i Olga Chieffi
“Positano in…..mostra 2025” è stata inaugurata dal segno di Arturo Amendolara, fruibile sino al 5 luglio presso l’Ufficio del Turismo “Luca Vespoli” in via Regina Giovanna Un’occasione imperdibile per residenti e visitatori di Positano di immergersi nell’universo artistico di un pittore che fa del colore la sua cifra stilistica e interpretativa. Amendolara, noto per la sua capacità di attraversare tecniche e stili diversi, presenta opere caratterizzate da linee decise e colori vivaci, che segnano un progressivo allontanamento dal figurativo per esplorare nuove dimensioni espressive. Al centro della sua ricerca artistica vi è proprio il colore, inteso non solo come elemento cromatico, ma come vera e propria chiave di lettura, libera e personale, della realtà. Le sue tele diventano così un dialogo continuo tra forme, percezioni e sensazioni, invitando lo spettatore a una fruizione attiva e soggettiva. La mostra Sincromie che strizza l’occhio a sincronie, che è certo termine musicale, come può esserlo anche il titolo della mostra stessa, tale è l’osmosi tra i diversi linguaggi dell’ “arte che nel suo mistero le diverse bellezze insiem confonde”, per dirla col sentire pucciniano, accoglie quelle geometrie poetiche che contraddistinguono le opere di Amendolara. Un percorso espositivo che promette di stimolare la vista e la mente, offrendo spunti di riflessione sulla percezione del mondo attraverso il filtro dell’arte. Nei paesaggi, l’equilibrio tra memoria storica e presente entra in una dinamica aperta che li immette nella mobilità attuale. Il soggetto non è più tema di contemplazione assorta, di reperti ripristinati, ma questi, divengono tema di integrazione contemporanea di valori, di strumenti di indagine delle realtà umane, dei quali la contemporaneità stessa ha un bisogno vitale per essere piena, non mistificata a se stessa. La proprietà specifica del mondo dell’immagine in Amendolara è dipingere come sognare e ricordare con le mani, cioè tramite una tecnica e, con questa, entrare nella buia tana dell’indicibile. Non il reale immediato, ma l’anima della realtà, attraverso la sua narrazione: questo è e vuole essere oggetto della mimesi: se in ogni grande figurativo l’immagine si configura con una caratteristica sua propria, in Amendolara si può dire che lo spazio semantico specifico dell’immaginazione è formato sulla narrazione di ciò che sta dietro quella realtà che si offre, in prima istanza, come scuola del vero. Anima mundi, dunque, nel senso platonico o, almeno qui, rinascimentale soprattutto, della magia nelle cose, attraverso cui esse parlano e mostrano tensioni, psichicità immanenti, simili o in continuità con quelle degli esseri umani. Ma come può cogliere un linguaggio pittorico questa sconosciuta dimensione del reale? Qual’è la sintassi pittorica di Amendolara, funzionale allo scopo, se non quella che procede dall’attesa dell’inatteso, quella della forma aperta da dare al reale, quella che nasce dalla disponibilità assoluta alla cosa, quella che emerge dalla sospensione e dallo stupore che si genera al suo apparire e al suo accadere? E’ una sintassi che vuol cogliere, nelle cose e attraverso le cose, quello sguardo misterioso che esse sembrano lanciare, nell’atto di darsi all’occhio dell’artista: è il volere afferrare quell’esatto momento nel quale l’oggetto lancia una sorta di sguardo dionisiaco, con cui crea e costituisce lo spazio dei significati, consentendo la cattura del senso, nella sua realtà. Questa è la specifica mimesis dell’artista: mimesis, dove realtà e memoria coincidono, perché l’evento reale è caricato di memoria, e dove la realtà si piega all’immagine, diventando spazio semantico popolato di immagini e ricordi, quasi assumendo la specifica forma compositiva del ciclo, del trapassare e del traboccare del quadro, in quello successivo, diventando “racconto”. Le avventure creative si arricchiscono, così, di emozioni personali che travalicano nell’immaginifico palesando un giudizio privato, qualcosa di simile a una pausa di meditazione che l’artista si concede e pone tra sé e il mondo, spingendosi lungo lo “scarto” tra realtà e reale, nello spazio mentale che rappresenta in maniera seducente. Diventa chiaro come uscire dalla matrioska del quadro del quadro, dell’immagine di un’altra immagine, comporti una scelta di parte: uscire dalla zona di comfort per estraniarne l’analisi non è un’azione imparziale: un atto sicuro, a tratti inevitabile, poiché ogni opera ingloba l’arte del passato, con cui gli artisti si misurano facendo riaffiorare figure, volti rimossi, luoghi mai veramente esplorati, come vecchie canzoni che ridestano lontane consapevolezze.






