delle emozioni umane, in un clima che non conosce i rigidi freddi europei, dove l’aria è costantemente densa e pregna di sensualità e la musica è attraversata dal più ampio spettro degli stati d’animo: da una calma dolce o piena di dolore alla violenza della passione. Ognuna di esse si svolge in un unico movimento che possiede tuttavia la stessa ricchezza di idee dei modelli vivaldiani. Piazzolla, a differenza del collega barocco, non aveva intenzioni descrittive: sarebbe inutile cercare nelle sue pagine il soffio del vento tra le fronde dei jacarandá o le grida dei bambini che giocano a pallone nelle piazze; si tratta di musica astratta, un esempio del tango di tipo “nuevo”, ideato per essere ascoltato e non ballato. Le Estaciones porteñas, infatti, ritraggono paesaggi interiori, Piazzolla vede la Primavera carica di elettricità, come conferma l’inizio in stile fugato, con il suo tema sincopato tipico del tango; l’Otoño, molto malinconico, si apre con la ripetizione di un suono rauco, che imita il verso della cicala. La stagione fredda è fatta di pagine che si ricoprono di una coltre di brina e di desolazione, pur racchiudendo momenti di tenerezza struggente e altri di grande vivacità, mentre il Verano di Piazzolla, a sua volta, è percorso da un tema spigoloso che, con il suo carico di dissonanze, semina inquietudine. L’abbraccio del tango, colmo di bisogni, sogni, desideri e oblii, attraverso un rito che si consuma sempre uguale, lo si ritroverà in Libertango, che chiuderà il concerto, simbolo ossessivo di quel popolo che si era messo finalmente in moto, in “viaggio”, con la sua musica, il suo simbolo, il mito del tango che allora ri-nasceva.