Giuseppe e Marco Mariconda: poliziotti al servizio dello Stato - Le Cronache Attualità
Cronaca Attualità

Giuseppe e Marco Mariconda: poliziotti al servizio dello Stato

Giuseppe e Marco Mariconda: poliziotti al servizio dello Stato

Salvatore Memoli

Giuseppe Mariconda e Marco Mariconda, padre e figlio, due valorosi poliziotti di Salerno, legati dallo stesso lavoro nella Polizia di Stato, entrambi personaggi conosciuti, stimati e temuti, che hanno dato lustro a Salerno. Un filo pregiato di storia e di vita vissuta nella pratica e nella tutela dei più alti valori della sicurezza e della legalità, lega le loro storie professionali, distanti nel tempo e unite da uno stesso attaccamento al servizio nella Polizia di Stato. Figure mitiche di investigatori, parte di due generazioni diverse, uomini accomunati da un amore viscerale per il loro lavoro e per la divisa indossata. Il dott. Giuseppe Mariconda, di nascita Paganese, é stato un grande investigatore, Capo della Mobile di Salerno, noto in città e nella provincia, negli anni sessanta-settanta. Padre di Anna Maria, Antonio e Marco, suocero del mio amico Roberto Casini, per tutti il poliziotto per antonomasia di Salerno. L’eco dei suoi meriti ha superato gli anni di servizio, tanto da meritare giustamente un lavoro giornalistico-letterario di ricostruzione delle sue attività, da parte di Domenico Della Monica, autore del libro “Il Commissario Mariconda, il Maigret Salernitano”. Pubblicazione che traccia di Giuseppe Mariconda un profilo suggestivo, evidenziando il suo stile nell’affrontare l’ambiente del delitto. Batteva la città in lungo e largo, non tralasciava nessun ambiente, conosceva i vicoli della città antica, gli anfratti dove la vita del popolo prendeva forza e colore, aveva capacità di entrare ovunque e di percepire subito gli umori della gente. Tra le più belle cose che ho sentito di lui c’é questa testimonianza: per le sue attività non aveva orari! Nel ricordo di chi lo ha conosciuto si ritrovano due particolari che dicono molto di lui: era instancabile ed aveva un intuito assolutamente unico. Una figura particolare di servitore dello Stato, un uomo della Polizia vecchio stampo, capace di ascoltare, senza stancarsi mai. Chi come me lo ha conosciuto in famiglia, per essere amico dei suoi figli,ha riscontrato la stessa disponibilità all’ascolto, la capacità di dialogare e garantire ai figli la libertà di fare le proprie scelte di vita, era capace sempre di orientarli senza costringerli a seguirlo. Le sue qualità personali, che arricchivano il suo servizio in polizia, sono state in massima parte di riferimento per il figlio Marco. Marco Mariconda ha dalla sua parte un curriculum di grande rilievo. É stato Dirigente della Squadra Mobile di Mantova, poi incaricato di dirigere la Squadra Mobile di Agrigento, dove ha coordinato le indagini che portarono all’arresto, in Canada, dei responsabili dell’uccisione del Giudice Livatino, canonizzato beato dalla Chiesa Cattolica. Per questa operazione il dott. Marco Mariconda fu minacciato dalla mafia ma riuscì a far parlare Giuseppe Croce Benvenuto dal quale seppe molti particolari importanti che gli permisero un ‘azione fruttuosa ai danni dei criminali. A Bologna, dove era stato trasferito, fu incaricato di coordinare il Pool interforze che ha svolto le indagini ed individuato i componenti della tristemente famosa Uno Bianca. Anche a Brescia fu Capo della Mobile. Qui il dott.Marco Mariconda si occupò del sequestro Soffiantini, un imprenditore tenuto in prigionia dall’Anonima Sarda per 237 giorni, un caso che sconvolse l’Italia. Successivamente svolse particolari indagini relative al coinvolgimento del Generale dei Carabinieri Delfino, condannato poi per truffa ai danni dei familiari di Soffiantini. Sempre a Brescia condusse una delicata operazione di polizia, insieme con FBI, assicurando alla giustizia in Messico il narcotrafficante Oreste Pagano, sequestrando 300 chili di cocaina. A Mantova e a Brescia fu dirigente della DIGOS, assumendo poi la direzione del Commissariato di Fermo e l’incarico di costruire la nuova Questura nel capoluogo marchigiano. Prima era stato Dirigente della sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura Distrettuale di Brescia, Dirigente del Commissariato di Portoferraio, Dirigente della Divisione Anticrimine della Questura di Cremona, per poi dirigere il Commissariato di PS di Viareggio e rientrare con alti incarichi a Mantova. Uomini come i Mariconda sono persone che meritano tutto il nostro apprezzamento e la nostra stima di cittadini italiani, perché ci hanno permesso di vivere al sicuro di minacciosi intrecci di criminalità che hanno sempre tentato d’indebolire l’ordine pubblico. La stampa si è sempre occupata di loro, ne ha tracciato le attività e riconosciuto i meriti. Come era per papà Giuseppe a Salerno, anche per Marco i servizi televisivi della Rai permettono ancora di apprezzare le coraggiose attività, svolte in molti posti d’Italia, sempre per esaltare lo Stato. Da ultimo con la trasmissione Cose Nostre per il sequestro Soffiantini, sono stato assalito da commozione per il racconto del caro Marco rilasciato per gli italiani alla speciale trasmissione. Noi Salernitani, spesso non abbiamo buona memoria, soprattutto per i figli della nostra città. Il dott. Marco Mariconda oltre a ricevere il plauso degli italiani, andrebbe sempre ricordato dalle Istituzioni democratiche e civili, come eroe del nostro tempo. A volte vorrei esistesse un premio come l’Ambrogino d’oro dei milanesi, anche a Salerno, dato dal Comune ai cittadini meritevoli. Personalmente lo darei a tante personalità salernitane meritevoli che hanno dato onore alla città di Salerno ed alle istituzioni.Come per tante altre persone, i superpoliziotti Mariconda meriterebbero di essere riconosciuti come veri cittadini DOC di Salerno. Al Maigret salernitano, Giuseppe Mariconda andrebbe dato un premio alla memoria ( anche l’intitolazione di una strada) per aver onorato la città e per aver fatto sempre al meglio il suo dovere. Anche a Marco, al quale auguriamo di vivere a lungo la sua pensione, andrebbero riconosciuti i sacrifici, il silenzio e qualche immeritata incomprensione. Salerno non deve dimenticare i suoi migliori figli, trasmettendo le loro testimonianze di vita alle giovani generazioni.