Di Olga Chieffi
Dovrebbe essere sempre la musica ad avere l’ultima parola, su tutto. La musica è forse il segno più democratico, avendo bisogno del contributo di tutti e di regole certe, un symbolon iridescente e misterioso, scatenante un gioco, carico d’impegno, ricerca, interpretazione di una vitalità originaria, dirompente, esagerata: un tuffo totale nell’irrazionalità-razionale, per ri-affermare, ad ogni esecuzione, che la Musica sa essere deformante, corrosiva, sbeffeggiante: attenzione a questo potente demone, avvertiva Platone, che per qualche, attimo potrebbe trasformarsi in un ghigno e governare le menti! Lo sanno bene Antonio Marzullo, direttore artistico di Un’estate da re che il 3 luglio svelerà il suo cartellone, ma che sappiamo accogliere una personalità carismatica della musica mondiale quale è Valery Gergiev, che abbiamo soprannominato affettuosamente lo Czar e Jacopo Sipari di Pescasseroli, direttore d’orchestra, nonché direttore artistico del Festival Internazionale di Mezza Estate, il cui cartellone è stato presentato ieri e verrà inaugurato con il Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart, che vedrà sul podio Amos Talmon, il direttore artistico della Haifa Symphony, che ha dovuto sospendere le attività dopo gli ultimi bombardamenti. Alla reggia di Caserta ritroveremo anche il maestro Daniel Oren, alla direzione di Traviata, israeliano anche lui, sin da ragazzino in mezzo a quel focolaio mai spento in continua, folle, recrudescenza tra Israeliani e Palestinesi, due religioni, una guerra dura – che non dovrebbe essere in nessun angolo del mondo poiché dopo il fungo del 6 agosto di ottant’anni fa, la soluzione finale per l’umanità esiste – idee diverse sulle responsabilità storiche del conflitto arabo-israeliano, ma che come in tutte le guerre è l’Uomo, la sua storia, la sua essenza, ad essere negata. Il linguaggio della musica democratico e universale è nell’essere dei due direttori artistici, i quali dai loro luoghi natii, la Campania, terra storica d’accoglienza di diversità e ineludibile identità e l’Abruzzo, terra che “agli spiriti vivi le forme più accessibili di ribellione al destino sono sempre state, nella nostra terra, il francescanesimo e l’anarchia” per dirla con l’Ignazio Silone di “Uscita di sicurezza”, hanno sfidato questi tempi di “governance” nel senso più becero del termine, andando a ricostruire la nostra dignità di Italiani, riportando alle scene, Antonio Marzullo, uno dei più importanti ambasciatori della cultura Russa, Gergiev, il quale è stato per oltre tre anni nell’occhio del ciclone a causa dei suoi legami con Vladimir Putin, allontanato dalle massime istituzioni musicali di Stati Uniti, Germania, Olanda, Austria, Gran Bretagna compreso il Teatro alla Scala di Milano e rinchiuso nel suo teatro il Mariinskij con la sua super orchestra, mentre Jacopo Sipari di Pescasseroli, lancia la sfida ponendo sul podio Amos Talmon, sotto le bombe iraniane ad Haifa e in contemporanea inviso, per le sue origini, per gli attacchi guerrafondai di Netanyahu. Lo Czar ha scelto per il suo concerto alla reggia del 27 luglio, con l’orchestra del Teatro Verdi di Salerno, l’ouverture da La forza del destino, la Sinfonia n.5 in mi minore, op.64, di Pëtr Il’ič Čajkovskij, suo titolo d’elezione e l’ossessivo Bolero, il tutto legato dal filo invisibile del fato, tra il demone della passione e la morte, così come Talmon affronterà il Requiem mozartiano, l’ultima pietra dell’immenso edificio del genio di Salisburgo: elevato, maturo, compiuto nella sua incompiutezza, sorretto dalla sicurezza di esperienze direttamente vissute, affine al profondo sentire bachiano, trascendente ogni limitazione dogmatica per esprimere, quale personale atto di fede alla soglia della morte, la fiducia della redenzione, attraverso l’amore inestinguibile per un mondo migliore. La via indicata è, forse, quella di Richard Strauss aggiunta in esergo all’ “Also sprach Zarathustra”: “La musica ha sognato per troppo tempo, adesso vogliamo svegliarla. Eravamo sonnambuli: vogliamo diventare sognatori svegli e coscienti”, sicuri, insieme ai due musicisti Antonio Marzullo e Jacopo Sipari, che la musica e le arti tutte possano abbattere ogni confine e dirimere i fuochi che stanno definitivamente bruciando quell’ “aiuola che ci fa tanto feroci”.





