DE LUCA E L’AVVERBIO “PERCHÉ?” - Le Cronache Ultimora
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DE LUCA E L’AVVERBIO “PERCHÉ?”

DE LUCA E L’AVVERBIO “PERCHÉ?”

di Rino Mele

Faccio riferimento ai miei due interventi precedenti (“La Sinistra ha tradito” di mercoledì 27 agosto e “Agonia del PD” di venerdì 29). Questa politica alluvionale, orribile, che ha sconcertato, disorientato, e tolto la speranza di un pensiero collettivo non dico illuminato ma almeno chiaro. Parlo del gentile baratto tra Elly Schlein e Vincenzo De Luca in cui la segretaria nazionale ha ridato a De Luca quello che lui non aveva più (in discesa libera, senza i voti oceanici che da sempre, e ancora, millanta: e col paracadute che s’apriva a metà): tra altre pericolose concessioni – imprudentemente gli ha dato anche quello che non poteva dare: a suo figlio (De Luca jr) la segreteria regionale del Partito, che è anche l’organo responsabile delle elezioni e stabilisce – certo con la supervisione nazionale – la lista: un potere enorme. Che, in questo momento preelettorale, è più strategico e centrale per il dominio sulla Campania, terra di spartizione.

Per potere fare quest’improbabile gesto con assoluta certezza, ha chiesto a Sandro Ruotolo di non presentare la sua candidatura: così, la segreteria regionale campana del PD che è una carica elettiva è diventata – di fatto – una proprietà politica che, con potere sovrano, la Schlein, dall’alto della sua autorità, ha svuotato e concesso al figlio di De Luca, proiezione del padre: e quindi a De Luca stesso. Una carica elettiva che la Schlein per compiacere (ma cosa c’è da compiacere?) De Luca, ha compresso e ridotto a un irriconoscibile spazio politico nuovo – e consegnato nelle mani del figlio, come dono al padre. Un rapporto di proprietà dell’istituzione partitica, impensabile e violento.

In molti avevamo salutato gioiosamente nel 2023 la novità dell’elezione della Schlein alla direzione del maggiore partito della Sinistra: ma ora, come spinta da un doloroso raptus, con la leggerezza di chi fa un grave errore, è caduta in un’irrimediabile trappola.

Tanto che “Repubblica” di ieri, all’inizio di pagina 17, può scrivere: “Vincenzo De Luca proietta la sua ombra sul futuro della Campania”. Poi, in altre pagine dello stesso giornale (Cronaca di Napoli, a pag. 2) cita l’apprensione dello stesso De Luca per le opere iniziate, e che lui vuol continuare a controllare. Teme che siano altri a seguirne la realizzazione: e in questo atteggiamento spesso astioso – che appartiene al potere come dominio (sempre di pochi) e non alla sana dialettica della politica (ed è di tutti) – è nascosto il motivo aspro della guerriglia per le future elezioni regionali

Intanto, quasi a interpretare questo disagio, con la vicina nomina del figlio a segretario regionale, assurdamente viene dimezzata la funzione, il prestigio e l’autonomia del prossimo presidente della Campania.

Questo è il metafisico, pericoloso marchingegno in perdita, subìto e accettato da Elly Schlein: alle prossime elezioni votando Fico continueremo a votare De Luca.

Grande come la più alta babelica torre, resta la domanda: perché De Luca vuol continuare a controllare le gigantesche opere iniziate? Lui stesso, parlando della Linea 10 della metropolitana di Napoli (sempre nelle pagine napoletane di  “Repubblica”) dà il senso della vastità dell’impegno: “Da sola vale oltre tre miliardi, il più grande investimento dopo il ponte sullo Stretto”, mentre allontana con sdegno l’idea che altri possano responsabilmente e democraticamente analizzare e prendersi cura dei progetti della Regione.

Ma non basta alla sua furia bulimica il controllo sui lavori approvati, pretende di poter stabilire i futuri programmi, e con assoluta urgenza: “La bretella di collegamento della tangenziale con la zona ospedaliera deve essere uno dei progetti qualificanti da mettere nel programma della prossima giunta regionale”. Pretese che generano stupore. Il presidente uscente (e rientrante) vuole controllare ciò che è in corso e anche determinare ciò che accadrà.

Perché tanta apprensione per il naturale avvicendamento con altri nel continuare la realizzazione di grandi opere? E perché la Schlein si piega  a tutto questo? Perché?

Sono difficili domande nascoste nelle strette linee del gioco politico. Chi risponde, sdipana il gomitolo ed esce dal labirinto.