Salvatore Memoli
Francamente si leggono troppe cose che stridono con i tempi e le realtà, pensando ad una politica estera italiana che dovrebbe essere inclusiva e lungimirante. Questa politica non é in grado di pensare, pensarsi e sviluppare idee nuove, recuperando grandi insegnamenti del passato. Non é capace o esprime quella scaltrezza che vuol far passare per intelligenza.
Il Piano Mattei del Governo Meloni era sembrato a molti un’idea intelligente per una nuova apertura verso il Nord Africa. Doveva essere un aggiuntivo progetto strategico di cooperazione e investimento dell’Italia, con il proposito di rafforzare i legami di questi Paesi con l’Europa. Il Piano Mattei aveva un respiro largo per i tempi in cui Enrico Mattei lo propose, con un soggetto interlocutore principale che era l’Italia e con una dichiarazione di principio che tutto non era mosso da intenti predatori. Mattei cercava il petrolio, tanto utile ad un Paese in crescita tecnologica ed anche per questo aveva individuato i 9 Paesi interessati
Tra essi Algeria e Tunisia, Paesi parte di quel Nord Africa per il quale le attenzioni contemporanee sono ancora accese.
Il Piano Mattei voluto da Meloni resta un punto di domanda: é per l’Africa o per l’Italia? Oppure è uno specchio per allodole italiane ed europee?
Questo Piano ha troppe ambizioni e molti coinvolgimenti ma manca di un’idea strutturale per supportare l’adozione. Cioè manca di quel respiro euromediterraneo che avrebbe dovuto rappresentare la grande svolta politica prima dell’Europa e poi dell’Italia. Con una prospettiva d’integrazione reale!
Cominciamo col dire che quando un Piano ha una visione che non coglie tutti gli aspetti che interessano reciprocamente i contraenti, rischia di essere privo di carica ideale. Se ha soltanto qualche interesse unilaterale puó essere considerato un sopruso ai danni del partner più debole.
Sia chiaro che le analisi complete su questa iniziativa politico-economica conducono a mille riflessioni e mille risultati. Certamente ci sono spunti lodevoli e positivi ma non sfugge allo storico che il Piano Mattei aveva una strategia egoistica di vantaggio per l’Italia.
Riproporlo semplicemente é manchevole, aggiungere finalità di contenimento delle migrazioni diventa un atto politico discutibile, disumano e poco intelligente!
Ne sono sicuro, perché le grandi vicende dei popoli non si conculcano con atti internazionali che sono castranti!
Ecco, per questi motivi, se analizziamo il Piano di cooperazione allo sviluppo ed all’investimento riproposto dal Governo Italiano e più o meno sponsorizzato da questa Europa, non c’é chi non lo giudica di sfruttamento dei Paesi Africani
Più di un Piano Mattei, a condizioni analoghe, i Paesi Africani avrebbero avuto bisogno di un Piano Marshall, un Piano per accompagnare le fasi di ripresa, dopo una storia d’indipendenza e di liberazione dal colonialismo, che ha conosciuto molte difficoltà dei Popoli e dei Governi. Come George Marshall aveva sostenuto all’Universitá di Harvall, il 5 giugno 1947, il suo Piano aveva un respiro internazionale dopo la guerra mondiale. Non che gli americani non avessero obiettivi ambiziosi in Politica estera, certamente era prevalente creare condizioni oggettive di sviluppo. Il piano aveva una durata di 3-4 anni e prevedeva aiuti economico-finanziari per sollevare l’Europa. Il suo pregio non era quello di fronteggiare le contingenze del momento bensì di avviare un processo di trasformazione strutturale dell’economia dei Paesi sostenuti.
Se un Piano per l’Africa deve essere sostenuto, fuori dalla retorica, potevano pensarlo e chiamarlo Piano Meloni, partendo non da premesse di sfruttare ma di aiutare. Sarebbe bastato rileggere ( se la politica supera gli steccati) quello che sosteneva Craxi, beninteso Bettino!
Un ruolo diverso per l’area Mediterranea ed una prospettiva d’integrazione europea più fattiva e concreta! Oggi basta una minaccia di conflitto mondiale per registrare da che parte stanno i Popoli del Nord Africa ( con i loro Governi ed anche senza) e quale tenuta abbia un Piano Mattei bis, miope e privo di strategia risolutiva dei grandi drammi che preoccupano l’Italia e l’Europa!
Quali sono i fatti reali nuovi che danno un’idea di cambiamento e di gestione dell’emigrazione clandestina nel Nord Africa?
Quale deterrente crea un investimento in questi Paesi se non promuove, sostiene e ne chiede la delega della gestione di attivitá che fanno formazione, inserimento e crescita delle popolazioni locali, nei sistemi industriali proposti ed utili alla crescita globale dei Paesi contraenti?
Si continua a gettare, come in un pozzo senza fine, miliardi di una cooperazione per la quale non si traccia il rendimento.
Che ruolo ha la Premier Meloni e il suo Governo, come incidono nelle programmazioni annuali e pluriennali degli Stati, che continuano ad assistere alle partenze clandestine e alla disoccupazione crescente? Cosa si chiede in termini di garanzia ai Paesi africani partners per gli obiettivi di crescita democratica, formazione del lavoro, tutela dei giovani e rispetto degli accordi? Soprattutto chi vigila per la tenuta del Piano? In quale ambito incide la cooperazione internazionale, con quali regole e con quali protocolli di verifica, gestione e crescita territoriale?
In qualsiasi Piano di aiuti sarebbe importante definire i protocolli, l’individuazione di aree di crescita ed investimento, garantire regole chiare per investitori, far partecipare tutto il sistema Italia ( Stato Centrale e Regioni, almeno) e definire i protocolli di verifica preordinati alla prosecuzione dei rapporti internazionali governativi.
Aggiungo che, in tutto questo, bisogna chiarire il ruolo effettivo della Diplomazia italiana, cambiare la rotta dell’azione delle Ambasciate, per renderle attive e protagoniste, mentre oggi sono salottiere, celebrative e festaiole, mentre esternalizzano funzioni importanti per le relazioni con i Popoli. Ed in più bisognerebbe ascoltare il giudizio che le stesse popolazioni locali hanno delle nostre Sedi Diplomatiche, dell’efficienza, della capacità di ascolto !
Mi dispiace per la dinamica Premier italiana ma del Piano Mattei d’intervento e di Cooperazione in questi Paesi, inclusa la Tunisia, sappiamo molto bene cosa pensare e cosa farcene.





