Di Gemma Criscuoli
Se ha ragione il regista John Ford nell’affermare che “Un’immagine vale più di mille parole”, il suono non può che moltiplicarne il senso e il fascino. È stato dedicato alla musica italiana da Oscar il primo appuntamento di Salerno Classica, presso il Museo Diocesano, dove l’Orchestra del Teatro Goldoni di Livorno è stata diretta dal Maestro Francesco D’Arcangelo. Il progetto culturale è diretto dal pianista Costantino Catena e organizzato dall’Associazione Gestione Musica, festival sostenuto dal Ministero della Cultura e dalla Regione Campania, in collaborazione con Salerno Sacra e il patrocinio morale del Comune di Salerno e della Fondazione della Comunità Salernitana. Il concerto ha avuto inizio con un inedito, la colonna sonora del recente film “Come fratelli” del regista veneziano Antonio Padovan, firmata da Maria Chiara Casà. Una delicatezza accattivante si insinua tra melodie aperte a un sentimento di attesa e di scoperta, per poi imporsi con robuste sonorità legate al bisogno dei personaggi di riconoscere e difendere le proprie aspirazioni, soprattutto nel campo emotivo. Seconda tappa della serata è stato il medley Playing Rota, che, su ideazione e arrangiamento del Maestro Roberto Marino, ha riunito le composizioni più celebri e amate di un artista sempre capace di sorprendere per il proprio senso dell’equilibrio tra dramma e ironia. Ecco allora lo struggente tema de “La strada”, in cui lirismo e amarezza sono l’una dissimulata dall’altra, la musica a corredo del girotondo di “Otto e mezzo”, dove la danza delle illusioni sfida con sorridente irriverenza la mano feroce del tempo, la seduzione nelle note di “Amarcord”, che, pur legate a un contesto narrativo inconfondibile, si prestano ad accogliere e potenziare l’immaginario di ogni spettatore, chiamato a riconoscersi in un mondo irresistibile proprio perché non può tornare. Non è potuto mancare il notissimo commento sonoro de “Il padrino”, che contribuisce in maniera significativa a costruire l’atmosfera di un mondo inesorabilmente legato alle proprie leggi implacabili, sottolineando il prezzo che tutto questo comporta. Su orchestrazione di Roberto Marino, è stata poi la volta dei temi di “Forrest Gump” e degli “Avengers”, creati entrambi da Alan Silvestri. Il primo è caratterizzato dalla levità con cui il protagonista del lungometraggio di Robert Zemeckis, giovane di scarsa intelligenza, ma anche propenso a uno sconfinato amore, si misura con un mondo complesso e infido, attraversando tutti gli eventi decisivi della storia americana. Le note comunicano con grande immediatezza il candore e la tenacia di una figura che si presenta senza filtri. Il secondo ha la trascinante energia di un assalto senza esclusione di colpi per enfatizzare la dimensione epica dei supereroi con una magniloquenza sonora che comunichi generosa dedizione alla causa. È stato reso, in seguito, omaggio a Nicola Piovani, che ha posto la sua arte al servizio de “La vita è bella”, opera la cui sequenza finale resta imperdonabile a causa del carrarmato statunitense, che sostituisce quello sovietico nella liberazione del campo di concentramento, ma sa esprimere in molti luoghi una sensibilità non capziosa. Frutto di Piovani sono il brano “Buongiorno, Principessa” e quello che prende lo stesso titolo del film, interpretato dal soprano Alina Di Polito. Quest’ultima ha dimostrato un’intensità e una perizia nelle proprie performance che hanno immediatamente conquistato il pubblico grazie a una voce limpida e potente, particolarmente versatile. “Pochi sanno – ha ricordato D’Arcangelo- che gli esordi di Ennio Morricone sono riconducibili a una musica concettuale che non ha niente a che fare con la melodia, una composizione ostica, che farebbe pensare all’astrattezza della matematica. Come abbia trasposto il sentimento nelle sue creazioni è un regalo che ci ha fatto e di cui non possiamo che essere grati”. Doverosa, quindi, l’esecuzione della colonna sonora di “Mission”, in cui la dimensione spirituale è conquista sublime dell’intelletto, e dell’Estasi dell’oro, banco di prova adatto alle qualità del soprano, che ha suscitato emozioni anche con la melodia dei titoli di coda di “C’era una volta il west”: il passaggio da un’epoca al tramonto all’avvenire ha qui la trepidazione tipica di ogni inizio. Prima di far rivivere le atmosfere di “Giù la testa”, l’orchestra ha dato vita a un apprezzato fuori programma, “Metti una sera a cena”: qui il disincanto e il desiderio si contendono l’attenzione dell’ascoltatore, coinvolgendolo con rara maestria. Applausi meritati per tutti.





