«La Gran Bretagna alla fine degli anni Settanta, poco prima che al numero 10 di Downing Street arrivasse la Lady di Ferro, l’intransigente esponente dei conservatori britannici, Margaret Thatcher, era un Paese con la sua industria in declino, con la disoccupazione crescente, con il costo della vita minacciosamente cresciuto, il debito pubblico incontenibile, tanto che il governo era sul punto di chiedere l’aiuto del fondo monetario internazionale. Sembra una fotografia dell’Italia di oggi, ma mentre in Inghilterra la Lady di Ferro, “Maggie”, “la figlia del droghiere”, con delle ricette economiche monetariste, con tagli alla spesa, privatizzazione delle aziende statali e deregulation, riuscì a guarire in breve tempo il Paese, in Italia non si riescono ad applicare queste ricette necessarie a fare dell’Italia uno Stato europeo finalmente moderno». A presentare le analogie tra l’Inghilterra di tre decenni fa e l’Italia di oggi è stato, venerdì sera, nell’accogliente atmosfera delle eleganti sale del “Lunch in Music”, nella Zona Industriale, il giornalista e saggista Antonio Caprarica, noto al pubblico come corrispondente del TG1 da Londra che ha presentato il suo ultimo e quanto mai attuale libro: ” Ci vorrebbe una Thatcher” che descrive come si vive in un Paese come la Gran Bretagna dove l’economia è governata dalle regole del mercato e della concorrenza e le istituzioni operano in modo trasparente, con moralità nella cosa pubblica. L’incontro, è stato organizzato dalla dottoressa Ida Andreozzi Pietrofeso, presidente dell’Inner Wheel Salerno Phf, nell’ambito delle tante iniziative culturali e di solidarietà promosse dal club di donne rotariane: «Cultura e solidarietà sono i binari sui quali da sempre noi innerine operiamo, spesse volte d’intesa con il mondo rotariano, per contribuire ad arricchire di solidi contenuti la vita di individui e di intere comunità. Questa sera abbiamo con noi una “persona di famiglia” che entra quasi ogni giorno nelle nostre case attraverso la televisione» ha sottolineato simpaticamente, la dottoressa Andreozzi che nello spirito dell’amicizia rotariana e della comunità d’intenti, ha voluto organizzare la serata in interclub, con la collaborazione di sette club rotariani: Rotary Club Salerno, Salerno Picentia, Campagna, Sala Consilina, Paestum Centenario, Battipaglia e Cava dei Tirreni, rispettivamente presieduti da Basilio Malamisura, Rosario Landi, Gaetano Pierro, Luigi Papaleo, Maria Luisa De Leo, Vincenzo Cestaro ed Emilio Franzesi. Caprarica, che si è intrattenuto a lungo con i tanti ospiti della serata, dopo aver raccontato il contenuto del suo libro, ha risposto con garbo e un po’ di humor inglese, alle domande postegli, come quella su chi potrebbe essere la Thatcher italiana: «La Thatcher di cui abbiamo bisogno, è una Thatcher collettiva, non un singolo individuo. La cosa principale che ha fatto la Thatcher è stato di cambiare la mentalità degli inglesi in un momento di grande crisi del loro Paese, ed è la stessa cosa di cui abbiamo bisogno noi. In questo caso dobbiamo farlo noi cittadini, operando sulla nostra stessa mentalità, iniziando a ricostruire il profilo del nostro stato. Uno stato più leggero significa uno stato più efficiente e meno esposto alla corruzione. Questa sarebbe una spinta decisiva per rimettere in moto la nostra economia, liberando risorse che in questo momento vengono assorbite da una spesa improduttiva. Bisogna ridare slancio alle giovani generazioni alle quali offrire una prospettiva più sicura. E’ da questo che bisogna ripartire se si vuole ridisegnare un Paese che è rimasto troppo indietro negli ultimi venti anni». In un momento in cui è già in atto la campagna elettorale, Caprarica non ha dato delle indicazioni sul leader da scegliere: «Deve esserci una consapevolezza che deve essere comune a tutti i leader, ossia quella della necessità di creare un governo radicale che attui un cambiamento di fondo, che riporti serietà e rigore al centro della vita politica. Abbiamo bisogno di un Governo coraggioso, com’era coraggiosa la Signora di Ferro. Speriamo che lo troviamo».
Aniello Palumbo