Olga Chieffi
“L’arte è automodificazione. Noi cambieremo in modo meraviglioso se accetteremo le incertezze del cambiamento e questo condizionerà qualsiasi attività di progettazione. Questo è un valore. L’arte, così concepita, è la forma piena della capacità di mettersi in giuoco, e a rischio” (John Cage). Si sono messi seriamente in gioco maestri e allievi del Professional Ballet di Pina Testa nei quattro spettacoli che hanno visto tutti i corsi dalla predanza al VII libero, unitamente agli allievi di Danza moderna, accompagnare con impegno ed emozione i licenziandi nel loro passo d’addio. Abbiamo partecipato unicamente al saggio di classico, che ha visto montata sul palcoscenico del Teatro delle Arti, il tavolo rosso per la più leggendaria versione del Bolero di Ravel, quella di Maurice Béjart, portata in scena con il “Ballet du Xxe siècle” nel 1961 al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles, con protagonista la Dufka Sifnios ovvero “Bolero (une femme, des hommes)”, con il quale la partitura di Ravel ha trovato con Béjart una svolta dinamica ineccepibile, sia maschile che femminile, nel 1979, poi, con Jorge Donn, che ha reso quella coreografia immortale. Su quella pedana, quel ring, specchio della vita, ci è salito con personalità e consapevolezza Antonio Adriatico, anche per celebrare il centocinquantenario dalla nascita di Maurice Ravel. Ai suoi piedi un ensemble composto da Vincenzo Scannapieco al flauto, Giovanni Borriello all’oboe, Sabato Morretta al clarinetto, marco Alfano al fagotto, Riziero Basile al corno, Rosario Barbarulo al rullante, e Simone Pietro Parisi alla cassa e piatti, con Lucrezia Benevento al pianoforte e diretti da Giuseppe Ler. Una coreografia non semplice quella di Bejart per quel Bolero che “tutti fischiettano e fischiettano male” (M. Ravel) e che ha il suo segreto in quel tentativo, continuamente ripetuto, di far combaciare la melodia con la regolare scansione del tempo, che porta con sé degli elementi che contrastano con l’idea canonica di regolarità, componenti di quell’ibrido che ossessivamente affascina e che deve essere “eseguito con un unico tempo dall’inizio alla fine, nello stile lamentoso e monotono delle melodie arabo–spagnole”, scrive lo stesso Ravel il quale redarguì Mengelberg, che accelerava e rallentava in modo eccessivo e Arturo Toscanini, che lo dirigeva due volte più veloce del dovuto. Prova superata per tutti, musici e ballerini, i quali hanno dovuto porsi a confronto con uno dei più grandi soli della storia della storia della danza e direi anche della musica, poiché gli strumenti escono totalmente allo scoperto, nudi. A seguire, palcoscenico per i virtuosisimi di Nikya, affidati ad Annalena Postiglione, in coppia con Ferdinando De Filippo, per il momento più alto e fecondo della Bayadere, dal quale affiora in tutta la sua bellezza la grande arte di Marius Petipa, in un contrappunto cristallino di incantata perfezione, ma in cui Annalena non ha convogliato la partecipazione necessaria, quindi baiadera, per tecnica e si sa quanto tecnicamente la parte sia insidiosa, meno per espressione. A chiudere i tre passi d’addio, Coppelia, con protagonista Eleonora Arcieri la quale ha ballato con Marco Protano. Il punto forte della licenzianda è stata l’espressività, quasi a completamento della sua collega, intrisa del suo stile leggero e raffinato che privilegia la naturalezza e la spontaneità mai disgiunta dalla imprescindibile preparazione accademica. Cambio a volo ed ecco Flames of Paris”, un balletto su musica di Boris Vladimirovic Asafiev basata sulle canzoni della Rivoluzione francese. Mireille de Poitiers, Jérôme, Jeanne, Thérèse Mistral, ai quali hanno dato vita Annalena Postiglione, Ferdinando De Filippo, Eleonora Arcieri e Marco Protano e Annamaria Natella con Antonio Adriatico. “The Flames of Paris” fonde danza classica e di carattere, danze di corte e popolari, pantomima, performance soliste e scene di gruppo. Ci vuol quindi la ballerina di carattere, che mostri movimenti folkloristici forti ed espressivi che simboleggiano l’energia e lo spirito della folla. D’altro canto, le danze di Jérôme, uno dei marsigliesi, e la sua sposa sono quasi puramente classiche: i due personaggi ballano un “pas de deux” che, sebbene ricordi lo stile coreografico di Marius Petipa, è decisamente più moderno ed eroico per il maschio. Come ulteriore tecnica per mettere in scena la danza classica, ha creato i ruoli della coppia di attori, Mireille de Poitiers e Antoine Mistral, che erano stati invitati dal Re ad esibirsi al banchetto, quali danzatori talentuosi in grado di mostrare il loro assoluto virtuosismo in un classico “pas de deux”. Nella scena al palazzo di Luigi XVI, interpretato da Antonello Ronga, Maria Antonietta, Fortuna Capasso, balla un “pas menu”, dato che la danza a quel tempo era caratterizzata da passi minuti, una chicca ironica, in cui Ronga si è eternato. Infine, ritornando alla piazza di Parigi, la gente celebra la loro vittoria contro i difensori dell’Ancien Régime, e il teatro, con effetti speciali, si è letteralmente infiammato, all’evocazione di quella presa della Bastiglia, simbolo corale di libertà. Seconda parte della serata dedicata al musical, con Antonio Adriatico, gran mattatore, il quale ha spaziato da Cats a Phineas Barnum il grande showman, tra coreografie, in cui sono stati evocati La la land, Cabaret, Grease, e tanti altri musical, sotto l’occhio vigile di Davide Raimondo, in una specie di gara con tanto di nomination, annunciate dall’immancabile Gaetano Stella, per musiche e coreografie, danzate dai corsi superiori, con cambi d’abito mirabolanti. Amore e morte per il contemporaneo Ombre di Giada, firmato da Antonio Iavarone, ispirato al film la Foresta dei pugnali volanti, in un’ambientazione molto romantica, ove la passione, in pratica, diventa il linguaggio universale che brucia l’idea del possesso amoroso, l’aerea leggerezza che scandisce le torsioni dei corpi, trasfigurandosi in quel labirinto visionario dove forza e debolezza umane s’intrecciano quotidianamente. Ritorno a The Greatest Show con i licenziandi sulle coreografie di Simona Dipierri, per ritornare tutti poi sul red Carpet e attraversare la platea per la cerimonia dei diplomi, insieme alla Maestra Pina Testa e la sua crew, composta da Monica Micali, Sonia Saggese, Maria Sansone, Elena Renna, Fortuna Capasso, Grazia De Santis e tanti altri, per un progetto formativo che si concluderà a fine giugno con gli esami di fine corso.





